Slavoj
Žižek da Fabio Fazio.
La trasmissione è andata in onda un mese e mezzo fa e l'ho saputo solo adesso: questo la dice lunga su quanto mi stia interessando degli avvenimenti "culturali".
Non seguo Che tempo che fa (Fazio e la Littizzetto mi fanno venire le convulsioni), questo è il motivo per cui l'intervista mi è sfuggita.
Non seguo Che tempo che fa (Fazio e la Littizzetto mi fanno venire le convulsioni), questo è il motivo per cui l'intervista mi è sfuggita.
Fine
miserabile del “pensatore più pericoloso d’Occidente”, o tentativo di lasciare
passare qualcosa anche attraverso le maglie bisunte dell’ultra politically
correct? Forse non c’è via d’uscita, forse è meglio una ospitata da Fazio, che
la misera trafila delle riunioni da circolo sociale. Qualcosa, sparata nel
mucchio della cosiddetta audience, rimarrà, anche se c’è da dubitarne: o così
mi piacerebbe credere.
Žižek,
che è persona dotata di un poderoso arsenale concettuale, è perfettamente
consapevole del valore e della posizione del suo interlocutore. Resta l’amarezza
(probabilmente anche di Žižek stesso) di vedere un uomo così originale, ridotto
a vendere la propria merce come un qualsiasi venditore sulle bancarelle. Žižek
vive nel paradosso e lo sa. È il destino di tutti quelli che hanno qualcosa di “differente”
da dire. Pasolini viveva la stessa contraddizione e ne soffriva. Alla fine di
tutto, il narcisismo e il bisogno di vendere i propri libri, l’immenso
desiderio di “emergere” fanno la differenza. O c'è dell'altro?
Žižek sa
di essere senza giustificazione, come Pasolini, come DFW che sapeva ed è stato distrutto (in parte
almeno) proprio da questa contraddizione.
Sai
di essere senza giustificazioni di fronte alla tua propria incoerenza e
tuttavia non puoi agire diversamente. Sai che non appartieni questo mondo e
tuttavia utilizzi il sistema del mondo per ottenere che ti ascoltino sulla tua
critica del mondo. Diventi automaticamente funzionale al sistema. Ci sono poi
quelli che mantengono una maggiore coerenza restando distanti dallo spettacolare
diffuso (per dirla con Debord), vedi Costanzo Preve *, recentemente scomparso.
Ritengo
però il pensiero di Žižek, più completo e per questo più paradossale di quello di Preve e del suo tristanzuolo comunitarismo.
Alla
fine anche il pensiero teorico vuole una sua bellezza: Žižek è in grado di
fornirla. E ne paga le conseguenze. Fraintese o ignorate, inglobate o espulse,
influenzanti o ininfluenti: le idee sono sottoposte, come tutto il resto, a
selezione naturale. Passare per un canale “ufficiale” può sottoporre il
politically correct al virus di Žižek e anche Žižek al virus del politically
correct. Il risultato forse è scontato, ma forse no. Slavoj Žižek corre consapevolmente il rischio di essere organico al sistema perché (da buon creatore di paradossi) ha capito che l'unico modo per vincerlo è arrendervisi. Diventa organico al sistema, criticandolo dall'interno, come un fool shakespiriano che sbeffeggia il re perché sa che anche lui dovrà morire. Non vuole cambiarlo: si limita a giocare anche con i propri sensi di colpa, recita la propria parte di fronte alla sfinge dello spettacolare diffuso, incarnata nel pretesco Fazio. Tutti ci guadagnano, tutti ci rimettono. Rimarrà qualcosa?
È
l’amaro monito di Adorno: comunque agisca, l’intellettuale sbaglia.
* Preve stesso non è stato immune da
atteggiamenti ambigui, accettando di pubblicare le sue opere con la Edizioni
del Veltro, di simpatie “fasciste” e dedicando un suo libro a A. De Benoist,
pensatore della “destra” estrema. Un guazzabuglio, insomma in cui estrema
destra e estrema sinistra si toccano, uno di quei paradossi ideologici che
fanno squittire di gioia Žižek.