È molto comune l’esperienza di non trovare le parole per esprimere adeguatamente una sensazione, un ricordo, un concetto. Tuttavia, è proprio questa esperienza così comune che ci può dare la nozione precisa del fatto che l’uomo vive essenzialmente fuori dal linguaggio: che il linguaggio si aggira intorno alla vita cercando di coincidere con essa, senza riuscirci mai: che non è vero che i limiti del linguaggio sono i limiti del nostro mondo: il nostro mondo si espande oltre il nostro linguaggio e noi sediamo in mezzo ad esso come un pilota che non sa guidare, ma la strada è tuttavia davanti a lui: che il silenzio è il nostro destino ultimo: che si devono tuttavia scrivere migliaia di pagine per arrivare a questo silenzio: che solo la musica è riuscita a fare tutto quello che serve per descrivere la vita e nello stesso tempo esserla: che per i sordi questo non ha la minima importanza. Il che rimanda al fatto che solo in questa zona dell’universo l’Adagio dal Trio in la minore op. 114 di Brahms, significa qualcosa. Ma questo qualcosa, inudibile per i sordi, è tutto per la mia conformazione psichica.
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