Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

giovedì 29 settembre 2011

Un artista originale ...


Un artista originale non può copiare. Egli non ha dunque che da copiare per essere originale.

                                                                Jean Cocteau

martedì 27 settembre 2011

Comizi d'Odio

Santoro, Travaglio e Ruotolo nell'espletamento della loro funzione pubblica

C'è stata, in una certa epoca, una osmosi, tra il mondo della cultura e la TV. Io ho una certa età, e posso dirlo.
Non che tutto fosse bello, anzi. Il dramma della TV è nato con essa.
In buona sostanza, però, una certa parte di TV tentava di occuparsi della educazione delle masse ... Le pepite d'oro erano mescolate in parti quasi uguali al resto ... chi voleva poteva attingerne a piene mani ... per gli altri, a scelta, Mike Bongiorno.
Succedeva quando esistevano ancora gli intellettuali e contavano qualcosa ... egemonia della sinistra, direte voi ... certo, ma pur sempre egemonia di molta qualità ...
Poi, qualcuno, là in alto (spesso sempre a sinistra: il processo in Italia, è cominciato ben prima di B.),  ha pensato bene di svecchiare il tutto...Basta polpettoni ... la ggente vogliono divertirsi ... perciò! Basta slogamenti di mandibole!
I motivi sono tanti e sono stati sviscerati a destra e a manca, non mi ci metto pure io ...
Il business ha semplicemente preso il sopravvento e, con esso, l'influenza della cultura nella società è diventata pressoché nulla.
Da allora si è mirato sempre in basso e il suolo si è riempito di buchi.
E' iniziata (e non è ancora finita) la lunga stagione dell'odio degli autori dei palinsesti, nei confronti del poppolo.
Sì, perché bisogna odiarlo, il poppolo, per desiderare di ridurne il cervello a dimensioni sempre più piccole ...
Bisogna tenere l'uomo in conto di zero per avere in progetto la totale diseducazione delle masse ...
Ci vuole un fortissimo desiderio di controllo per imbrigliare, imbrogliare, sedurre, inebetire, distrarre, spezzare la coscienza, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno, fino a rendere l'uomo medio incapace di concepire la più piccola idea di una società più giusta ...
Qui sta il punto.
Una società migliore, più giusta, più equa ... da quando non si parla più di trasformare la società?
Dalle TV del mondo è sparito il più piccolo accenno a un obbiettivo del genere. Figuriamoci dalla TV italiana.
La società non si trasforma. Per i bisognosi di trascendenza la religione è tornata in gran spolvero e i suoi protagonisti, pedofili a parte, sono eroi ... Impossibilitati al cambiamento, cerchiamo santi in paradiso.
La TV si è fatta inevitabilmente portavoce di un potere immutabile, che governa un mondo perennemente in crisi e però con l'obiettivo di una crescita (economica, naturalmente) infinita e indefinita ...
Il potere ha sempre odiato gli uomini ...
Soltanto adesso, però, questo odio è assoluto, definitivo, senza altra possibilità di riscatto che l'acquisita maggiore capacità di consumo ... pura illusione.
La censura delle idee non è mai stata così forte, in nessun altra epoca, neanche durante il fascismo.
Non è necessario il confino, basta l'oblio. Definitivo. Dagli schermi.
La TV è potere allo stato puro. E ci odia.
Ci considera bestie da tenere a bada con stuzzichini continui.
Ricordate. Loro ci odiano.
Non è semplice disprezzo. E' odio.
Il disprezzo potrebbe tramutarsi, prima o poi in indifferenza.
No, il potere non può ancora essere indifferente: ci odia, perché non può ancora fare a meno di noi.
Ha ancora bisogno di essere ancora votato, ha bisogno di sudditi per essere servito, ha bisogno di scherani per combattere tutte le sporche guerricciole intorno al mondo.
Ha bisogno di qualcuno che paghi TUTTE le tasse.
Il potere non può ancora sbarazzarsi di noi. Rosica, per questo.
Aumenta il suo odio per il poppolo.
Sa che senza di noi, sarebbe fatalmente destinato al cannibalismo.
E lui vuole continuare a mangiare all'infinito, mica essere mangiato...
Ma ci sta lavorando ... non dubitate ... prima o poi diverrà perfettamente autoreferenziale ... quando sconfiggerà la morte ... ci stanno provando ... lo dicono ... negano e affermano ...
Creeranno la sfera perfetta, nulla uscirà o entrerà ... la sfera di Pascal ...
Per adesso c'è ancora la TV: non più lo specchio, magari un po' appannato del mondo, ma il latrato d'odio costante che il potere riserva alle masse.
Noi serviamo solo per fare share ...
Ricordatevelo bene. Esistiamo solo per fare share.
E per pagare le TASSE. E per accudirli e servirli e riverirli.
E sperare in un cantuccio dove ci lascino fare i nostri bisognini ...
Non fidatevi quando dicono che vogliono informarvi ...
Non esiste più l'informazione, è partita dopo la seconda guerra mondiale ... ha agonizzato fino agli anni 70.
No, sono solo poteri  in guerra che usano il loro odio reciproco per nascondere l'odio più grande che nutrono per noi ...
Non ha importanza chi vince ... è un gioco senza avversari ... l'unico avversario vero siamo noi, già sconfitti in partenza ...
Il loro più profondo desiderio è lo share assoluto, vorrebbero avere come spettatore Dio, meglio ancora, essere Dio stesso che imbastisce lo spettacolo del mondo e si rimira per l'eternità, dai capelli fino a dentro il buco del culo, giù nel profondo ...
Noi li ostacoliamo, in fondo ...
Non chiameteli Comizi d'Amore ...

lunedì 26 settembre 2011

Feroce eterno


Sapevo tutto, ora non so niente, niente c’era da sapere, quaggiù, tutto così, quaggiù, niente devo, niente voglio, niente io, impara la lezione, imparala da solo, sei al buio, il buio ambivalente della mente che è tutto e niente e tu galleggi al centro esatto della sincerità, sincerità, senza sincerità non c’è liberazione, sei al buio, solo al buio, buio che nasconde, buio che rivela, piccola mente, piccolo cuore, non arrendersi, non combattere, non muoversi, invece arrendersi, combattere, muoversi, la negazione sembra creare strane eternità, movimento immobile, paura audace, non ti muovere, muoviti, ora è adesso, ieri è adesso, oggi è adesso, ci fosse una direzione da prendere, non una, mille direzioni da prendere, ma neanche questo è vero, non ci sono mille direzioni, non c’è questo e quello, niente è questo, niente è quello, si appannano le cose, tutte le cose, e non c’è io, non c’è tu, solo maschere applicate in faccia a una speranza che non c’è, siamo come cani, ecco come siamo, cani al buio soli, accucciati al buio, soli, niente speranza, speranza mai, speranza a nessuno, non esiste più speranza, nessuno vuole speranza, quaggiù, lo scoglio è troppo alto da passare, troppo appuntito per sedersi, troppo incredibile per credersi, lo scoglio è la favola che raccontano ai bambini, da bambini siamo ovunque, crescendo siamo in un posto solo, quasi sempre quello sbagliato, lo scoglio è troppo alto, troppo appuntito, ci si muore su questo scoglio, scoglio volatile, aria pesante di scoglio, aria di miliardi di respiri e non un solo respiro sincero, non un solo respiro al buio, niente buio, non si accetta il buio, aboliamo il buio,  che ci sia solo luce, la luce sia, la luce è, ma quanto buio fa questa luce, un buio luminoso e terribile, è terribile stare in questa luce, aboliamo dunque la luce, aboliamo anche il buio, aboliamo il pensiero logico, aboliamo la fantasia, aboliamo la realtà, ecco fatto, realtà e buio e luce aboliti, radicalmente, radicale radice eterna delle maschere del pensiero, una volta sapevo queste cose, era facile allora, ora è difficile, difficile sapere, difficile dopo che tutto è stato abolito, abolita l’abolizione, abolita la vita, la virtù, rimane il cosmo, foglie secche di cosmo nella mente e allora va abolita anche la mente e tocca correre, via, si corre nudi incontro all’impossibile, un ardente impossibile, una feroce eternità di violenta, gioiosa rapina, affondo, affondo, affondo i denti nella gola della verità, il sangue scorre, nella bocca, bocca piena di felicità, e mordo, mordo, mordo, mordo, mordo, nel centro esatto della sincerità, ficcato dentro la sincerità, crocifisso dentro la luce, angelo dalle ali strappate, che precipita urlante orgasmi candidi e incandescenti in fondo al cesso odorante dell’universo in milioni di gocce bianche, sperma d’angelo contenente il mondo.

sabato 24 settembre 2011

Elegia canaglia


Un tempo fui
collegato telefonicamente,
con il gran mare dell’essere
Ora il servizio è scadente
la linea intermittente
mi occupo soltanto di detriti -
non è così male, a pensarci
ma so che, da qualche parte,
a me invisibili,
cavalli selvaggi in fuga
corrono sopra verdi
pianure magnifiche 
neri e perfetti
Nulla li può fermare

giovedì 22 settembre 2011

Il buco nella rete


Ho eliminato l'ultimo post su Terry de Nicolò.
Era inutile.
Non c'è bisogno di aggiungere le mie idiozie a quelle che già imperversano su blog più "seri".
E poi, ogni volta che scrivevo "Terry" subito dopo mi veniva da aggiungere "Schiavo": il cognome della poveretta (antesignana della Englaro) in stato di coma irreversibile. Il "galantuomo" Ferrara già all'epoca accusava lo staff medico di volere assassinare questa donna per sete.
Roba già vecchia.
Ma l'assonanza dei due nomi mi frullava in testa e chissà perché non mi lasciava in pace.
E dunque alla Terry dalle labbra rifatte e dalla parlantina sincera, si sovrapponeva l'immagine del povero volto, apparentemente sorridente, ma in realtà ormai soltanto un involucro di quello che una volta era un essere umano cosciente.
Chissà perché.
Forse perché entrambe le donne, seppure in modi diversi, mi suscitano compassione.
Entrambe sono inchiodate in un ruolo, anche se quella con le labbra rifatte ha ancora una minima possibilità di scelta.

Si cercano tante stronzate, ma non si cercano mai le parole "giuste" per capire una vita, una qualunque vita di una qualunque persona che incontriamo dal vero o anche vediamo in TV.
Dietro quelle labbra rifatte c'è un essere umano.
Le sue motivazioni possono essere aberranti, ma in quanto motivazioni umane, mi interessano. Cioè, mi interessa capire quali moventi reali ispirano l'agire umano.
Ci si nasconde sempre dietro la corazza dei ruoli, delle interpretazioni, degli schemi mentali, delle ideologie politiche, della convenienza o in-convenienza, della propria o altrui cul-tura.
Basta sfogliare un qualunque thread su NI (ma non solo), per capire che ognuno parla da dentro un abisso individuale, dal quale manda solo segnali di fumo.
La sostanza è sempre un'altra. E non viene mai percepita.
In rete ci si parla seduti intorno a un buco.
Ogni tanto qualcuno ci casca dentro.
Questo buco è la non-esistenza reale: fantasmi che parlano a fantasmi, di cose che non esistono.
Se la letteratura è menzogna (Manganelli poteva permettersi di dirlo), anche la rete è menzogna: come la TV, che però non ha la pretesa di essere interattiva.
Si usa la rete per gridare: la propria esistenza ignorata, i propri fanatismi, il proprio narcisismo imbellettato alla meglio.
E meno male che c'è la rete.
Eppure, non la si usa mai per guardare l'abisso individuale.
Anche virtualmente ci confermiamo sempre negli stessi ruoli e negli stessi giochini di potere, gli stessi io-la-so-lunga, dico-e-non-dico, il-punto-è-ben-altro, e così via.
Si parla di Terry de Nicolò (o di Terry Schiavo, o di altro ancora) e quello che viene fuori è il solito polverone: destra-sinistra, Berlusconi, il ruolo femminile, è sempre-stato-così, è sempre-stato-cosà, ecc, ecc, ecc.
Il succo della sostanza invece è: cosa mi (ci) (vi) rode in questa, come in altre faccende?
Dietro i nickname o i nomi propri qual è l'umanità che pulsa?
Io voglio vedere le facce, o l'equivalente telematico.
Voglio vedere dove fa male, oppure fa godere.
Non mi interessano le conventicole, le dotte disquisizioni, le glosse a margine. Mi interessa, come avrebbe detto Céline, che si metta la pelle (o le palle) sul tavolo.
Chi la mette la pelle sul tavolo?
Il resto sono stronzate.
Dovremmo tacere, tutti quanti, e imbracciare, piuttosto, dei mitra.
E poi assaltare la fortezza dell'idiozia universale.
Se proprio si è contro la violenza, ci si può accontentare di fanculizzare il non essenziale.
E' già qualcosa.

PS. Da adesso in poi, è caccia all'essenziale. Rischio di non scrivere più, mica solo una parola... nemmeno un misero avverbio.
Non sarebbe una gran perdita per nessuno.
Ma se dovessi riuscire...
da qui, d'ora in poi, uscirà solo roba essenziale.

lunedì 19 settembre 2011

Regno e Realtà III


Mi guardo bene dal fare un panegirico dei bei tempi andati. Anzi, è l’esatto contrario.
Bisogna essere chiari su questo punto.
Non ci sono rimpianti del tempo che fu.
Ei fu, siccome immobile, dato il mortal sospiro. Punto. Adesso bisogna seppellirli. Tutti quanti. Calvino, Pasolini (due esempi su decine) e compagnia cantando. Non ignorarli, non disprezzarli, ma mangiarli, espellerli, ritenere in noi quello che serve al nutrimento.
E guardarci intorno.
Sfogliarli, sì, studiarli, farsi folgorare dalla vita che ancora emanano (se la emanano), farsi folgorare anche dalla morte che essi emanano e riprendere il nostro cammino. Dovremmo rifiutarci di essere epigoni. Equivarrebbe ad accettare il verdetto tombale sulla nostra epoca.
È duro morire senza essere vissuti.
Calvino, Pasolini, Sciascia, non hanno le risposte che ci servono. Non le hanno più. Forse non le hanno mai avute. O se le avessero, se non fossero così fottutamente morti e le avessero veramente, qui e ora, probabilmente non ci piacerebbero.
Perché noi viviamo ormai da decenni sul loro nulla.
E loro sono vecchi. Sono andati. Sono solo dei video su Youtube da commentare con “magnifico!” “genio” “ci manchi” “persone così non ci sono più” “adesso tutto è merda”, ecc. ecc.
I loro libri li leggono (meglio, li hanno letti) i/le bravi/e ragazzi/e acculturati di sinistra.
Servono solo, di solito, come viatico per certificare la giustezza di qualche opinione.

Bisogna rimettere a posto il XX secolo, facendo un lavoro difficile e doloroso di decostruzione e ricostruzione.
Tritare le ideologie, la destra, la sinistra, il fascismo, l’antifascismo, il comunismo, l’anticomunismo.
Non è facile, lo so.
Ci siamo campati tutti su queste presunte categorie dello spirito. È difficile ammetterne il totale e improcrastinabile fallimento.
È difficile ammettere che l’ideologia è il travestimento dell’avidità e della volontà di potenza.
Dietro l’ideologia, c’è lo stomaco. È difficile altresì sopportare che questa semplice evidenza, l’aveva detta per primo un ometto pazzo con grossi baffoni, circa 130 anni fa.
E ancora non ci entra in testa.
Da allora lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo non è cessato, si è solo modificato.
In arte, l’uso della propaganda non è cessato, si è solo modificato.
Forse è ancora troppo presto per archiviare il XX secolo, ma esattamente cento anni fa, nel 1911, gli artisti stavano già assestando calcioni definitivi al XIX secolo.
Stravinskij e Ravel in musica, Picasso e Boccioni, in pittura, Marinetti e Majakovskij in letteratura (sono solo alcuni esempi), stavano facendo allegramente fuori i nonni.
Noi non riusciamo ad accoppare nemmeno gli zii.
Siamo troppo dipendenti dalle opinioni commerciali.
Ci siamo nati con la pubblicità, noialtri, squagliata nel biberon.
Ci hanno allevato a credere pedissequemente alle opinioni accreditate, politiche, modaiole, artistiche, culturali.
E ci crediamo anche quando crediamo di non crederci.
Noi non siamo in grado di far fuori padri e madri.
Tendiamo a preservare le stirpi.
Il corporativismo è intrinseco al nostro codice genetico.
Qui c’è gente che vorrebbe essere stipendiata solo perché si qualifica come scrittore professionista, perché ogni tanto pubblica qualcosa. È l’equivalente dell’Unione Scrittori dei tempi di Stalin, satireggiata magistralmente da Bulgakov.
E qualcuno vorrebbe qualcosa del genere.
Pazzesco.

Lo scrittore lavori: lavapiatti, cameriere, ingegnere, fattorino, giornalista. Poco importa.
Lavori. Allora, se ce la farà a cavar fuori tempo dal tran tran quotidiano, scriverà, paradossalmente, meglio.

Far fuori padri, madri, nonni e nonne è il compito, umano e artistico del nostro tempo.
Far fuori anche Freud, che per primo ha rielaborato il vecchio mito di Edipo.
Far fuori i partiti politici, i gruppi, le conventicole, le Unioni Scrittori.
Far fuori la critica ideologica, destinata per sua stessa natura a essere sempre ipocrita.
Una volta assemblato il pacchettino con su scritto “XX secolo”, dobbiamo archiviarlo e passare oltre. 
Il XXI secolo sarà una grande epoca di disintossicazione, o non sarà.
Prima cominciamo meglio è. Altrimenti saremo costretti a lavorare e mangiare solo detriti per sempre.

Non è una smania altrettanto ideologica di fuga dal passato: è solo la presa di coscienza che siamo soli.
Il passato è, per molti, moltissimi aspetti, meraviglioso.
Il fatto però è che ora, qui, ci siamo solo noi.
Il resto sono fantasmi.
Dov’è la risposta del nostro tempo alle eterne questioni?
Dov’è la letteratura dei nostri giorni dove Regno e Realtà, Norma e Esistenza si incontrano?
Non lo so. Comincia un lungo e difficile viaggio per scoprirlo.
Può darsi che sia un fallimento, anzi, è probabile.
Ma si dice che il compito principale di un artista è fallire.
Fa molto figo dire una frase del genere, però una triste caratteristica di molti luoghi comuni è quella di essere veri. È per questo che si aborriscono, come tutto ciò che appena appena abbia l’odore della verità.
Tutto fallisce e finisce nel cesso. La pretesa di perfezione sfocia quasi sempre nel realismo socialista.

È dunque inutile parlare di responsabilità dell’autore.
La responsabilità di un autore non va oltre quella di un comune cittadino: pagare le tasse, essere relativamente onesto, capire chi ci sta fregando, fare, certo, le battaglie politiche che ritiene giuste. Oltre questo non c’è nulla.

Ogni nostra pretesa inciampa sempre nel ridicolo della morte: quanta poesia c’è in questo.
L’arte è consolazione, o non è arte. Altrimenti vanno bene i pamphlet, non c’è problema.
Ma l’arte non è obbligatoria, e non può mai essere ideologica. Non può essere nemmeno legata alla sua diffusione.
Può giacere in un casetto per decenni, in una soffitta per secoli, in una tomba per millenni. Può essere dimenticata, anzi, lo sarà, fatalmente.
L’arte trae origine dal pensiero magico. Condivide le stesse radici della religione.
È scritta sul’acqua, sulla sabbia, sul nostro “corpo” mortale.
Che importa di Berlusconi? Berlusconi, sparirà, come tutti. Chiediamoci cosa sparirà con lui, e cosa rimarrà nel 2030, nel 2040, nel 2050.
Quello che rimarrà, se rimarrà qualcosa, sarà la cultura del nostro tempo.

Si può, anzi, si deve, attingere da quegli scrittori e artisti del passato (e non sono pochi) che hanno resistito alla comunella con le ideologie. Artisti che possono insegnare qualcosa. Artisti che, soli, hanno intrapreso il cammino per diventare sé stessi con il massimo sforzo prima di crepare, come ha scritto uno di essi, uno dei più grandi del Secolo Breve.
Lui era uno che non ha avuto paura di passare per pazzo, fascista, antisemita, filonazista, che non ha avuto paura di dire che la merda è merda e di spiegare anche la sua versione del perché la merda è merda.
Non sono un Céline-addicted (sembra essere questo uno degli ultimi apprezzamenti da rivolgere ai non facenti capo a nulla: i nullacapofacenti) e quando dico attingere non intendo dire imitare, naturalmente. Vuol dire capire che devi cercare la tua propria specifica miseria e santità, quella che è tua e di nessun altro, il tuo proprio personale, santissimo fallimento.
Come scriveva Beckett, lasciandosi alle spalle il romanzo di Flaubert, di Proust, ma anche soprattutto quello di Joyce: fallire ancora, fallire meglio.
Aggiungo io: fallire in modo personale. Solo così il fallimento non diventa miseria.
 E ricordarsi di farsi una risata ogni tanto. Sono solo trastulli.

venerdì 16 settembre 2011

Regno e Realtà II

Noto esponente TQ un po' attempato intento a lavorare sul linguaggio


Il romanzo è stato sempre il prodotto borghese par excellence.
Sparita la borghesia, o meglio, diluita in una popolazione di consumatori che si distnguono gli uni dagli altri soltanto per le possibilità di consumo, il romanzo cessa la sua funzione di prodotto borghese.
Dovremmo chiederci: in cosa si è trasformato il romanzo borghese?
In qualcosa da cui, se possibile, ricavarci un film. Se non è possibile, bisogna ricavarci un pezzo teatrale. Se non è possibile neanche questo, rimane un prodotto di consumo altamente deperibile.
Chi è il destinatario del romanzo artistico del 2000 e rotti?
Un consumatore, volente o nolente. Una minoranza che si presume colta e che non farà mai la differenza. O la farà per deposito di incrostazioni storiche.

Se chi scriveva nel XX secolo aveva vissuto la guerra, i blocchi contrapposti, i flussi e riflussi delle avanguardie, chi scrive nel XXI secolo ha vissuto solo il Consumo di immagini, concetti e guerre televisive. Non a caso si mette in tutte le salse la parola “corpo”: è tale il disincarnarsi della vita, che solo la descrizione di una scopata etero o omosessuale, di una colica intestinale o di un’alito cattivo, possono dare una parvenza di vita a identità esili e sfinite. “Corpo” è, non a caso, la parola più usata dagli acculturati, insieme a “lavoro sul linguaggio”.  Il “corpo” è l’unica “idea” che gente disincarnata può avere della verità.

L’arte è una forma suprema di nostalgia. È una vecchia idea romantica, certo, ma nasceva dal corpo (nel vero senso della parola) e dal sangue di chi scriveva, sia pure da un punto di vista politico (es. Pasolini) che da un punto di vista fantastico (es. Buzzati).
Oggi rimane solo l’opinione. E con le opinioni non fai arte. Fai solo prodotti da distribuire nei differenti mercati. Meloni postcapitalisti. Albicocche postmoderne. Pasta fresca alle rivoluzioni colorate. Pomodori laici. Dall’altra parte della barricata, filoni di pane revanscisti, mortadella cattofascista, olio d’oliva revisionista ecc. ecc.

Il risultato è che la produzione letteraria degli ultimi decenni è costituita di opere che illustrano la vita d’oggi dal punto di vista di un consumatore di cultura. Non è più l’interrogarsi dell’anima borghese. Niente di grave, i tempi sono cambiati, non si può pretendere. Ma un consumatore di cultura, può avere un’anima? Intendiamoci, magari alcune di queste opere sono frutto di una grande intelligenza analitica.
Si vuole maggiore consapevolezza della scrittura, maggiore consapevolezza del lettore, maggiore rigore e la messa al bando, per quanto possibile, dell’ironia, perché essa tende ad appiattire il discorso su un livello basso.
Si ottiene così una intelligenza critica talmente acuminata, da non fare più passare niente al vaglio di un esame approfondito. 

Esaminando meglio la questione, tutto questo movimento dialettico mi sembra un sistema per cadere sempre in piedi, qualunque cosa si faccia. E dove sta la responsabilità dell’autore, in questo? Si vuole ironia, poi assenza della stessa, intelligenza analitica, ma subito dopo la denuncia della presenza di troppa intelligenza…  Si tira in ballo addirittura la responsabilità del lettore.
Suvvia, basta. Credo che, fondamentalmente, ci si prenda un po’ troppo sul serio. Dopotutto, siamo, nella migliore delle ipotesi, consumatori di cultura.
E dunque non serve rimanere legati alla figura prettamente italiana del poeta-vate e dell’intellettuale organico, senza peraltro fornire alcuna idea originale del mondo.
Non c’è bisogno di tutto questo. Signori e signore, potete slacciare le cinture.
Nessuno ha un’idea originale del mondo. Nessuno sa cosa fare. Partiamo da qui. Altrimenti non ci possono essere in giro che opere che “lavorano sul linguaggio”. E chi “lavora sul linguaggio” vuole sempre essere preso sul serio, altro che.
Ragazzi, dice chi lavora sul linguaggio, questa roba che ho fatto dice la mia casa editrice che è molto figa e anche i miei amici dicono che è molto figa.
Sapete, l’ho ottenuta lavorando sul linguaggio.
 
Vien voglia di scapparsene in Islanda come Bobby Fischer.
Vien voglia di leggere e scrivere solo saggi su argomenti bizzarri.
Vien voglia di guardare documentari sulla natura con quel biondo pazzo che maneggia serpenti e mangia piante.
La letteratura, dopo tutto, non è nient’altro che un trastullo. Un serissimo trastullo. Come la vita di Tristram Shandy. Non dimentichiamocene mai. La letteratura (l’arte) è una fuga dalla morte. Bella frase. Peccato che sia vera. Ma per fuggire dalla morte bisogna essere vivi. Questo bisogna cercare: la vita, qualunque cosa sia. E ci sono mille risposte possibili a quest’unica domanda.

mercoledì 14 settembre 2011

Regno e Realtà I

Sguardo critico dell'artista impegnato

Con le posizioni ideologiche non fai letteratura. Neanche la pastasciutta, ci fai.
In generale, con le posizioni ideologiche puoi farci molto poco. Oppure tanto, se si tratta di procurarsi un lavoro.
Intendiamoci, non ho nulla contro il mestiere, anzi, il mestiere è una gran cosa, il mestiere è tutto, è la capacità di cavalcare il flusso emotivo creando strutture intellegibili e il più possibile belle.
No, non è il mestiere, il problema.
È una certa burocratizzazione dell’ispirazione, per cui si utilizza il quotidiano o la storia recente, come prendendo gli avvenimenti da uno scaffale e piazzandoli su un tavolo in bell’ordine, sperando di risultare artistici.
Si cerca di essere interessanti e di“lavorare sul linguaggio”, senza una vera partecipazione vitale. Cioè, la partecipazione l’autore ce la mette sicuramente, non ne dubito, ma io proprio non riesco a percepirla come “viva”.
È come se molti si illudessero di parlare del proprio tempo di vita mortale. E parlassero invece delle proprie abitudini di consumo o delle proprie opinioni politiche. Forse ormai le due cose coincidono.

Ma non sarebbe nemmeno quello il punto.
Il punto è una non necessità di fondo, una mancanza di urgenza in quello che viene prodotto, la quale, dove c’è il professionismo, non è evidentemente indispensabile, né la si pretende. Però si fa finta che ci sia.
Ogni nuovo testo uscito mi sembra l’equivalente esatto, su scala intellettuale, delle canzonette che vengono proposte dai cantanti a getto continuo anno dopo anno, e che hanno in sé un indiscutibile contenuto di alto professionismo musicale e vocale, nonostante la banalità della struttura e della melodia.
Come ogni canzone nuova è un inno al suo autoproclamarsi prodotto, così ogni nuovo libro è un inno al suo autoproclamarsi Promessa Di Qualcosa Che Ha A Che Fare Con La Letteratura.
Le canzonette manifestano ogni volta di avere la pretesa di non avere pretese, pur avendole.
La produzione letteraria attuale (quella che si vuole di un certo rilievo) è identica e contraria allo stesso tempo al regime delle canzonette.
Manifesta tutte le pretese.
È un prodotto che vorrebbe essere più di quello che è, ma che ricade infallibilmente nello schema mercantile clientelare.
È l’immaginetta di qualcosa che si pretenda turbi il sonno leggero dei borghesi e non turba più nemmeno il sonno degli addetti stampa.
Manca di sangue, perché manca di verità umana, che non è la stessa cosa del realismo.
In sostanza nessuno sa cos’è, la verità umana, ma se manca, si capisce benissimo.
Nessuno sa mai esattamente di cosa sta parlando, ma ne parla.
La vita contraddice quotidianamente Wittgenstein.
L’equivoco di fondo è la pretesa che la letteratura debba fare denuncia del presente.
Debba essere impegnata. Debba incidere sulla coscienza. Ogni qualvolta la letteratura è riuscita a tanto, lo ha fatto sempre e solo incidentalmente.
La letteratura diviene menzogna, parafrasando Manganelli, quando è costretta ad essere lì dove è il pensiero. E invece, come sosteneva Lacan, noi siamo solo dove non pensiamo.

Tutto ciò suona un po’ confuso? Contraddittorio? Solo in apparenza.

A chi si rivolge la produzione letteraria attuale che si pretende di un certo rilievo intellettuale?
Il loro fruitore è  l’acculturato di sinistra, quello che vuole la redenzione del suo stato di privilegiato in un mondo dove c’è veramente gente che tira la carretta senza speranze.
Lo spettatore della Dandini e di Fazio, per intenderci, ne è l’esemplare più evidente. A seguito vanno gli addetti delle case editrici, più o meno precari, gli insegnanti, più o meno precari, i figli della media o buona borghesia, i pochi figli di proletari riscattatisi, quelli che per protesta non guardano la televisione, i lettori della Repubblica o del Manifesto, il popolo delle manifestazioni culturali.
La categoria morale degli acculturati di sinistra è il vittimismo moralistico.
Sono quelli che passano anni interi a chiedersi perhé la sinistra perde sempre le elezioni.  Il mondo non capisce. La realtà è rovesciata. Debord e bla bla bla, anzi no, non Debord, meglio Baudrillard e Chomsky. I simulacri, e il mercato equo solidale e sostenibile e io faccio sempre la spesa in quel mercatino tanto carino e la mia filippina la pago 9 euro l’ora, mica come certi rabbini del PDL. I palestinesi hanno i loro diritti, certo, ma Hamas è una organizzazione criminale e l’Iran è un paese arretrato e fanatico. La satira deve essere difesa. La magistratura deve essere difesa. La libertà di stampa deve essere difesa.
Gli operai, Gesù mio, non arrivano al 15 del mese. Però, cazzo, non si trova un buco a Ischia per la fine di luglio!

L’inevitabile comunismo futuro, quello vero, quando sarà e se sarà, avverrà nonostante questa gente e oltre questa gente.

La pretesa di protestare contro l’esistente, mostrandone le brutture da un punto di vista superiore, maschera la falsa coscienza di esserne invece fottutamente complici.
Questa ipocrisia di fondo non può che produrre opere che girano intorno a due ideuzze, che hanno la pretesa di “lavorare sul linguaggio” , un’espressione, questa, che a conti fatti, non significa un beato cazzo. Oppure si sviluppano pretese massimaliste che, sempre “lavorando sul linguaggio”, operano uno “sfondamento” e una “inversione dei parametri” ed è tutto un proliferare di non-romanzi, quasi-romanzi, romanzi-monstre.

Ci sono stati in Italia anche alcuni recenti tentativi risibili di fare prodotti letterari per gente acculturata di destra (categoria che bisognerebbe esplorare meglio: il riferimento a suo tempo sono stati autori come Berto, ma anche certo Buzzati):  un esempio su tutti, e neanche il più significativo, è Buttafuoco. I risultati, lusinghieri nelle vendite, sono stati modesti nella ricezione dell’opinione critica.
A questo ha contribuito la non eccelsa scrittura del Nostro e la preponderanza della critica di sinistra.
E non poteva essere diversamente. La destra, dove non raggiunge il furore iconoclasta di un Céline o la smania di lucidità di un Cioran,  diventa berlusconiana-finiana e non può far conto che su un certo sentimento revisionista che porta a smascherare la cattiveria nell’avversario di sempre, in senso antiutopista e pseudoliberale.
Le foibe, Porzus, Katyn, lo sbarco in Sicilia,  tutto si riassume in un Avete visto che siete stronzi anche voi comunisti? Poca cosa rispetto al bagaglio storico di denuncia incontrastabile della sinistra. L’eroe di turno dell’acculturato di destra è quello che non si lascia abbindolare dalle ideologie egualitarie. Nella migliore delle ipotesi, corrisponde al lettore del Giornale, uomo della realpolitik quanto altri mai; nella peggiore a qualche frustrato neonazista di Casa Pound: certo, è più visceralmente anticapitalista quest’ultimo che il Bertinotti nazionale. Infatti qui tratto di destra parlamentare, detta anche destra televisiva.
La categoria morale degli acculturati di destra è il fastidio.
La fastidiosa questione degli immigrati.
La fastidiosa questione dei lavoratori.
La fastidiosa questione della giustizia.
La fastidiosa questione delle pensioni.
Il fastidio che ci sia qualcuno che pretenda di vedere le cose diversamente o, peggio, pretenda soluzioni che implicano un ridimensionamento dello status quo: cioè, cristo, della mia Pagnotta!

Come ha magistralmente affermato Gilad Atzmon, la destra vincerà sempre.
Ma anche la sinistra vincerà sempre.
Questo accade perché la destra è esistenzialista (“Cosa è l’uomo? L’uomo è questo!”) e la sinistra normativa (“Come dovrebbe essere l’uomo? Così dovrebbe essere!”).
Entrambe le visioni del mondo sono complementari. Nessuna può esistere senza l’altra, poiché la politica è essenzialmente psicologia. È il diagramma delle forze emancipatorie/colonialiste che si scatenano nelle nostre povere menti.
Destra e sinistra si sono fatte completamente fottere dalla Promessa del Regno a venire, che però si è rivelata solo felicità del Consumo, a scapito della tragicommedia dell’esistenza.
Era inevitabile, perché una certa felicità del Consumo, esiste veramente.

Coltivare la propria umanità, dalla quale solamente può scaturire qualcosa di significativo, significa lasciare seccare la nostra inumanità al sole della Realtà.
Se si lascia andare l’aspetto normativo a scapito di quello esistenziale, o viceversa, il risultato è l’inumano.
Se si cerca il Regno a venire, si trascura la Realtà.
Il risultato è, ancora, l’inumano. Siamo in trappola. La letteratura è il topo che fa scattare la trappola, rimanendoci con la testa impigliata dentro. Stecchito.
Letteratura vera è incrocio tra Realtà e Regno, Esistenza e Norma. È destra e sinistra, insieme, o nessuna delle due.

martedì 13 settembre 2011

Contro e basta



Impossibilità, man mano che si invecchia, di rileggere, di ristudiare, di impiegare il tempo sempre più breve in cose impegnative. Follia di consumare quanto resta della sabbia nella clessidra a ricordare, valutare, classificare e a non vivere.
L’aumento sconsiderato degli stimoli audio-visivo-intellettuali in quest’epoca fa parte del progetto sistematico di sterminio dell’individuo che, nel tentativo di acchiappare al volo tutto, manca all’appuntamento con sé stesso.
Non c’è niente che uccida di più il processo creativo, che un eccesso di stimoli. Le ossessioni radicate, così profondamente necessarie per fare qualunque cosa, vengono soffocate dal rumore infernale del mondo.
Troppe verità sul tappeto, distolgono da sé stessi, l’unico vero tramite tra la realtà fisica e quella psichica. Non è individualismo, è semplice bisogno di respirare.
Un Lutero che usufruisse di Internet attirerebbe un nugolo di commentatori idioti, che lo distoglierebbe dalla propria missione.
L’esercizio di dare la propria opinione su tutto, squalifica argomenti e opinioni e allontana sempre di più da azioni risolutive.
Nel mondo d’oggi è in vigore la più mostruosa illusione di eternità, attraverso lo scintillio dell’opinione democratica.
Si deve avere il tempo di farsi una opinione su tutto, ma il fatto è che il tempo non c’è.
Quello che resta viene risucchiato dall’onnipresenza dell’intrattenimento. E noi si continua a succhiare la tetta del divertimento che non c’è.
Non c’è nulla di più criminale dell’intrattenimento.
La gente è indotta a privarsi spontaneamente del proprio tempo di vita mortale, in cambio di esperienze mediocri e ripetitive.
L’esperienza dell’estasi, folle, assoluta, è rimasta appannaggio di qualche alpinista e di qualche paracadutista, ed è chiamata adrenalina. Devono però avere qualche sponsor.
Altrimenti si devono accontentare di qualche pasticca in qualche discoteca.
Per vivere, oggi, bisogna essere contro, completamente e definitivamente.
Bisogna essere contro la società, contro tutto e tutti.

sabato 10 settembre 2011

Un gioiello di carnale gioia in mezzo agli astri



Gli ultimi quartetti di Beethoven sono capolavori assoluti di melodia, profondità, ricerca strutturale e suono.
La totale sordità nella quale il compositore era sprofondato negli ultimi 10-15 anni di vita, aveva come acuito il senso interiore della necessità compositiva. 
Ogni cosa ha origine da un centro e quel centro, ormai, è solo interiore.
I vincoli formali della musica sette-ottocentesca crollano,  i vincoli stessi della vita materiale diventano labili e nasce questo.
L'uomo ha vinto la forma, è diventato tutt'uno con essa.
Ogni singolo movimento del quartetto op. 132 è splendido, un pezzo di universo cosmico racchiuso in qualche centinaio di battute. 
Ma il terzo, signore e signori!
Il terzo è qualcosa di più. 
E' una Canzona (sic!) di ringraziamento di un convalescente alla Divinità per la propria guarigione.
Una preghiera laica di una bellezza indicibile, una elaborazione quasi postmoderna del profondo studio di Beethoven su Palestrina. Una esplorazione dell'infinito, la smaterializzazione delle particelle, lo sciogliersi dell'anima nelle correnti fotoniche del mondo. 
Calmo, solenne, inevitabile, assoluto: se mai quest'ultima parola possa avere un senso, con Beethoven l'acquista.
Eppure  Beethoven non è uomo unilaterale. 
In sé contiene estremi.
Nel mezzo di un tale movimento astrale, nella lenta rotazione delle galassie, appare, ripetuto due volte in forma leggermente variata, la Gioia.
La Gioia, che nella Nona appare istituzionalizzata, pomposa, faticosa, qui è Divina, leggera, una danza intorno all'Immortale amata, l'Amore, la Salute, la Carne e Gioia, Gioia. 
Lacrime dolcissime di Gioia.
Sei tornata, finalmente, per sempre restare, qui con me, per sempre. 
Tutto scondinzola di felicità, come un cane che rivede il padrone, due amanti che si ritrovano dopo anni, tutto trema alla sensazione inimitabile che ogni fatica è stata ricompensata.
Invece dopo l'esultazione, ecco, riprende la calma, solenne meditazione astrale.
Perché Beethoven ha sentito di dover ripetere due volte l'ingresso della Gioia?
Perché la rotazione incessante degli astri non si può fermare e il Destino pur sempre reclama.
E anche quest'ultimo vincolo si deve sciogliere. 
Dopo l'ultimo spegnersi dell'ultimo sussulto, l'infinito reclama.
Il viaggio dell'anima continua. 
Eppure quei due  momenti sono tutto, sono indimenticabili, valgono l'intero quartetto e forse l'intera Vita.

mercoledì 7 settembre 2011

Incontri


Vuole unirsi a me per uno sherry?
Lei crede sia il caso?
È sempre il caso di uno sherry.
Ho un problema con Zoe.
Un cane inconsueto il suo, direi.
È un chunz.
Non credo di conoscerlo.
Nemmeno io, del resto, ma è quello che è.
Un chunz.
Esatto.
Forse anche Zoe gradisce uno sherry.
Oh, lui è astemio.
Lui?
Oh, sì, Zoe è un maschietto.
Avrei detto che Zoe è un nome femminile.
Normalmente lo sarebbe, ma il nome completo del mio chunz è Zoroastro. Zoe, per gli amici.
Mi piacerebbe diventare amico di Zoe.
Beh, sembra che lei gli piaccia.
Da cosa lo deduce?
Ha aumentato la sua produzione di sebo.
Capisco.
Fa sempre così quando gli piace qualcuno.
Non stento a crederlo.
Allora, per lo sherry, forse è meglio aspettare che Zoe digerisca.
Lei dice?
Sì, in genere i chunz possono diventare pericolosi durante il processo digestivo.
Pericolosi?
Sì. Producono enzimi.
Enzimi?
Sì, enzimi pericolosi.
Capisco.
Mi perdoni, ma non credo che lei possa veramente capire. Il fatto è che sono veramente enzimi pericolosi.
Ma cosa potrebbe produrre di così pericoloso un animaletto così grazioso? Grazioso, se posso permettermi, come la sua giovane padrona.
Oh, la ringrazio. Il fatto è che nessuno lo sa, che cosa produce un chunz durante la digestione.
Ah, non lo si sa.
No, purtroppo no. Si sa solo che sono enzimi pericolosi.
Enzimi pericolosi.
Già. Possono risucchiare le cose che gli si avvicinano troppo.
Oh.
Sarebbe increscioso, capisce.
Capisco.
Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!
Cosa? Cosa?
Sta succedendo di nuovo.
Cosa? Cosa sta succedendo?
Zoe… Zoe, ti prego non adesso …
Mi scusi, signorina, ma non riesco a capire …
Lei mi deve aiutare, capisce? Mi deve aiutare!
Naturalmente, ma cosa dovrei fare?
Questo maledetto coso … questo chunz ... no, Zoe, scherzavo! Buono, dai, su, Zoe!
Ma che succede, in nome di Dio?
Lui vuole … vuole …
Cosa?
Insomma … lui … lui vuole …
Che cosa vuole, insomma?
Lui vuole accoppiarsi.
Prego?
Vuole accoppiarsi.
E come lo sa?
Il sebo. La sua produzione di sebo si sta facendo enorme.
Vedo, in effetti.
Mi dia una mano.
E come?
Si deve accoppiare con lui.
Non credo di aver capito.
Deve accoppiarsi con lui.
Mi sembra un prezzo un po’ esagerato da pagare per bere uno sherry insieme.
Ormai è troppo tardi. Quando il chunz sceglie il partner, deve accoppiarsi subito altrimenti …
Altrimenti?
Altrimenti gli enzimi pericolosi, fagocitano tutto quanto c’è nei dintorni.
Ancora gli enzimi pericolosi. Già. Beh, signorina, come dire, è stato un piacere intrattenersi qui con lei, ma credo proprio di dover andare.
Troppo tardi, sa. Zoe ha scelto il suo partner.
Ah, sì?
Sì, ed è lei.
Io?
Già, e se posso esprimermi con sincerità, per me è un sollievo. L’ultima volta ho dovuto accoppiarmi io con lui e non è stato come dire … lusinghiero per me.
Senta, ma questo cane, Zoe, cioè. Come diamine si chiama …
Il chunz.
Sì, ecco. Ma come pretende che io mi accoppi con un cane?
Ma non sono certo io che lo pretendo. È lui. Ed è pericoloso rifiutarsi …
Per via degli enzimi, certo.
Infatti.
Signorina, la saluto. Le consiglio di sbarazzarsi di questo coso, che a ben guardare, più che un cane sembra una lumaca…
E dunque niente sherry?
Signorina, niente potrebbe rendermi più lieto, ma forse dovremmo rimandare a quando magari Zoe se ne sta a casuccia sua. Ma le conviene poi, tenersi un affare del genere in casa?
Sono i chunz che ti scelgono, non tu che scegli i chunz. O non crederà mica che l’abbia comprato in un negozio?
In effetti mi chiedevo dove potrebbe aver trovato questo curioso esemplare.
È una condanna, sa.
Non stento a crederlo.
Lui mangia tutto quello che incontra sulla sua strada. Lo fagocita.
Capisco. Non c’è modo di impedirglielo?
C’è un modo solo.
E quale sarebbe?
Accoppiarsi con lui.
Beh, credo che questo non sia possibile.
E allora siamo spacciati.
Come?
Sì, se entro qualche minuto Zoe non si accoppia, lui ci divorerà entrambi.
Insomma, basta con queste stupidaggini.
Lei crede che siano stupidaggini? Io non voglio essere fagocitata. Non voglio, capisce?
Quindi o lei si accoppia con lui oppure …
Oppure?
Oppure la costringo.
Metta via quella pistola, è impazzita?
Impazzita? Mi piacerebbe che questa fosse solo una pazzia, ma è una crudele necessità.
Aiu …
Non gridi. Non faccia un gesto. Non è una sensazione gradevole avere una canna di pistola ficcata in bocca, vero? Beh, non è bello neanche essere fagocitati. Posso farla accoppiare con Zoe , anche da morto. Se lo fa da vivo, ne esce magari non pulito, ma i giorni della sua vita continueranno a scorrere. Accetta? Accetta?
Mmfhh …
Oh, mi scusi. Ecco.
Ma non capisco … perché invece di usare quella pistola contro di me, non la usa contro quell’affare bavoso? Così se ne libererebbe.
Ma crede che non ci abbia provato? Ci ho provato in tutti i modi. Pistole, coltelli, gas, schiacciamento sotto le ruote di un camion … il chunz è immortale.
Mi dica … Zoe, non è un cane, vero?
Non ho mai detto che lo fosse. Lo ha detto lei.
Questo è vero.
In ogni caso è fedele come un cane.
Ma perché io?
Perché lei è qui.
Avrebbe potuto essere una sera simpatica.
Avrebbe potuto, sì.
Farà male?
Cosa?
Beh … accoppiarsi con Zoe.
Non direi … no, non direi che fa male. È solo umiliante.
Ma dopo … dopo che succede?
Niente. Dopo lei va per la sua strada, portandosi dietro un brutto ricordo. Non sarebbe il primo del resto …
E perché?  Io ho solo bei ricordi. I brutti ricordi io … non li ricordo. Per scelta.
Allora non ricorderà neanche questo.
Ma perché si chiama Zoe?
È il diminutivo di Zoroastro, gliel’ho detto.
Ma perché Zoroastro?
Perché è manicheo. I manichei derivano da Zoroastro.
Zoroastro è … manicheo?
Sì. Per i manichei il mondo è diviso in due. Luce e tenebra. Anche per Zoe il mondo è diviso in due. Quelli da mangiare e quelli con cui accoppiarsi.
E … non confonde mai le due cose?
Mai.
E perché?
Non lo so.
Ma a lei non la mangia.
Io mi sono accoppiata con lui decine di volte.
Ma dove vuole arrivare questo animale?
Non credo che voglia arrivare a qualcosa. È così e basta. Lei dove voleva arrivare, con me?
Ma … ma … non lo so … insomma … niente di illecito, comunque.
Anche quello che fa Zoe, per lui, non è niente di illecito.
Ma non vorrà paragonare …
Io non paragono nulla.
Ma … insomma … io sono un maschio. Non è un maschio anche Zoe?
Oh, per lui è indifferente. E adesso, se permette, concludiamo la faccenda.
Non c’è possibilità …?
Non c’è.
Suppongo che bisogna dare inizio ai festini, allora.
Ammiro il suo atteggiamento positivo.
Ohhh. Ahhhha. Euu. Euu. Mmfh. Mmmffh. Mmmmmmmmmmmmmmffffhhh.
Zoe, fai schifo.
Mmmmfffhhh. Agghhrrsssshgghhhsshhshshmmmmffffggddd.
Zoe, la tua natura mi ripugna, sappilo.
Oooohhhrrrgghhhhhhmmmmffgfgfghhhoooohhhhiuiuiuiuoooooommmmmnnnff.
Zoe, mi hai rovinato l’esistenza.
Ggruunnhh. Ggrrrrrrrrrrrrrrrrrrrruuuunnhhmf. Grrruuuuuuuuuuuuuuuuuuuuooommnf.
Almeno tutto questo avesse un senso.
Gnu. Gnu. Gnu. Gnuuuuuu. Gnnuuoooorrrrrgghmgmgmgmmgmoooohhhhhhaaahhuuu.
Zoe. Idiota.
Eehf. Eefhh. Eeeehhhffffsshhhooohhh. Ohho.Oh.Oh.Oh.Oooooooooooohhhhhhhhhhhhh!
Spero che tu sia contento, adesso. Come si sente, signore?
Come? Cosa?
Ho chiesto come si sente.
Io … suppongo … ecco … suppongo di non saperlo dire. No, non è esatto. Suppongo di non volerlo dire.
Beh, lei ha detto che i cattivi ricordi sceglie di non ricordarli.
Ho detto così?
Sì.
Signorina.
Mi dica.
Io la odio. Odio lei e quel coso schifoso. Vorrei farlo a pezzi. Vorrei distruggerlo.
Ma non può. Il chunz è immortale.
Ma lei non lo è.
Ma io ho una pistola.
Dunque le cose stanno così.
Le cose stanno così.
Tutto è prevaricazione.
Tutto è prevaricazione.
Ma io sono innocente.
Lei era innocente. Nessuno è innocente. Dopo i sette anni di età.
Questa, me lo lasci dire, è una filosofia da strapazzo.
Lei è scosso. È normale.
Io non sono scosso. Io sono molto, molto arrabbiato.
E con chi?
Con chi? Con chi? Come con chi? Con lei e quell’orrendo animale. Bisogna farlo sparire, bisogna annientarlo.
Gliel’ho detto, il chunz è immortale.
Ma non può essere. Non può essere!
E invece …
Ci deve pure essere un modo per liberarsi di questa bestiaccia … e se assalisse … e se assalisse un bambino?
No. Zoe queste cose non le fa.
E come fa ad esserne sicura?
Lui predilige gli adulti.
Allora, se mangiasse un bambino?
Lui mangia e si accoppia solo con adulti.
Quanto è buono, questo chunz. Ha una sua etica.
Non è etica. È odore.
Come?
Sì, odore. Lui è attratto dall’odore della morte. Raramente i bambini hanno addosso quell’odore. È possibile, naturalmente, ma è un evento raro. Solo gli adulti hanno addosso odore di morte. Sa, l’incipiente putrefazione è prediletta dal chunz.
Insomma basta! Vada via! Vada via lei e quell’orrore.
Niente sherry, dunque? Sa, ormai da Zoe non ha nulla da temere. Una volta che ci si accoppia con lui, non si rischia più di venire mangiati … certo, è possibile, anzi è probabile, che voglia ancora, prima o poi, accoppiarsi con lei, ma ha già visto che è una cosa tutto sommato sopportabile …
Vada via! Vada via, le ho detto!
Non è per niente conciliante, lo sa?
Conciliante? Come potrei essere conciliante? Ha idea di quello che mi è appena successo?
Una vaga idea ce l’ho.
Come fa lei ad essere conciliante? Come fa a sopportare tutto questo?
Oh, sa, noi donne sopportiamo certe cose un po’ meglio di voi …
Come si può vivere con questa minaccia alla vita addosso?
Eppure si vive. E ci si può godere anche uno sherry in santa pace. Vede Zoe, come è buono adesso?
Ha ottenuto quello che voleva.
Beh, magari anche lei può ottenere quello che vuole.
Signorina, mi lasci in pace.
Non sia rinunciatario. Ultimamente mi sono sentita molto sola.
Lei è sola e pure male accompagnata.
Ma lei è anche spiritoso. Noi due dovemmo conoscerci meglio.
Ha intenzione di minacciarmi ancora con la pistola?
Ma per chi mi prende? Quella era un’emergenza.
Ma perché non mi lascia in pace?
Destino. Come altro chiamarlo? Siamo uniti da questo simpatico chunz.
Io sto sognando. Questo è un incubo e voglio svegliarmi. Lei non esiste. Non esiste al mondo una cosa che si chiama chunz.
Oh, ci sono molti più chunz in giro di quello che crede. Ci sono milioni di chunz, forse miliardi. Solo che non tutti li vedono. Lei ne ha visto uno.
Che fortuna.
Lei è un uomo spiritoso. E io sono una donna sola. E ho tanta, tanta voglia di uno sherry.
Me ne vado. Addio.
Ma dove va? Ingrato! Le ho salvato la vita! L’avrebbe mangiata, sa? Ci avrebbe mangiato tutti e due! No, a me no che non mi avresti mangiata, vero Zoe? Dopotutto ti ho reso felice tante e tante volte. Se ne va.  Ecco. Come corre, però. Uomini. Non ci sono più gli uomini di una volta. Pazienza. Che vuoi farci, Zoe. La nostra è una vita di solitudine. Solo noi possiamo capire le voragini insaziabili dell’esistenza.  Non tutti sono pronti. Pusillanime! Ecco cos’era. Pusillanimi tutti! Ma chi vedo? Niente male, quel tipo. Come si dice, vecchio mio, sotto a chi tocca! Vediamo se questo regge i tuoi assalti, Zoe.  La gente di questo secolo non vuole essere temprata. Non vuole guardare nel pozzo delle meraviglie. Non sa e non vuole sapere come è veramente la questione. Noi lo sappiamo invece, vero Zoe? Noi ci siamo stati nel buco nero … vuole unirsi a me per uno sherry? Ma che schifo, lo sherry! Una vodka, ecco quello che ci vuole! Sorridi, sorridi Zoe, ecco che si avvicina …
Buonasera … no, non sono di qua … vino?... ma , non saprei … dice che è il caso?