Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

martedì 24 luglio 2012

Panico spread



Lo spread sale.
Un tizio uccide 12 persone da qualche parte in America. Ci si stupisce del perché accadano certe cose. Bisognerebbe stupirsi del perché non accadono più spesso.
Qualcuno decide per qualcun altro e nella maggior parte dei casi quest'altro lascia fare.
Lo spread sale.
Scambio di flebo uccide neonato.
Lo spread sale.
La Siria vuole usare le armi chimiche. Previsto lancio di detersivo. Raffica di esplosioni in Iraq.
Lo spread. Sale.
Monti dice che è colpa di chi diffonde indiscrezioni sullo scudo anti spread. Che sale.
Un esperto dice che non esiste governo che possa risolvere il problema della speculazione finanziaria. Chissà perché, credevo bastasse proibirla per legge: una bella legge internazionale. Chi specula viene condannato a morte. Crimini contro l'umanità. Sembra che non si possa fare.
Milan, via Ibra e Thiago. Non ci dormo la notte.
Cassano diviene fondamentale. Mio dio.
Lo spread sale. Lo spread sale le scale, gradino, dopo gradino.
Noi, chiusi a chiave, nel caldo immane, tra l'odore del vape e il condizionatore acceso solo in soggiorno. Vai in cucina e stramazzi per l'escursione termica.
Lo spread sale.
Baleari, altro che crisi. Non c'è spread, lì. Solo figa vogliosa di incontri e vita spericolata. Arrivarci costa poco. Restarci un po' di più. Annientati dal niente. People from Ibiza.
Lo spread ansima dietro la porta. Leggero leggero. E' sul pianerottolo.
Ti dici, che vale tutto questo? Perché a me? A noi?
Lo spread, dal pianerottolo, lancia un sibilo, sottile, continuo, persistente.
Lo stai pagando caro questo benessere, in fondo, Un po' troppo esigenti, questi qui. Questi qui, chi? Come è successo tutto questo? Quando l'abbiamo deciso? Ce ne hanno mai parlato prima? Non ricordo, non ricordo. Le cose ti piombano addosso e non sai perché lo fanno, ma loro, le cose, lo sanno. Bimbo cade dal 10° piano. Vittima della vita anticipata. Lo spot della coca cola è italiano.
O my god. O my god. OMG!
Lo spread gira la maniglia della porta chiusa.
Siamo impietriti, la televisione accesa su Real Time farfuglia nefandezze da ore e noi fissiamo quella cazzo di porta, attoniti. Spettro default. Ci prenderanno il frigo. La macchina del caffé. La carta igienica. Non potremo più andare al Brico.
Damasco, 20 fucilati. Ecco come nutrire il vostro cane. Carne riso verdure. Fargli fare moto.
Lo spread batte alla porta.
Una teenager si opera più volte per sfondare. O per essere sfondata. Russe, sexy e trasgressive. Mescolano in dosi sapientissime giovinezza e istigazione allo stupro.
Inter Juve duello infinito.
Lo spead preme la porta. Sempre più, la porta si incurva.
Viaggio a Lourdes, partenza da Orio al Serio, 5 giorni pensione completa 470 euro. Lo spread spalanca la porta, ma non  riusciamo a vederlo, un buio colossale, improvviso, avvolge l'appartamento, il condominio, il quartiere, la città, la nazione, il continente, il pianeta. Un rumore sordo, l'esplosione originaria deve essere stata così, silenziosa, buia. Saldi 30% su oreficeria, gioielleria, argento, permuta.
In mezzo al buio, una luce. Diventa sempre più forte.
La TV.
Polvere fotonica sullo schermo. Sfrigola. Cambia lo scenario.
Dal balcone cominciano a vedersi nuove costellazioni. Tira vento.

martedì 10 luglio 2012

Notte di crisi di mezza età


Ho passato tutta la scorsa notte in un vuoto e doloroso stupore. Ho architettato, mentre le ore scorrevano in una specie di melassa vischiosa e zeppa di zanzare e sudore, migliaia di omicidi e violenze di ogni tipo, ai danni di tutti gli umani conosciuti e sconosciuti. Non sopportavo più il mondo, le cose, le dinamiche di affetti e illusioni, sempre le stesse. Mi sono lasciato andare a una rabbia impotente e infantile. Ero in preda a una smania atroce che contrastava stranamente con il mio giacere supino nel letto. Pochi movimenti, non eccessivamente agitati, mi sono solo alzato un paio di volte a pisciare, sono andato sul balcone a contemplare le luci della tangenziale, il distante ronzio continuo della gente che si muove sempre, ad ogni ora, anche in questo momento. Qualche sirena di polizia, lontano. Le luci lontane dell’aeroporto, nessun volo notturno da qui.
Mi sono rimesso a letto in preda a un furore ansioso. Allora è cominciata la domanda, pressante, semplice, come tutte le domande vere.
Che cosa vuoi, alla fine? Tu, che cosa vuoi? Cosa vuoi?
Non sapevo dare che risposte confuse, vaghe, ottuse e la domanda continuava.
Che cosa vuoi?
Non essere qui, pensavo, non essere in alcun modo qui, mi dicevo, ma senza convinzione, né alternativa, né un dove.
Che cosa vuoi? Che cosa vuoi?
La domanda si spegneva contro il chiarore che entrava dalle persiane semi aperte.
Cosa vuoi? Cosa vuoi?
Non lo so, non essere qui, ma nemmeno, qui va bene, un’altra donna, forse sì, ma nemmeno, morire, no, morire no, la vita è un peso, ma la morte mi fa orrore, vorrei anzi vivere per sempre anche se questo voler vivere per sempre è un concetto poco chiaro, come il resto, dopotutto.
E d’altra parte, vivere, sì, ma in che modo? Non certo come stai vivendo ora.
Sempre che si possa chiamare vita questa processione stitica di giorni vuoti che ti portano ogni volta più vicino alla fine. La fine inevitabile di questa idiozia. Ecco, questo non lo vuoi, non che tu abbia veramente la presunzione di sfuggire al comune destino, ma non vuoi arrivarci così. Hai ancora da vivere, anche se la vita è dolore, un dolore immenso, continuo, un peso sul cuore e dietro gli occhi. Ecco, è questo dolore di vivere, impensabile, mai provato così, che mi fa smaniare. Non è un dolore per qualcosa, ma è dolore per tutto.
Mi fa male il mondo. Mi duole la vita. Non mi sono mai sentito così. Non è cattiva digestione. È qualcos’altro.
Cosa vuoi? Cosa vuoi?
Andare via, andare via da qui. Andare dove nessuno mi possa trovare, dove posso rannicchiarmi in un angolo, come una bestia ferita e rimanere lì, così, finché il dolore non passa. Andarmene da qui. Ma poi qui hai tutto quello che ti serve, tutto quello che ami, anche se questo dolore che senti cancella l’amore. L’amore, anzi, diventa uno scherzo feroce, l’ennesima illusione. La verità è solo questa atroce solitudine. Non puoi andartene, non serve, non è questo.
Cosa vuoi, allora? Cosa vuoi?
Niente di concreto, né di fattibile usciva da dentro di me, sentivo solo il tempo, il mio tempo che passava, irreversibile, mentre la notte si liquefaceva nel calore. Ma non era il calore che soffrivo, era questa insistente domanda senza risposta.
Che cosa vuoi?
Voglio non soffrire così, pensavo, l’unica cosa che voglio è non soffrire così, non spegnermi in questo vuoto. È la coscienza, pensavo, è la coscienza che mi porta questo dolore. È questa coscienza di me stesso che mi paralizza, mi ha sempre paralizzato. E adesso nel cuore della notte, mentre tutti dormono, lei dorme, la vita intera veglia e dorme allo stesso tempo ed è più grande e distante che mai … c’è questa cosa.
Fossi più ottuso, fossi meno presente a me stesso, potrei … vivere. O almeno dormire.
No, non è la strada giusta. Non si baratta il dolore con l’idiozia. Almeno, io non lo voglio fare, non ci sono ancora costretto.
Che cosa vuoi? Che cosa vuoi?
Voglio essere un io senza paura. Per il tempo che mi rimane. Ecco, ci siamo, questo potrebbe essere accettabile. Rimanere nella coscienza, che è origine del dolore, senza paura. Non fuggire.
Che cosa vuoi? Che cosa vuoi?
Non voglio più sentire questa atroce, ingiustificata, paura di vivere che mi annienta.
Voglio vivere nel sole, nella pioggia, nel vento, nel dolore e nella gioia, senza paura. Voglio poter cadere dentro la vita, precipitarci attraverso lanciando un grido di potenza.
Voglio essere il Dio di me stesso, senza colpe, senza peccati, senza freni.
Libero dalla paura di morire. Libero di vivere. Libero di morire. Libero di essere. Niente meno. Impresa colossale, al di là delle mie forze, eppure unica impresa che valga la pena di intraprendere.
Non ho risposto alla domanda. Essa continua tuttora e continuerà, perché la risposta non può essere in alcun modo verbale. So come dovrei rispondere.
Ma sono ancora paralizzato dalla paura, che si trasforma in furore, che si trasforma in angoscia, che si trasforma in solitudine, che si trasforma in insoddisfazione, che si trasforma in infelicità, in morte, in distruzione.
Non so come andrà a finire. La paura è tutto ciò che ho sempre avuto. Compagna di ogni attimo della mia vita. Cagna fedele, mi lecca la mano a ogni passo.
O paura che mi separi dal precipizio di perdere me stesso, o forse di ritrovarmi, non so.
Invece devo imparare a morire a me stesso, per rinascere.
Forse il prezzo da pagare è la sanità mentale, forse rimarrei spezzato se cercassi di varcare il confine. Questo pensiero è figlio della paura stessa.
Se non imparo a morire, non imparerò a vivere.
Questo non sarebbe un problema, se vita e morte fossero evitabili. Ma poiché non lo sono, devo risolvere questo dilemma. Devo imparare a morire, per rinascere.
Cosa me lo impedisce? L’attaccamento a questa parte di me timorosa, il bambino pauroso che tenta di preservarsi da un modo cattivo e ostile. Il bambino mai cresciuto, che non crede in sé stesso, che si atterrisce fino allo sfinimento di fronte all’ignoto.
Non cerco la felicità, cerco la libertà dalla paura. Forse sono la stessa cosa. L’espansione dell’io, inteso non come meccanismo egocentrico, ma come stimolo a fare qualcosa che possa essere di aiuto anche agli altri. Cerco la mia dignità, la mia forza.
Sono ancora lontano, molto lontano dalla meta. Rischio seriamente di morire lungo il percorso senza aver fatto un passo avanti. Ne sono consapevole.
La mia follia, la mia vita, la mia paura, il frutto dei miei giorni. Tutto può cambiare. Oppure tutto può rivelarsi giusto così com’è.
Sono preso nel mezzo. Non posso andare né avanti né indietro. Per ora.

Alla ricerca del bosone perduto


Signori, signore, è arrivato il bosone di Higgs, la particella che fa sì che le cose abbiano massa. Hanno pubblicizzato l’evento, come se fosse specie una rivelazione religiosa. La particella di Dio, la risposta scientifica alla Madonna Nera. Ultimamente gli scienziati si sprecano un po' troppo con i nomi a effetto. Arriva il nuovo bosone: e adesso che succede? Tutto, cioè molto, cioè niente, cioè ricominciamo daccapo.
Hanno speso milioni di dollari per creare fasci di energia a milioni e milioni di elettronvolt e vedere cosa succedeva. Hanno visto succedere qualcosa che grosso modo si adattava alla loro teoria detta Modello Standard e così si sono avvicinati a … cosa?
A cosa si sono avvicinati? La vicinanza di qualcosa, (vicinanza, non coincidenza), a una teoria, rende questa teoria realtà?
Se l’universo fosse un modello matematico sarebbe fantastico … ma non lo è.
La Big Science, secondo me, sta cominciando a perdere il lume della ragione. Si comporta come se stesse valutando il volume del flogisto.
Sono anni che si cerca questa teoria unificatrice del tutto, è diventata una questione metafisica. Si ha bisogno del centro unificatore, olistico, supremo, per giustificare un universo gerarchico.
La suprema armonia, l’amore universale, le particelle di sodio nell’acqua minerale, la gara a chi ha il bosone più grosso …
In mancanza del trastullo religioso gli scienziati si inventano una metafisica alla Comte.
Chi prova a dire qualcosa in contrario viene tacciato di essere un oscurantista.
Il punto non è essere contro la scienza, da cui deriva la tecnica della quale beneficiamo tutti, dai surgelati ai navigatori satellitari, ai preservativi al gusto di fragola, ai chips per regolare i pagamenti delle mignotte thailandesi, ficcate in vagina e abilitate a segnare gli scatti (no, forse questo non l'hanno ancora inventato: ma se ci fosse sarebbe basato sulla fisica delle particelle) ... insomma, chi si sogna di denigrare la scienza? Dopotutto adesso non si muore più di raffreddore, ma di obesità, o di cancro indotto dal progresso. Meglio che morire di difterite.
Chi vorrebbe mai tornare a credere nella terra piatta?
Come farebbe un satellite a girare intorno a una terra piatta?
La scienza è una gran cosa. Però non sempre è così scientifica, oggettiva, rigorosa, pura, come dovrebbe essere. Ci si dimentica che è una attività umana e che gli umani sono sempre delle teste di cazzo, anche se vincono il Premio Nobel.
Chissà tra cento anni di tutte queste astruse teorie, dal Big Bang, alle super stringhe, al Modello Standard, cosa sarà rimasto. Si accettano scommesse. Probabilmente resterà molto poco.
Dopo anni di esperimenti con fasci di energia sempre più fenomenali per produrre bosoni sempre più inverosimili, man mano che gli stanziamenti si faranno sempre più scarsi, gli scienziati si accorgeranno che questo giochino non porta assolutamente da nessuna parte. Semplicemente non c’è fine alla faccenda.
Non ci sarà mai la macchina del tempo. Né si supererà mai la velocità della luce, né si vincerà mai in alcun modo la morte. O forse sì, ma in un modo che ancora non possiamo immaginarci e che probabilmente non ha niente a che fare con l bosone di Higgs che forse non è ancora lui, ma un altro simile. Stanno cercando nella direzione sbagliata.
La forza più possente dell’universo, la gravità, è ancora inspiegata. Le forze, in generale, sono inspiegate. Gli abbiamo solo dato un nome e sembra che ci appartengano. Ma né ci appartengono, né sappiamo qualcosa di più.
Camus diceva che la scienza man mano che progredisce lascia il posto alla poesia. Il Modello Standard è un poema matematico, probabilmente (per gli intenditori) elegante, splendido.
E il mondo resta assurdo.
Dio e i suoi derivati (modello ormai desueto di spiegazione) o il nulla e i suoi derivati (modello poco appetibile ai mercati). Alternativa ancora non c’è. E il problema più importante, come diceva il buon Albert, è se la vita valga o no la pena di essere vissuta. Tutti rispondono sì, naturalmente, senza riflettere. Né c’è da stupirsi. Non c’è alternativa.
L’altro Albert invece diceva che Dio non gioca a dadi con il mondo. Come ho già scritto da qualche altra parte, questa piccola frase contiene in sé ben quattro affermazioni idealistiche. Dio? Gioca? Dadi? Mondo?
Ognuno gioca con i concetti o con le particelle che lo divertono di più.