Don Giovanni fu un
buon successo, nonostante la diversità da tutto quello che Battisti aveva
prodotto in precedenza. Fu il terzo album per vendite nel 1986 e in classifica
rimase a lungo al secondo posto.
Il pubblico era
ancora troppo abituato e affezionato al cantautore, per non accoglierne anche
le più spigolose novità. Oltre tutto, anche ai puristi della canzonetta “normale”
non poteva sfuggire che, nonostante i testi ostici, le canzoni dell’album
erano, semplicemente, belle. Entravano dentro, nell’anima e ci rimanevano a
covare emozioni come sempre indefinibili.
L’Apparenza uscì
nell’ottobre del 1988 e fu, se possibile, ancora più spiazzante dell’album
precedente. Stavolta Battisti non voleva lasciare dubbi: la nuova strada che
aveva intrapreso con Don Giovanni era avanti tutta e senza ritorno.
Se nell’album
precedente il procedimento compositivo nasceva dalla musica alle quali Panella
sovrapponeva i suoi bellettristici
versi, ora i due avevano deciso di agire al contrario. Doveva essere
Panella a sottoporre a Battisti i suoi componimenti, a metrica libera,
concernenti qualunque cosa volesse.
La musica doveva
scaturire dal verso, così com’era.
Era una sfida alla
quale i due si applicarono senza risparmiarsi. Panella non si pose limiti.
Battisti
nemmeno.
Gli arrangiamenti,
i testi, la struttura dei brani: ogni aspetto de L’Apparenza è uno schiaffo in
faccia a chi è ancora legato al ricordo del vecchio Battisti.
La copertina è
bianca, spoglia, con una credenza stilizzata disegnata da Battisti stesso.
Resta solo la sua
voce, inconfondibile, acuta, mimetica, fredda, esplicativa, a segnalare che
Lucio c’è ancora, da qualche parte, nascosto: c’è e ha deciso di parlarci.
Noi possiamo solo
ascoltare, fuggire, ignorare, o amare.
L’album si apre con
un leggero arpeggio in re minore di tastiera e archi elettronici. Inizia un
robusto giro di basso (sempre elettronico), entra la batteria, colpi sintetici
di grancassa e rullante e la voce entra in uno smagliante accordo di nona.
Si spalanca la canzone, con un grande gesto
teatrale. Entriamo in un regno nuovo.
A portata di mano è un capolavoro formale, di
arrangiamenti e strutture.
È incredibile
quante modulazioni ci siano soltanto nella prima strofa. Tutto il pezzo
ondeggia intorno al modo re minore / re maggiore.
Dov’è la strofa,
dov’è il ritornello? Non esistono più. C’è solo una continua variazione su un
tema. La prima parte (Dicendo abbiamo
tempo, ci giri intorno, stemperi e riempi, come dire, 103 vasetti di liquido
con colore diluito, che certamente è meno previdente di una conservazione che
alimenti …), quella che ha spalancato
il pezzo, musicalmente non si ripeterà più. Ritornerà, invece, scritta al contrario (procedimento raffinatissimo)
nell’arpeggio di archi che chiude il pezzo, come a suggellare il ritorno di un
tempo ciclico in cui tutto sembra a portata
di mano.
Il testo è
semplicemente bellissimo, scivola su oggetti quotidiani (E poi il discordo prende una piega architettonica nell’aria con le
mani / si collega ai pianti rampicanti, all’euforia da giardino, ai pensili
eccitanti, a ornamentale destino e tutto il tempo è vicino, a portata di mano,
sul tavolino, sul ripiano, su quanto ti è più caro … ) e arriva a una
misteriosissima parte centrale (Ma se
cominciassimo, che ne dici? Se entrassimo nel vivo … saliamone i gradini con le
punte e pure sconoscendo se calziamo un’epoca, una storia o una leggenda, in
cui calati risalendo siamo e l’anta si spalanca). La musica segue una
complicata serie di modulazioni per arrivare a spalancarsi di nuovo facendo diventare re maggiore un re minore.
Dal buio alla luce.
Analizzare questo
pezzo, come testo e come musica, porterebbe via troppo spazio agli altri. Dal
punto di vista formale è di una tale complessità e densità eppure tutto fila
via liscio, necessario. Gli irripetibili gesti quotidiani, la luce degli
incontri, storie e leggende della nostra vita, tutto è a portata di mano,
nell’unità illusoria del tempo. È un brano (si può ancora chiamare canzone?) di
luci e ombre. Come davanti a una quinta di teatro, recitano i vecchi attori.
Si spalanca la
credenza e il tempo ci viene restituito. Aroma di caffè.
Specchi opposti è un altro capolavoro, l’apoteosi
dell’indolenza, di chi non riesce a incontrarsi per distrazione, o per altri
tipi di distrazione si ama.
Ero distratto, tu ti davi da fare e non c’eri affatto,
oppure mi stringevi con un ronzio d’insetto che mi assopiva …
La musica segue
perfettamente questo senso di caduta, di lentezza indisposta, aprendosi un po’
spagnoleggiante, richiamando quasi Don Giovanni.
Ci si può
raffigurare due stanchi amanti che non riescono più a sorprendersi.
Mi aspetti, per salire mi stai stringendo i fianchi,
sei entrata nella stessa distrazione creata perché potesse accadere qualcosa e
tutto succede quando tutto riposa … In questo punto la melodia prende una
connotazione operistica, sembra un recitativo settecentesco, sussurrato da un
burlone prima che ricominci l’arietta.
Quando l’attenzione per essersi esposta narcisista ai
suoi sguardi, rovina e se ne accorge appena troppo tardi, nostra fortuna … ero
distratto e fatta tu sei di svista.
Il narcisismo è un
gioco di specchi, opposti riflessi, limpidi e inebetiti da se stessi. Nel vuoto
niente che riflettono non si riesce a ricostruire l’immagine di nessuno.
Nessuno parla,
nessuno si incontra. Si prefigura sotto forma di canzone l’apodittica
affermazione di Lacan il n'y a pas de
rapport sexuel. Panella lacaniano senza spocchia.
Allontanando è un altro brano estremamente complesso
dal punto di vista armonico.
È fatto di
impennate, ricadute, accordi di settima che danno un impianto assolutamente
classico al pezzo. Si dovrebbe fare l’esperimento di eseguirlo al pianoforte,
senza parole, così com’è, con uno stile appena appena arpeggiato: ci si
accorgerebbe subito che è un brano che potrebbe tranquillamente entrare nel
repertorio di uno Schumann.
Tutto il pezzo
oscilla intorno alla tonalità di fa minore ma inizia in sol bemolle cioè su
una cosiddetta sesta napoletana: ed è molto di effetto il fatto che al termine di
ogni sezione (qui non si parla più di strofe, ormai) la musica ricada in un re
maggiore, distante della tonalità originale.
Queste osservazioni
possono magari infastidire chi non è addentro ai termini musicali, ma servono
solo a sottolineare che qui non siamo più di fronte a un compositore di
canzonette, ma a un artista totalmente padrone dei suoi mezzi.
Il testo di Panella
è semplicemente sublime.
E poi
di che parliamo?
Di
come per favore hai fatto se non ti dispiace replicarlo
quel
gesto quell'insieme di cose e di non cose
che
accadono una volta e quindi possono
ripetersi
a richiesta e non per caso
In
cambio ti rifaccio il mostro mi tolgo le foglie dalle dita
il
vento pettinato ritorno ai connotati riprendo i miei colori
a
mano libera e meglio puoi vedermi allontanando …
Allontanarsi, distrarsi, è la chiave per
comprendere l’apparenza: l’album, ma anche la vita.
La canzone che dà
il titolo all’album attacca con la voce sola che introduce subito una specie di
tango molto stilizzato (sono molti i barlumi spagnoleggianti e classicheggianti
di questo album). L’Apparenza è un
ballo magico tra il protagonista narrante e una figura di donna onirica,
irraggiungibile, una apparenza, appunto. Ma è una donna? È un simbolo? Tutto
l’album ruota intorno a questo centro invisibile: il centro invisibile dove
hanno origine i concetti, le parole, i suoni e tutte le esperienze.
Anche in questo
brano tonalità armonicamente distanti tra loro (giri di do minore e sol
maggiore) interagiscono con fluidità e semplicità. Il testo di Panella è un
vortice di immagini che vibrano in trasparenza: andrebbe sottolineato tutto,
talmente è bello, musicalmente perfetto.
Il ballo con
l’apparenza, ci sfugge e ci strapazza come tutti le visioni di parole e cose.
Quindi
facendo finta che non sai parlare
ti
metti un dito in bocca, l'anulare.
Dirigi
una quinta qualsiasi
sposti
tre vasi come le tre carte
mi
metti a parte di una confidenza senza vocali e senza consonanti
tiri
con gli occhi chiusi sull'atlante l'indice come un pulsante
accende
una nazione in cui mi sa
che a
quest'ora è notte piena o molto nuvoloso
pieghi
la schiena cali il tuo sipario di capelli
sopra
l'armamentario voluttuario, quindi ti sollevi in mulinelli
dall'indaco
e il blu di Prussia profondissimi.
Ti
rilassi bussando tristemente assorta sopra una porta
che
non c'è per niente la spingi che era aperta
mi
racconti come un capogiro i fatti i posti pieni di respiro
mi
presenti un regalo, ed attraverso ci vedo le tue mani contenenti.
Lo
scarti prima sciogli questi fiocchetti inestricabili
ti
imbrogli e fai cadere e credere
in un
danno incalcolabile e l'aria vulnerabile raccogli
Incolli
l'invisibile
e
d'improvviso scrolli in gocce questa scena
fai
la feroce coi baffi che non hai da puma
sulle
guance gonfiate fai la precoce.
Che
scarica un gran volume d'indolenza incendiaria
quindi
sei l'avversaria di un arioso colosso pugilatore
poi
mormori indecenze senza parole a un confessore
lo
respingi in sequenza d'inseguimento
infili
il balcone ti scansi di lato fai la ricognizione
se ha
fatto centro il precipitato.
Rientri
con cavalli fragorosi e salti di delfini tra marosi.
Per altri motivi esemplifica ancora di più il concetto di
apparenza. Un giro di accordi per quarte sotto un robusto ritmo quasi rock,
introduce un testo che più ostico e ostile di così non si può (e invece si può
benissimo: Panella andrà ancora più avanti).
Ah!
questa poi
sento
di star per vivere.
e
nello stesso momento
tremila
riluttanti col lunghissimo mento
e i
denti scricchiolanti avidamente
tremila
debuttanti sfondano contemporaneamente
le
quattro pareti nemmeno tanto ingenuamente
perché
non c'erano segnali di divieti.
Le metafore digestive, cibarie, materiali,
si susseguono ininterrotte, tutte a evidenziare il nucleo della prosa: Ah! come siamo vivi come tutto accade per
tutt'altri motivi.
Mettiti
nei tuoi panni dove sei più aleatoria. Non ci siamo, da nessuna parte, tutto è un
gioco di specchi, apparizioni, distrazioni, mimesi, false piste. Ah! come sono vivace come uno che tace.
Viene in mente la folgorante frase del
Dhammapada: Non c’è strada e non c’è
viaggiatore su di essa.
Il pezzo finisce in una atmosfera sospesa,
fluttuante nella nebbia, pronto a introdurre il brano successivo che si
riallaccia fluido per tonalità.
Per
nome
è un lunghissimo paesaggio carnale, la descrizione interminabile di un corpo
femminile visto come un’apparizione (ancora l’apparenza)
come le visioni che si hanno sul limitare del sonno, corpi e particolari di
corpi amanti e amanti. Per nome non si può chiamare l’obiettivo del suo cruciale sbarco. Organo genitale femminile?
Qualunque altra cosa? Non ha importanza. Importante qui è la beatitudine della
contemplazione.
La musica è tornata alla semplicità,
sembrerebbe quasi un Battisti vecchia maniera, se non fosse per quel ritmo
ostinato sotto, ininterrotto dall’inizio alla fine.
Qui ciò che conta è la dolcezza
interminabile di un mattino di sole passato a letto.
Con Dalle
prime battute Battisti ritorna alla complessità armonica degli altri brani.
Anche qui come in Allontanando si
parte da un re maggiore, per arrivare a giri armonici distanti: in questo caso
mi bemolle maggiore e do maggiore.
Assistiamo alle disincantate avventure dell’umorista turista che alle prime bracciate
dell’orchestra riconosce il posto. Dai primi segni di vita e alla vista
dell’insigne pietra mistica, a un attento esame superficiale riconosce
l’artistica località banale.
È bello ascoltare
come Battisti gioca musicalmente con le rime interne dei versi introducendo
cesure dove non ci sono.
Panella gioca con
il trito rito di viaggiare per diporto, con la banalità dei saluti e dei
concerti di circostanza, con il vano rito delle cartoline (che ormai non
esistono quasi più). Ciò che rimane quando i turisti svaniscono è il paesaggio,
ridente labbriforme costa, che se la
ride della vanità degli oggetti e degli uomini – dado che si giocano le loro
possibilità rimanendo ben piantati sulla faccia nascosta del proprio metro
quadro di spurie certezze.
Lo scenario chiude l’album e sancisce il passaggio
verso nuove nebulose di là da venire.
Qui Panella non
potrebbe essere più programmatico e, paradossalmente, chiaro negli intenti.
Dopo aver giocato con l’apparenza per tutti i brani precedenti, qui scopre le
carte.
Dici
che non capisci ma io so che tutti capiscono tutto e t'intestardisci …
Lo scenario è
quello creato dalle nostre menti che non vogliono vedere la realtà delle cose.
Ma qual è questa
realtà?
Forse
è questo che tu non vorresti riuscire a capire:
che
favorevole è come essere contro
e in
mezzo c'è una zona di silenzio
difficile
anche un po' recalcitrante
dove
un parere vale quello che vale,
è
l'ombra trasparente o niente che traspare
silenziosamente
tutti tra sé e sé pensano le stesse cose.
Dici
che non capisci e questo ti convince a non capire
però
non ci riesci, non ti sai trattenere e ti dispiace ti dispiaci tu.
Avendo
voglia tempo e la serata adatta tutto è dimostrabile
soprattutto
il contrario con un'abile manipolazione dello scenario.
Mentre
è un combattimento quello che dici
sono
nemmeno abili mosse,
tra
quello che dici e come vorresti che fosse.
Noi umani siamo uno, dispersi e indivisibili
nell’essenza. Al fondo delle cose si
cela il desiderio che ci confonde. Manipoliamo scenari per dimostrarci reali,
quando la nostra realtà è celata in piccole cose irreali. Noi siamo apparenza e
solo in essa ci mostriamo.
Battisti introduce queste “abili
manipolazioni dello scenario” con un misteriosissimo giro di basso per semitoni
ascendenti. È come se la musica oscillasse prima di trovare una tonalità
definita. Il pezzo si chiude con uno strano scampanellio su un accordo di sesta
napoletana, cioè un semitono più alto della tonalità originale: quasi a
indicare che tutto è instabile, apparente. Tutto è dimostrabile, soprattutto il
contrario.
semplicemente bravo
RispondiEliminaBellissima recensione
RispondiEliminaMolto bella. 103 sono le Odi di Orazio, quam minimum credula postero, un domani da non credere. E molto altro.
RispondiEliminasublime
RispondiEliminabellisima e partecipata recensione di un disco complesso ma sublime.Grazie Lucio
RispondiEliminaMeravigliosa opera dell'ingegno e dell'arte.
RispondiEliminaMirabile "A portata di mano" come dici, per testo e per musica.
Il più misterioso, "L'Apparenza", dopo attentissimo e insistito ascolto, contiene secondo me una spiegazione così delicata e vera, completa e concreta di ogni parola e ogni gesto narrato.. ma qui non c'è lo spazio sufficiente per esplicitarla
mi hai fatto venire voglia di riascoltarlo....descrivi ad arte le spinte e le visioni di una tale stesura che il trasporto è ...tangibile.
RispondiEliminaL'Apparenza, si diceva...
RispondiEliminagirava in tv il video con immagini tratte da L'uomo invisibile. Non ho trovato in rete una analisi del testo che ne affronti i dettagli ma ho l'impressione che tutto quello che vi si racconta possa essere visibile, che forse sia stato visto per davvero.
Il gesto - che appare - e il suo signficato. Solo alcuni, ad esempio.
Il regalo, che è invisibile (attraverso ci vedo le tue mani contenenti) ma è presentato per davvero, può cadere, rompersi, con "un danno incalcolabile e l'aria vulnerabile raccogli"... E tutti i pezzi del racconto, fino a quel rientro precipitoso in casa, dopo aver sbirciato dal balcone cosa prima è stato lanciato di sotto (ha fatto centro il precipitato) ...
e allora "rientri con cavalli fragorosi e salti di delfini fra marosi"
Per giocare così seriamente con l'apparenza serve che l'attore viva la propria finzione (e non finzione) come tremendamente vera.
E serve che lo spettatore voglia entrare nella finzione, con l'affetto smisurato che gli fa comprendere e assecondare ogni gesto.
Il padre, la sua bambina.
Forse.
Forse. Per quel che serve. Però l'iimmagine de "l'apparato volutturario" mal si addice alla descrizione di una bambina.
EliminaA meno che non descriva un caso di pedofilia. Il precipitatopoi non è un oggetto, ma evidentemente una persona che cade di sotto perché l'Apparenza (la Madonna? ;-)) si scansa di lato.
L'enigma rimane e ci accompagna
Forse.
EliminaL'enigma è arte somma di Panella...
Toglierei però di mezzo anche il sentore minimo della pedofilia... Non vi è "apparato voluttuario" ma "armamentario" voluttuario e parla di indaco e blu di prussia profondissimi.... nulla di più simile a una trusse di ombretti rossetti matite... forse rubati ai "grandi"
E che l'enigma ci accompagni sempre.
Io mi ricordo di una bellissima analisi di questa canzone su luciobattisti.info, in cui si sosteneva che si trattasse di accenni a quadri realmente esposti nella stessa sala di un museo.
EliminaAhimé, non mi ricordo il museo e l'articolo non riesco più a trovarlo su quel sito...
L'enigma cammina con noi.
Ciao, Andrea.
Se si analizzano le singole frasi state tutti sulla strada sbagliata. ''Cala il tuo sipario di capelli'' è chiaramente la testa di una persona. Anticipato dal ''pieghi la schiena''. Sull'armamentario voluttuario'' e' l'organo sessuale maschile.
Elimina''Quindi ti sollevi in mulinelli'' è chiaramente il movimento della bocca sul pene. Quindi i 2 stanno consumando un rapporto orale. ''Dal lindaco al blu di prussia'' è il colore dell'organo sessuale maschile, prima dell'orgasmo. È ovvio che il tutto sembra consumato tra una giovane e una persona più grande. Ma questo lo possono spiegare solo gli autori. Lucio era uno che voleva sapere tutto su quello che cantava. Era un perfezionista. Forse il regalo mi fa pensare a questo. Comunque nel gioco finale tra i 2, lei si fa rincorrere e scansandosi all'improvviso verso la finestra del balcone, lo vede precipitare e morire. E quindi rientra in casa allegra. ''E salti di delfini fra marosi''.
A questo punto la pedofilia c'entra e come. C'ho messo 5 o 6 anni dall'uscita del cd a capire...e solo alcune frasi. Quindi nel 1993/94. Ma ripeto solo gli autori possono dire che tema hanno voluto trattare.
Un album meraviglioso... e una bellissima recensione.
RispondiEliminaBelissima recnsione, come leggere un libro ed immaginare personaggi e situazioni. Anche detto da un purista come me, che ha amato il Battisti canonico ed ancora di più quello che è venuto dopo...indimenticabile artista sempre presente tra chi lo ha amato ed imprescindibile anche per chi lo ha aspramente criticato per queste sue scelte artistiche ed ora lo rimpiange circondato dal vuoto e dalla nullità che aleggia purtroppo nel nostro attuale panorama musicale.
RispondiEliminaDopo tanti anni ho riascoltato questo capolavoro che considero attuale e immortale forse incompreso dalla maggior parte delle persone, peró quelli che conoscono" l'anima latina" di Lucio.....
RispondiEliminaTutti i commenti sono accettabili, la recensione di Massimo e lodevole.....ma spazio all'immaginario. Io nell'Apparenza (il brano) ci vedo una raffinatissima descrizione di un incontro tra due corpi che consumano un atto d'amore. Sublime.
RispondiEliminaEsatto
EliminaCondivido con altri commentatori: album superbo, più lo sento a distanza di anni, più mi commuove il modo in cui fa maramao ai canoni banali della musica commerciale, italiana e non. Bellissima recensione che ne rende merito.
RispondiEliminaComunque e' proprio vero quando un genio come Battisti va sul sofisticato per gli altri non e' più Battisti e questo non e' giusto perche' come lui stesso ha scritto: Scrivi il tuo nome su qualcosa che vale e mostra a te stesso che non sei un vegetale....nella vita si cambia e Lucio lo ha fatto consapevole delle critiche specialmente da chi lo ha sempre amato...ma il tempo da' e darà ragione all artista.....sei un mito....
RispondiEliminaBellissima recensione, troppo bello il sipario di capelli che cade sopra l'armamentario voluttuario :-)
RispondiEliminaAvevo vent'anni quando uscì l'album, non lo ascoltai mai se non per qualche canzone passata alla radio..
RispondiEliminaQualcosa pero' mi diceva che prima o poi, ne avrei approfondito la conoscenza; che scoperta meravigliosa!
La grandezza della musica, in ogni sua forma, è un regalo immenso alla nostra routine di vita quotidiana.
Un sorriso nel buio.
Grazie Lucio e Panella.
RispondiEliminai couldn't believe that i would ever be re-unite with my ex-lover, i was so traumatize staying all alone with no body to stay by me and to be with me, but i was so lucky one certain day to meet this powerful spell caster Dr Akhere,after telling him about my situation he did everything humanly possible to see that my lover come back to me,indeed after casting the spell my ex-lover came back to me less than 48 hours,my ex-lover came back begging me that he will never leave me again,3 months later we got engaged and married,if you are having this same situation just contact Dr Akhere on his email: AKHERETEMPLE@gmail.com thanks very much sir for restoring my ex-lover back to me,his email: AKHERETEMPLE@gmail.com or call/whatsapp:+2349057261346
i couldn't believe that i would ever be re-unite with my ex-lover, i was so traumatize staying all alone with no body to stay by me and to be with me, but i was so lucky one certain day to meet this powerful spell caster Dr Akhere,after telling him about my situation he did everything humanly possible to see that my lover come back to me,indeed after casting the spell my ex-lover came back to me less than 48 hours,my ex-lover came back begging me that he will never leave me again,3 months later we got engaged and married,if you are having this same situation just contact Dr Akhere on his email: AKHERETEMPLE@gmail.com thanks very much sir for restoring my ex-lover back to me,his email: AKHERETEMPLE@gmail.com or call/whatsapp:+2349057261346
scopro questo Battisti trasumanato più di trent'anni dopo, ed è subito amore travolgente, dalla tua bella recensione capisco che non poteva non essere così, mi dispiaccio solo di non saper dare contenuto meno che fumoso alle quarte e alle seste napoletane, comunque grazie, grazie davvero
RispondiEliminaUno dei più completi e interessanti commenti a questa opera musicale unica che ogni tanto riprendo e riascolto non potendo fare a meno di scoprire nuovi aspetti testuali e musicali. Se sono passati più di trent'anni e siamo qui a parlarne vuol dire che c'è una magia di cui non possiamo fare a meno
RispondiEliminaMi emoziona già solo leggere la stupenda recensione, figurarsi ascoltare il disco. Chapeau
RispondiEliminaRecensione perfetta ! Voglio ricordare e magari di vederla ,per chi non l’avesse fatto , la performance di Morgan e Carmen Consoli con la canzone “ Cosa succederà alla ragazza “ trasmessa dalla Rai . Una esibizione bellissima ! Morgan in 30 secondi ha spiegato tutta la grandezza dei capolavori dei dischi bianchi , a dispetto di tanti recensori del nulla !! Proprio oggi ho ascoltato,dopo una lunga pausa , l’album l’apparenza e ho provato una emozione immensa come se lo avessi ascoltato per la prima volta . Questo mi fa pensare che passeranno anni ma queste opere resteranno pietre miliari e sempre attuali !
RispondiElimina