Ci dica, gentilissima ministra del lavoro, chiaro e tondo e in mondovisione, quali sono i nostri diritti.
Il lavoro, Lei l'ha escluso: non è un diritto, non può esserlo.
Ok, il lavoro non è un diritto.
Ci può allora dire, gentilmente, a cosa abbiamo diritto?
Abbiamo diritto a cercarcelo, il lavoro? Certo, ma non a trovarlo. E ci mancherebbe. Che pretese.
Abbiamo i diritto di campare? Certo, nessuno ci ammazza, siamo in democrazia. Ma come campiamo sono cazzi nostri: se ce la facciamo bene, altrimenti, vuol dire che siamo inadatti a sopravvivere in democrazia. Lo diceva anche Darwin.
Abbiamo diritto alla salute? Certo, ma se ci ammaliamo e non abbiamo soldi sono cazzi nostri. Lo sapete voi quanti soldi si spendono perché un sacco di gente si fa prescrivere esami su esami che non gli servono? Questi pezzenti ipocondriaci si sono approfittati per troppo tempo della sanità pubblica. Quindi, se davvero stanno male, paghino, sennò, cazzi loro.
E poi, ministra, vediamo: a cosa abbiamo diritto?
Abbiamo il diritto di decidere della nostra vita? Certo, ma non possiamo morire quando ne abbiamo abbastanza. Altrimenti arriva Ferrara e ci bersaglia con centinaia di bottigliette d'acqua. Va a sapere perché.
Abbiamo il diritto di votare? Certo, ma senza nessuna scelta oggettiva, in quanto i politici sono sempre gli stessi da decenni e non li possiamo mandare via: è purtuttavia vero che molti, anche potendo mandarli via, tendono a rivotarli ogni volta, perché in Italia esistono due forze tettoniche invincibili: la pigrizia e il voto di scambio.
Abbiamo il diritto, tramite referendum, di scegliere a livello popolare cosa vogliamo, anzi, cosa non vogliamo? Certo, il referendum in Italia è montaliano. Peccato che quello che non vogliamo ce lo rifilano lo stesso.
Non vogliamo il nucleare: ecco il nucleare.
Non vogliamo il finanziamento pubblico ai partiti: ecco il finanziamento pubblico ai partiti.
Non vogliamo che l'acqua venga privatizzata: l'acqua viene privatizzata.
Cara ministra, è evidente che siamo pieni di diritti: dopotutto non viviamo in una democrazia?
I nostri diritti sono come le ferie segnate dentro la busta paga di una cooperativa: sono solo figurativi. Viviamo in uno Stato di diritto figurativo. Basta solo che ci sia scritto che c'è il diritto, mica ci deve essere davvero. Noi italiani mica facciamo storie.
Noi italiani, cara ministra, si è pieni di fantasia: ci basta pensare di avercelo un diritto e siamo tutti contenti. Se poi arriva qualcuno a dirci che non ce l'abbiamo, 'sto diritto, ce la si prende un po' ma poi ci passa. Basta che la Nazionale vinca stasera e tutto va a posto. Se perde ci arrabbiamo: ma mica con lei, ministra, non sia mai, con i giocatori e con l'allenatore.
Ci mancherebbe che ci arrabbiamo con lei, ministra. Anzi, io la capisco, ministra: lei è per l'emancipazione dell'uomo dalle tribolazione.
Lei lo sa che il lavoro non è un diritto, ma una sofferenza, una schiavitù, il tripalium da cui origina travaglio (la parola, non il giornalista). Nella sua lungimiranza lei vuole affrancarci tutti.
Lei è una utopista, ministra.
Che livello di pensiero. Lei passerà alla storia: la prima minstra del lavoro il cui compito è impedire alla gente di lavorare.
Io la vorrei premiare, ministra, per il suo splendido contributo.
Vorrei che lei non lavorasse più, mai più. Non che lei abbia mai veramente lavorato, ci mancherebbe, ma davvero, desiderei che la sua illustre persona venisse preservata da questo inutile scempio del dover lavorare, per sempre.
Ecco, lei non lavori più, lasci perdere.
Certo, dovrebbe anche rinunciare a quello che guadagna ... che dice, un piccolo sacrificio ci sta, no, ministra? Suvvia, il lavoro non è mica un diritto sancito dalla Costituzione (d'altra parte lei cosa ne sa della Costituzione?) ... è solo una seccante pretesa da parte di gente che non ha né arte, né parte ...
Lei è a un livello superiore. Eserciti il suo non diritto, ministra. Non lavori, non guadagni, non mangi, non abiti nelle sue cazzo di case (quante ne ha?). Viva in povertà, libera sotto il cielo del non diritto.
Ci dia l'esempio, ministra. Si lasci morire di fame in diretta. Quello che ci mette, ci mette. La seguiremo fino alla fine. Speriamo che molti suoi illustri colleghi seguano il suo luminoso esempio.
Le assicuro che gli applausi non mancheranno.
Cronache Babilonesi
giovedì 28 giugno 2012
lunedì 11 giugno 2012
Per G. R. (1871 - 1941)
Per G. R. (1871 - 1941)
Come pioggia
gocce di pioggia
Niente eroismo quaggiù
la paura non porta consiglio
la durezza porta
un sonno
di legno e ossa
di legno e fango
gocce di legno e pietra
Si continua
non si sa perché
né quando si è iniziato
né quando si arriverà
né dove si arriverà
lo scenario è vuoto
niente memoria
niente libri quaggiù
solo tu e io
solo noi
Lo specchio
la camera vuota
il riflesso nullo
del cielo
cantilena mattutina
sprofondo
sprofondo
sempre più in alto
niente memoria
niente libri quaggiù
solo tu e io
solo noi
Morale come pazzia
pazzia come morale
morale impazza
pazzia moralista
il morale è a terra
terra in vista
niente memoria
niente libri quaggiù
solo tu e io
solo noi
Dio non c’è
Dio finora
non è mai stato
Dio è quello che c’è
dopo
Dio è la prassi
Dio lo dobbiamo
ancora costruire
approntare ponti di legno
su fiumi lontani
e sotto e sopra e in mezzo
costruire Dio
in milioni d’atti d’amore
niente memoria
niente libri quaggiù
solo tu e io
solo noi
Non ai vincitori
ma ai vinti
va la percezione
del bianco
del suono
del calore
ogni oggi
è diverso
da ogni ieri
e ogni domani
da ogni oggi,
ogni oggi
contraddice
ogni ieri
e ogni domani
ogni oggi
niente memoria
niente libri quaggiù
solo noi
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