La dottrina del Risveglio di Julius Evola. Buddismo ariano, aristocratico ed eroico.
In fondo la concezione “tradizionale” di Evola ha qualcosa di paradossale. Se addirittura il buddhismo nacque già in un’epoca di decadenza, 2500 anni fa, non si capisce bene quale mai sia stata l’epoca del fulgore delle tradizioni. Giace in qualche era preistorica, in qualche altra dimensione temporale? Risale ad Atlantide di cui parlava già Platone? Non so perché, io che sono un uomo di tipo decisamente “inferiore”, non degno e non pronto ad assimilare le inconcepibili saggezze “tradizionali”, associo spontaneamente la “tradizione” alla fantarcheologia di Peter Kolosimo.
Nonostante tutto, però, il buddhismo spiegato da Evola ha un suo profondo fascino e lancia in qualche modo richiami che arrivano fino alla rivisitazione buddhista in chiave esistenziale di Keiji Nishitani.
Il Buddha, Gautama Siddharta, lo Shakya Muni, non si ferma di fronte a nessun condizionamento, e portato dal suo eroismo guerriero va oltre il divino, oltre il bene e il male, oltre, persino, al “dissolvimento nel tutto” visto anch’esso come un inganno. Egli, il “Buddho”, approda al “vuoto perfetto”, là dove “la mente si spezza”, e opera il perfetto Risveglio al sunyata, l’incondizionato. Tutte le versioni mitiche Mahayana sono un arrendersi molto prima di arrivare in vista della “riva opposta”, sono rimasticazioni destinate all’illusione dell’uomo inferiore.
L’illusione più subdola, dopo quella del Dio personale, è quella del “nirvana”.
Nossignore, non dimentico che Evola sotto la pretesa di un razzismo “spirituale” e non meramente “biologico” si rese complice, per arrogante noncuranza, delle atrocità naziste.
Non dimentico le sue simpatie per le SS e non dimentico le stronzate della destra, la ripugnante superiorità provata nei confronti della misera plebe che arrancava e subiva. “Tipi umani” inferiori e superiori secondo le dottrine tradizionali. È vero però che il buddhismo stesso non celebra l’uguaglianza degli esseri e anzi, nei testi canonici esistono delle vere e proprie gerarchie umane, per cui addirittura uccidere un certo “tipo umano” (esempio, un assassino) comporta meno karma negativo che ucciderne un altro.
Ricordo di averlo letto in un opuscolo di studio della Gakkai – Nichiren Shoshu. Poteva essere il 1991. Ricordo persino che trovai che fosse un pensiero realistico e che prestasse il fianco a molti fraintendimenti.
Sentieri impensabili attraverso le pianure desolate della Verità.
I quesiti fondamentali sono sempre quelli: che cosa è “veramente” vivere? Come farlo al meglio? Cosa deve fare un essere umano per essere degno di tale qualifica? Esiste un senso morale non condizionato? La morte, come viverla? È un passaggio o la fine? In entrambi i casi non acquista più senso. Non ha proprio importanza, dal punto di vista del “senso” che tutto continui o finisca. Se continua, è solo una continuazione del mistero. Se finisce, finisce nel mistero.
Il Risveglio, la cosiddetta illuminazione, non è altro che l’annientamento del demone della dialettica. La mente non può contenere il sé né l’universo. La comprensione è essenzialmente Visione.
In fondo sarebbe bello rinascere nella Terra Pura. Una grande tentazione. Perfino Nichiren, sembrerebbe, gli ultimi anni della sua vita auspicava una pura terra in cui approdare con il daimoku, un interregno tra una rinascita e l’altra dove vi fosse pura beatitudine. Tutto l’opposto del duro Risveglio del Buddha storico, la consapevolezza del sunyata. Samsara e nirvana sono una cosa sola.
Felicità e disperazione due facce della stessa medaglia.
La Tradizione nella concezione di Evola è una specie di impalcatura metafisica che sostiene le trasformazioni umane: quell’insieme di “valori” che rimane essenzialmente immutato e che serve a mantenere il contatto tra l’essere umano e il sopra naturale. Per soprannaturale si intende ciò che va oltre le categorie di essere e non essere.
È per questo che il panorama è vasto, va dallo gnosticismo al buddhismo zen, allo zoroastrismo, al taoismo, al confucianesimo, al tantrismo, all’alchimia, alle vie della mano destra e sinistra ecc. ecc.
Che poi questa impacatura metafisica sia "reale" è tutto da verificare.
Evola rimane difficoltoso nel 2017 con il suo razzismo, il suo pensiero gerarchico, aristocratico e anti democratico. Per Evola io sarei un uomo di tipo inferiore, un plebeo. Me ne farò una ragione,
Tuttavia rimane un pensatore con cui fare i conti, aòmeno per quanto riguarda la sua spiegazione del buddhismo delle origini.
Non so se quello che afferma risponda a completa verità: tutte le ricerche ermetiche e mistiche potrebbero essere liquidate come mere stronzate, ma la concezione che qualcosa sussiste per un po’ dopo la morte e poi svanisce mi risuona. Solo chi ha operato una trasformazione di sé non muore dopo la morte del corpo ma entra … nel Nirvana, il non condizionato. Qualcosa di inconcepibile accade intorno a noi e non lo vediamo. Attribuiamo un senso positivo a potenze infere e non ci accorgiamo di quelle superiori. L’uomo moderno è confuso.
Rimane da chiarire l’anti evoluzionismo di Evola. In che modo negare il fatto “scientifico” dell’evoluzione? La specie umana deriva innegabilmente da mutazioni di altre specie. Ma cos’è allora l’autocoscienza, cos’è la trascendenza?
L'anti evoluzionismo è semplicemte inaccettabile.
Cronache Babilonesi
sabato 27 gennaio 2018
Un secolo di idioti
Ossessione delle diete, di curarsi con l’alimentazione, la tendenza tutta XXI secolo del cibo, cosa mangiare, dove, quanto, quando; frasi tipo “era ancora giovane” detta di uno morto a 84 anni …
Tutto questo rivela una speciale follia che è propria di questo tempo.
Abbiamo l’ossessione della salute, della forma fisica, della cura “definitiva” per ogni male della vita, che sia però il più possibile naturale perché occorre durare senza pagarne le conseguenze.
Felicità senza tristezza, piacere senza dolore, amore senza odio, medicine senza effetti collaterali, vita senza morte, questi sono gli ideali di questo secolo diafano, svuotato di nerbo, dove tra un esploratore artico e un commesso di un supermercato non ci sono molte gradazioni di differenza, giusto magari il livello di istruzione, poca cosa, in un’epoca in cui tutti possono illudersi di sapere tutto compulsando dieci ore al giorno un fottuto smartphone.
Il secolo dell’Alzheimer, delle scarpe da ginnastica multicolore, di You Tube, nel quale possiamo trovare la rivelazione dell’ultimo segreto esoterico. Il secolo della morte in alta definizione, qualcosa che avrebbe dato da pensare a Heidegger.
Il secolo che sa tutto e il contrario di tutto, in cui ogni smarrimento è codificato e le persone sono talmente attaccate alle loro maschere che sotto, virtualmente, non c’è più niente.
Il secolo in cui non si ha più il coraggio di soffrire se la propria sofferenza non viene “illustrata” da qualche faccina.
Il secolo in cui si guarda avanti guardando indietro, a una ipotetica natura che non c’è mai stata. Un secolo rousseauiano, pieno di male senza cattiveria. La cattiveria ce l’hanno solo quelli dell’Isis.
Come sono lontani i tempi dell’Uomo in rivolta di Camus. Contro cosa rivoltarsi?
Ora il grande enigma è la coscienza. Rendiamo edotta la popolazione che non esiste alcun sé dietro i nostri occhi, ma che il Samadhi è a portata di mano. Abbiamo a disposizione tutta la saggezza passata e presente e futura, abbiamo un guru per ogni stagione e ogni aspetto della vita. Abbiamo mille strade da seguire e tutte promettono miracoli.
Abbiamo informazioni, non c’è nulla sul quale non siamo informati, sul quale non possiamo formarci opinioni subito contraddette da qualcun altro. Fazioni in lotta sullo stesso versante della follia, come un coro di pazienti lobotomizzati che urla fuori sincrono dalle finestre di un manicomio grande come un pianeta.
Un secolo di idioti.
Tutto questo rivela una speciale follia che è propria di questo tempo.
Abbiamo l’ossessione della salute, della forma fisica, della cura “definitiva” per ogni male della vita, che sia però il più possibile naturale perché occorre durare senza pagarne le conseguenze.
Felicità senza tristezza, piacere senza dolore, amore senza odio, medicine senza effetti collaterali, vita senza morte, questi sono gli ideali di questo secolo diafano, svuotato di nerbo, dove tra un esploratore artico e un commesso di un supermercato non ci sono molte gradazioni di differenza, giusto magari il livello di istruzione, poca cosa, in un’epoca in cui tutti possono illudersi di sapere tutto compulsando dieci ore al giorno un fottuto smartphone.
Il secolo dell’Alzheimer, delle scarpe da ginnastica multicolore, di You Tube, nel quale possiamo trovare la rivelazione dell’ultimo segreto esoterico. Il secolo della morte in alta definizione, qualcosa che avrebbe dato da pensare a Heidegger.
Il secolo che sa tutto e il contrario di tutto, in cui ogni smarrimento è codificato e le persone sono talmente attaccate alle loro maschere che sotto, virtualmente, non c’è più niente.
Il secolo in cui non si ha più il coraggio di soffrire se la propria sofferenza non viene “illustrata” da qualche faccina.
Il secolo in cui si guarda avanti guardando indietro, a una ipotetica natura che non c’è mai stata. Un secolo rousseauiano, pieno di male senza cattiveria. La cattiveria ce l’hanno solo quelli dell’Isis.
Come sono lontani i tempi dell’Uomo in rivolta di Camus. Contro cosa rivoltarsi?
Ora il grande enigma è la coscienza. Rendiamo edotta la popolazione che non esiste alcun sé dietro i nostri occhi, ma che il Samadhi è a portata di mano. Abbiamo a disposizione tutta la saggezza passata e presente e futura, abbiamo un guru per ogni stagione e ogni aspetto della vita. Abbiamo mille strade da seguire e tutte promettono miracoli.
Abbiamo informazioni, non c’è nulla sul quale non siamo informati, sul quale non possiamo formarci opinioni subito contraddette da qualcun altro. Fazioni in lotta sullo stesso versante della follia, come un coro di pazienti lobotomizzati che urla fuori sincrono dalle finestre di un manicomio grande come un pianeta.
Un secolo di idioti.
Iscriviti a:
Post (Atom)