Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

sabato 18 gennaio 2020

Conoscere la disattesa


Gli umani di quest’epoca sono dei disinformati informatissimi. È come se non riuscissero a mettere insieme i pezzi (o non volessero), per cui ognuno vive basandosi su quello che ritiene di aver capito. In questo non ci sarebbe nemmeno qualcosa di strano, se non che  mancando qualsivoglia coesione in questa società che non sia il profitto o l’immagine di sé, gli esseri risultano condannati a una solitudine atroce, della quale nemmeno sono totalmente consapevoli. Da qui arriva l’esigenza di tutti questi corsi di yoga, cucina, cucito, ballo sudamericano, ecc. 
Conoscere veramente l’uomo, significa conoscere la disattesa. L’uomo manca sempre il bersaglio, tanto più quando gli sembra di centrarlo. Questo accade perché l’uomo è un essere manchevole, che attende di essere completato da un Dio, che non si fa vedere da nessuna parte. A volte, però, la Presenza completa ciò che mano umana non potrebbe. E nemmeno ci si accorge di quanti miracoli accadono ogni istante.

lunedì 13 gennaio 2020

Hammamet, il bianco e la morte


Il film mi ha fatto una grande impressione. Mi è sembrata una delle opere più interessanti degli ultimi anni. Non vorrei soffermarmi sulla prestazione di Favino, semplicemente superlativa. È qualcosa che capita poche volte, credo, nella carriera di un attore. In un’altra epoca sarebbe passata alla storia. Craxi ci apparso davanti, nella sua concretezza umana. Favino non ha imitato Craxi, è diventato Craxi.
Che importanza potrebbe avere la storia di un politico in totale declino, alla fine del secolo scorso, se non quella di trasmettere un messaggio di cui la gente dell’ormai inoltrato XXI secolo ha un bisogno inconfessato? E di cosa la gente ha bisogno oggi, a vent’anni di distanza dagli eventi narrati? Perché ci interessa Craxi?
Non è la storia di un successo, roba così tanto in voga oggi, ma quella di una catastrofe, senza riscatto. Cosa ci attira in essa? Forse il sentimento che nel dolore si diventa veri: nel dolore immedicabile, nella sconfitta, nel peccato, all’ombra della morte, nella polvere, si diventa umani, ci si avvicina umili al mistero. E noi abbiamo bisogno di abbassarci, in quest’epoca, un bisogno inconfessabile, di cui abbiamo vergogna. Abbiamo bisogno di guardare in faccia la verità che non vogliamo vedere, cioè che da tanti anni noi poggiamo i piedi sul vuoto e questo vuoto ci spaventa ma nello stesso tempo ci attrae. Perché portare avanti ciò che è disumano è troppo doloroso.
In una Tunisia livida, che sembra malata quanto il protagonista, si consuma l’ultima stagione di uno dei più potenti uomini politici italiani del dopoguerra. Autoesiliato per sfuggire alla prigione, Craxi mantiene intatta la sua arroganza e la sicurezza di essere nel giusto, fino alla fine, eppure ci appare capace ancora di generosità, di gentilezza, come pure di furori improvvisi. Il film non indugia sulle motivazioni politiche, non indaga sui torti e le ragioni. È come vedere gli ultimi giorni di Napoleone a Sant’Elena, quando ogni cosa è perduta e restano solo piccole vestigia di un potere antico, ombre di antichi privilegi. Craxi passa le sue giornate nella noia, nei disagi fisici, circondato dai familiari, una moglie che sembra perennemente in vacanza, una figlia che si dedica completamente a un padre che ama morbosamente, un nipotino in sovrappeso e non troppo intelligente, una servitù autoctona e spettrale.
Il vuoto riempie i grandi spazi bianchi, il cielo bianco, il deserto, i fichi d’India, I muri bianchi delle case, tutto bianco, un bianco che sottolinea l’approssimarsi della morte.
E questo mi pare il motivo nascosto di tutto il film: la morte, la sua attesa, il tempo sospeso della condanna, il desiderio di espiazione, mischiato a quello di rendersi vittima sacrificale, di andare fino in fondo al proprio destino. Craxi è una figura tragica, il che costituisce un’eccezione notevole nel panorama italiano. L’italiano, come si sa, rifugge dalla tragedia e riversa in commedia ogni cosa, che poi quasi puntualmente sfocia nella farsa. Craxi sembra, consapevolmente o no, volersi sottrarre a questo italico destino.
Figura di decisionista così atipico tra i politici italiani, ha voluto accentrare su di sé il potere e vuole, coerentemente, accentrare su di sé anche le conseguenze che la perdita di questo potere comporta. Uomo libero, pur nella sua arroganza e nel suo egocentrismo, non accetta di sottoporsi a un giudizio che ritiene ingiusto. Perché deve pagare solo lui, per una consuetudine (il finanziamento illecito ai partiti) che è sempre andata bene a tutti? Non è innocente, Craxi. Lui ha abusato del potere, lo ha conosciuto e vissuto in tutti i suoi meandri, se ne è abbeverato, ha fatto della sua vita strumento stesso del potere. E il potere lo ha risucchiato e sputato via.
Allora quello che gli resta da fare è morire. Craxi ingaggia la sua partita con la morte. Quando potrebbe tornare in Italia e farsi operare da medici validi rifiuta. Gioca con la sorte, si fa operare in Tunisia. L’operazione va bene, ma è troppo tardi. Craxi se l’è giocata fino in fondo. Nel sogno finale ritorna il ragazzino che per puro capriccio prendeva a fiondate i vetri del collegio: per pura ribellione, per puro gioco, per puro desiderio di mettersi alla prova e fare di sé il proprio destino.
Non è cattolico come Andreotti, Craxi: egli attinge più alla tragicità greca.
Si fa autore del proprio destino e va incontro all’hybris.
Andreotti si attacca al cristianesimo e cavalca tutte le ere, arrivando a tardissima età.
Craxi e Andreotti, sono due possibilità inerenti all’animo italiano: Craxi e del tipo meno diffuso e si può stare certi che è quello che finirà sempre male. È il tipo mussoliniano. Stuzzicare la bestia italiana è molto pericoloso. Dalla commedia si passa alla farsa e dalla farsa si passa alla macelleria, quando meno ce lo si aspetta.  
Non è possibile giustificare quello che in fin dei conti è stato un politico controverso e assai discutibile. Il film però non può fare a meno di renderci un personaggio notoriamente poco simpatico, sgradevole e arrogante, uno di noi: e cioè un complicato, irrisolto, dolente essere umano di fronte alla propria mortalità e all’incomprensibile mistero di un cielo bianco che ci sovrasta.

sabato 11 gennaio 2020

Sogno di inizio decennio


Giunto dall’altra parte di questo simbolico muro del tempo, eccomi nel nuovo decennio. Crisi e/o opportunità, come sempre. Non si saprà mai se il nostro atteggiamento fa veramente la differenza, tanto le cose vanno solo così come vanno. Spingiamo il masso su per la collina, con il sorriso, felici, come prescriveva qualcuno. Che la felicità sia autoconvincimento o reale soddisfazione solo la nostra coscienza può dirlo.
Vedo su Youtube un servizio di BPS (Black Pidgeon Speaks) sul fatto che i cinesi stanno comprando mezzo mondo, sotto forma di infinite proprietà immobiliari in Canada, Africa, buona parte dell’Asia, Australia, Nuova Zelanda. Questo cambia gli assetti geopolitici in modo imprevedibile. Nei TG si accalcano notizie sulle tensioni tra Iran e USA.
La strage di neuroni compiuta dal politicamente corretto va avanti giorno dopo giorno: a questo punto anno dopo anno. L’idiozia è conclamata ormai da tempo e questo secolo ha ormai vent’anni: è un ragazzo che scalpita in cerca di una sua identità. Naturalmente il suo genere è fluido, né maschio, né femmina. Un secolo transgender.
Il cervello umano è plastico: questo è il suo pregio, che ci ha consentito di trionfare su tutte le altre specie animali. Il risvolto inquietante di questa plasticità è la velocità con cui si accolgono le mode, il camaleontico modo di essere, specialmente delle giovani generazioni, che sono in grado di assumere qualunque forma in modo pressoché istantaneo, a ogni nuovo stimolo. Questo fenomeno crea un curioso tipo di conformismo anticonformista.
Non c’è mai stata una così grande diversità di stili di vita come in quest’epoca, eppure mai come in quest’epoca la gente sembra tutta uguale. È qualcosa che fa pensare.
Naturalmente Checco Zalone ha fatto un nuovo film, guarda caso sull’immigrazione. Se ne sentiva veramente la mancanza, poiché ha fatto un abbastanza prevedibile record d’incassi. Evidentemente il cosiddetto italiano medio ha bisogno di essere indottrinato ancora meglio su quello che deve sentire. Sentire, non pensare. Del pensiero in Italia non ci si occupa. Comunque, l’italiano medio è in ottima compagnia in tutto il mondo.
L’umanità è molto più stupida adesso che nel passato e non c’è modo di farla deviare dal solco in cui si è inserita.
Le élites non sono, tutto sommato, più intelligenti dello stupido popolino manipolabile. Anche i ricchi vivono in un’illusione dalla quale non possono svegliarsi. Il pianeta ruota, silenzioso, intorno alla sua stella e una malinconia senza nome scende su tutto.
O Mensch, gib acht!
Ma non si sveglia, non c’è possibilità. Da un sogno scivola dentro un altro sogno, e poi in un altro sogno ancora.