Il XXI
secolo sarebbe stato il paradiso di Goebbels.
Il
nazista sarebbe estasiato dalle infinite possibilità di gabbare la gente
offerta dalla tecnologia. Questo secolo ama la propaganda, vive di essa, si
nutre di sensazioni, emozioni, mezze verità, piegate e piagate per plasmare la
cosiddetta opinione pubblica verso destra, verso sinistra, sopra o sotto,
secondo la convenienza del momento. Siamo al Black Friday delle opinioni,
ognuno ordina on line la sua, se la fa su misura, in uno stordimento generale che
aumenta l’immane confusione che c’è sotto il cielo. Masse addormentate e
addomesticate da giochini, Internet, TV e aria e cibo inquinati assimilano
tutto ciò che vola raso terra con una prontezza inquietante, senza farsi una
domanda, senza andare oltre il proprio smartphone (che ha preso il posto del
naso), senza il rischio che sorga uno straccio di visione d’insieme. E dove non
è più possibile una visione critica d’insieme, la volontà del cittadino
virtualmente cessa di esistere. Ci sono solo reazioni emotive, automatiche,
acefale.
Ci
mancavano le “sardine”, poveri esseri, magari pure convinti di essere in gamba,
presi e stritolati dai media che non vedevano l’ora di un nuovo filone da
esaurire.
E intanto
la protesta contro il “clima d’odio”, nato dall’odio nei confronti di un uomo
politico, ha tutto l’amaro sapore di un inconfessato desiderio di guerra
civile. Lo hanno detto che lo vorrebbero appeso per i piedi in piazzale Loreto
o preso a sprangate sulle gengive. Lo hanno detto, anche se hanno cercato di
rimangiarselo. Lo hanno detto che lo odiano e, come conseguenza odiano i
milioni di persone che lo votano o vorrebbero votarlo. E questa cosa, in
democrazia, è assai preoccupante. C’è una gran voglia di menare le mani, in
questo paese. Ci sono troppa rabbia e troppa frustrazione, accumulate in anni. Quanto
più la società vira verso il più esasperato e frustrante individualismo consumistico,
quanto più ci si inventa un finto collettivismo, una partecipazione a
compartimenti stagni che crea divisioni, tifoserie, scuderie che si combattono
senza esclusione di colpi.
La disoccupazione, la cronica carenza di
infrastrutture, la burocrazia demente e demenziale, l’impoverimento atroce
delle fasce medio basse, legato a politiche economiche e migratorie poco lungimiranti
(per usare un eufemismo), insomma tutto ciò che è veramente alla base dell’odio
sociale che si sta diffondendo, non conta. È sufficiente scegliere un
bersaglio, il comune nemico. Chi meglio del cattivone Salvini?
Le
“sardine” si muovono in banchi. Il nomignolo scelto è sintomatico dell’epoca.
Esseri con un cervello piccolo che non possono fare nulla da soli si muovono a
caso in acque profonde. È facile farli andare dove si vuole. È facile fare
nascere incidenti, di cui naturalmente sarebbe responsabile Salvini. E intanto
da altre parti i giochini continuerebbero.
Povera
patria, cantava Battiato.
Naturalmente
è ancora più facile che tutto si sgonfi come una pizza mal lievitata. Non scordiamoci
mai che questo è il paese dei tarallucci e vino. Qualunque tipo di metafora
culinaria va bene, in un paese votato più al cibo che al sol dell’avvenire.
Bella ciao all’aglio, olio e peperoncino. E sardine sott’olio, che c’hanno pure
gli omega 3.