http://www.youtube.com/watch?v=h1l_UEPJi2M
Nel link, la Sonata N. 10,detta degli "insetti".
Esattamente cento anni fa, il 27 aprile 1915, a
causa di una setticemia sviluppatasi da un foruncolo infetto sotto i baffi,
moriva a 43 anni Aleksandr Scriabin. Figura di musicista eclettica ed eccentrica quanto
altri mai, Scriabin è uno dei pochi artisti che può a rigore definirsi genio,
in quanto creatore di un linguaggio proprio, originale e insieme universale.
Nasce
imitando Chopin (addirittura migliorandolo, cosa incredibile) e finisce per
essere totalmente se stesso, creatore di un linguaggio unico, precursore di
tutti gli sperimentalismi del Novecento. Parte dal simbolismo russo, per
approdare alla fantascienza. Scriabin parte dal tardo romanticismo per arrivare
a una concezione dell’arte completamente multimediale. È sua l’idea della
tastiera che proiettava colori. La sua concezione musicale era sinestetica, a
ogni nota corrispondeva un colore.
La
sua ultima opera Mysterium,
incompiuta, doveva essere eseguita ai piedi dell’Himalaya, per giorni e giorni,
da un’orchestra di migliaia di elementi. Scriabin riteneva che questa
esecuzione avrebbe creato vibrazioni che avrebbero fatto sprofondare il vecchio
mondo, facendo affiorare al suo posto uno nuovo, nel quale l’umano e il divino
sarebbero stati inscindibili.
Scriabin
era evidentemente un pazzoide, quasi alcolista, dedito allo studio della
teosofia, quella strana mistica infarcita di stronzate spiritiste e ricerca
degli ultramondi, in voga tra la fine dell’ottocento e gli inizi del novecento.
Nato
il giorno di Natale del 1871 (il 6 gennaio del 1872 secondo il nuovo
calendario) riteneva questo essere di buon auspicio: si considerava (ed era
considerato dai suoi, non pochi all’epoca, “discepoli”), un emissario cristico della
Nuova Arte. Curiosamente, morì il 14 aprile del 1915 (27 aprile del nuovo
calendario), giorno di Pasqua.
Può
a ben diritto essere considerato, in senso romantico un Uomo del Destino.
Fu
l’autore di incredibili speculazioni armoniche. Le sue composizioni, infatti,
erano basate su cellule armoniche più che su cellule tematiche: fu un
precursore in tutto e per tutto.
Il
fatto è che, dietro le fumisterie pseudo religiose, Scriabin celava uno spirito
di ricerca inesauribile, una devozione assoluta alla missione dell’artista.
Scriabin
credeva nell’uomo, insomma. Credeva che nella propria interiorità l’uomo
celasse le leggi da seguire per approdare sulle sponde della Felicità.
Fu
impressionista oltre Debussy, espressionista oltre Schönberg, fu totalmente se
stesso, senza condizionamenti e compromessi e per questo fu, dopo la morte,
abbastanza trascurato. La cultura sovietica non poteva tollerare deviazioni
mistiche: nonostante questo, le sue sonate per pianoforte e i suoi preludi divennero il cavallo di
battaglia per pianisti come Horowitz e Richter.
I
suoi due grandi poemi sinfonici, il Poema dell’Estasi e il Poema del Fuoco,
sono capolavori assoluti del Novecento. Il primo di essi, risente ancora della
smisurata influenza che ebbe il Tristano e Isotta di Wagner sulla musica di
fino ottocento e novecento, seppur trattata con mezzi espressivi originali. Il
secondo detto anche Prometeo è lo sviluppo completo del suo sistema, basato su
una scala musicale di sua invenzione (Do,
Re, Mi, Fa♯, Sol, La, Si♭), in cui
ogni nota, naturalmente, esprimeva un preciso grado di spiritualità.
Tutta
la musica di Scriabin, dalle sue produzioni giovanili simil chopiniane e
tonali, alle impervie composizioni mature, è pervasa da una strana, penetrante,
dolciastra sensualità.
È
musica che rapisce, che può fare male. È musica (specialmente dalla Sesta
sonata in poi) da pazzi. Un’anima
assorbita da se stessa che cerca di esternare i moti interiori rendendoli come
zaffate di pennello su una tela. Smarrita ogni coordinata tonale
(apparentemente) è musica ondivaga, allucinata. È comprensibile che possa non
piacere, questa musica che era, paradossalmente, una ricerca incessante del
piacere.
Scriabin
era un intossicato, un genio malato, allucinato, uno che apparentemente aveva
perso la bussola. In realtà la sua bussola orientava verso altri piani di
coscienza, nella regione inaccessibile ai più, chiamata Estasi.
Lasciò, oltre alla sua musica, alcune pagine di
meditazioni filosofiche, estremamente interessanti. In esse si scorge una mente
speculativa molto meno presa da fumi teologici di quel che sembra. Segno che il
genio è sempre libero, in fondo, da condizionamenti.
Scriabin auspicava l’unione completa tra arte e
filosofia. In lui si trovano echi di Nietzsche, di Schopenhauer ma trattati con
il respiro del dilettante di genio.
Sono gioco, sono libertà, sono vita,
sono sogno, sono fatica, sono sentimento.
Sono il mondo. Sono insana passione,
sono fuga frenetica, sono desiderio, sono luce. Sonoascesa creativa che accarezza
teneramente, che cattura, che brucia, distruggendo.
Resuscitando io sono torrenti furiosi
di sentimenti sconosciuti, sono il confine, sono la sommità,sono niente.
Voi, abissi del passato nati dai
raggi dei miei ricordi, e voi, vette del futuro e creazioni dei miei sogni! Voi non siete voi.
Io sono Dio!
Sono niente, sono gioco, sono
libertà, sono vita.
Io sono il confine, sono la vetta.
Io sono Dio!
Io sono la fioritura, sono la
beatitudine, sono la passione che tutto consuma, che tutto pervade.
Sono il fuoco che avvolge l'universo e lo riduce al caos.
Sono il gioco cieco delle forze
scatenate.
Sono creazione dormiente. Intelletto
a riposo.”
La cosa più bella e sconvolgente di questo universo
è che possano esistere, nella stessa dimensione spazio temporale di una piccola
vita umana, persone come Scriabin, il mistico e Schubert, il piccolo viandante: figure assolutamente
antitetiche e entrambe umanamente divine.