“Ciò che mi obbliga a scrivere, penso, è la paura di diventare pazzo.”
Georges Bataille
Destra e sinistra sono concetti ormai superati. Questa affermazione, indipendentemente da chi la fa, suscita invariabilmente reazioni che vanno dalla perplessità, se va bene, all’aggressività, se si incontra la persona sbagliata. Chi dice che destra e sinistra sono concetti superati è per forza di cosa uno che è di destra e non lo vuole ammettere. Perché essere di destra nel 2018, naturalmente, è una cosa molto brutta. Al che si potrebbe ribattere che chi crede che queste categorie non si possano in nessun modo trasformare è sicuramente di sinistra. Per quelli di destra essere di sinistra, sempre nel 2018, è ovviamente una cosa molto brutta. Il superamento delle categorie destra – sinistra, è ancora più inaccettabile per chi si sente legato alla sinistra che è la categoria più visibilmente vicina all’estinzione delle due. È dunque una forma ininterrotta di nostalgia. Qualcuno potrebbe ribattere che il mondo è prevalentemente e tragicamente di destra, ormai, visti i risultati dele elezioni dimolti paesi del mondo, ma non coglierebbe il punto. Le istanze di sinistra non sono affatto sparite. Sono mescolate con quelle della destra in modo indissolubile. D’altra parte il mescolamento dei due fronti non è cosa nuova, accade fin da quando esistono. Ma vediamo un po’.
In primo luogo destra e sinistra sono, nel 2018, categorie emotive/spirituali, non ideologiche o politiche.
Nati con la Rivoluzione francese, i concetti di destra e sinistra hanno subito mutevoli variazioni, tutti ruotanti grosso modo intorno a uno stesso asse: destra reazionaria, conservatrice e nazionalista, portatrice delle istanze delle classi dominanti; sinistra rivoluzionaria, progressista e internazionalista, portatrice delle istanze delle classi dominate. Lo schemino da terza media, con tutte le variazioni possibili, può essere riprodotto fino al 1989.
Già prima di questa data però, due notevoli infiltrazioni invasero i campi rendendo le cose ancora più confuse. Nazional socialismo e fascismo nacquero entrambi come fenomeni in cui alcune istanze di sinistra (la difesa delle classi lavoratrici dallo strapotere padronale e bancario) con alcune istanze di destra (il nazionalismo) erano indissolubilmente mescolate. Non si possono scindere fenomeni come il nazismo e il fascismo senza tenere conto della profonda adesione popolare che ebbero. Entrambi i totalitarismi europei si identificarono con la destra in funzione anti comunista, ma le radici di tutti questi movimenti (comunismo, fascismo, nazismo) sono le stesse. Sono tutti frutti della pianta socialista. Il socialismo era naturalmente di sinistra, poiché era internazionalista e propugnava l’abbattimento delle disuguaglianze sociali. Continuando con lo schemino da terza media si vede facilmente che fenomeni evidentemente di destra e fenomeni di sinistra, lungi dall’essere completamente opposti, sono per lo meno contigui. Il demone del nazionalismo, a destra, sfociò nella difesa della “patria”, che poi divenne “razza” che poi divenne razzismo e più che altro antisemitismo. L’origine dell’antisemitismo è molto complessa e non la posso certo trattare qui. La cosa curiosa è che pogrom antisemiti avvennero anche in URSS che avrebbe dovuto essere la patria dell’internazionalismo socialista. Insomma lati oscuri del razzismo e del patriottismo erano presenti nei due opposti schieramenti, sia pure in misura differente.
In buona sostanza destra e sinistra si sono fronteggiati per ben due secoli. Tuttavia, come accade sempre, il nemico lo si odia e lo si combatte senza accorgersi che in qualche misura ci fa sempre da specchio.
A livello più profondo si potrebbe tranquillamente affermare che destra e sinistra sono categorie spirituali che appartengono all’individuo moderno/post moderno. Istanze conservatrici, istanze libertarie, istanze comunitarie, istanze progressiste, rivoluzionarie, esistenziali, normative: tutto questo è contenuto nel nostro oscuro animo e viene alla luce secondo i movimenti che i popoli e le élite fanno in quella tragicomica sequenza di insensatezze che chiamiamo storia (rigorosamente minuscolo).
Quello che è accaduto dopo il 1989, con lo spalancarsi delle frontiere e lo scatenarsi del libero mercato, è che ognuna di queste istanze rimaneva nella sua legittimità, ma le carte si sono completamente mescolate. I vecchi partiti della sinistra hanno pensato bene di rimodernarsi in senso liberista: in questo caso ha prevalso l’internazionalismo di sinistra con un camuffamento che è tra i trasformismi più beceri della storia. E' subentrato l’internazionalismo delle merci, cioè una identificazione assoluta con il Capitale e le sue esigenze. Non si è mai vista una resa più totale dal punto di vista ideologico.
La destra dal canto suo, ha da un lato radicalizzato le istanze di protezione borghese perdendo nel contempo quell’impulso anticapitalista che aveva in comune con la sinistra, sia pure con prassi diverse. Man mano che il capitalismo finanziario liberista e neo liberista prendeva piede in occidente e in Europa, l’erosione del potere d’acquisto delle classi medie, di fatto il sensibile impoverimento di chi prima poteva a buon titolo definirsi “borghese”, ha fatto sì che i partiti della destra più popolare potessero fare da cassa di risonanza per il malumore generale.
“Un milione di posti di lavoro” era lo slogan berlusconiano, ma anche i destrorsi del resto d’Europa cercavano di fare promesse simili.
Il trionfo del capitalismo liberista non ha dunque cancellato le istanze che avevano segnato la nascita della dicotomia destra sinistra, si è limitato a spostarle da un campo all’altro. È stata la cosiddetta destra a fare le veci della sinistra nella difesa (o almeno della sua promessa) delle cosiddette classi subalterne. Naturalmente lo ha fatto nel senso del tradizionalmente destrorso concetto di “patria”, “nazione”, “difesa del territorio”, “sicurezza”, tutte per altro rivendicazioni legittime: lo erano anche quelle di Hitler e Mussolini all’inizio. Stando così le cose si era avuto un ribaltamento totale rispetto al passato pre-1989: la destra attirava di più il popolo in difficoltà, la sinistra le classi medio alte, imprenditori a capo delle medie e grosse imprese.
L’Italia, in cui la guerra civile post 1945 non è mai veramente finita, è stato uno dei paesi dove maggiormente la tifoseria ideologica si era accanita. Dopo il 1989, con la scomparsa del PCI e l’avvento di Berlusconi, destra e sinistra sono implose e hanno cominciato ad avvicendarsi al governo del paese senza che qualcosa di veramente essenziale li distinguesse. E tuttavia i “popoli” di destra e sinistra continuavano a guardarsi in cagnesco e pretendevano gli uni sugli altri una superiorità morale che la realtà si incaricava di smentire ogni volta.
Con il finire del primo decennio del XXI secolo questa contrapposizione sempre più stanca, sempre più indistinguibile, è stata spazzata via dai movimenti cosiddetti “populisti”. Allora sì che i vecchi concetti destra – sinistra hanno mostrato definitivamente la corda, peggio, si sono completamente fusi. I movimenti “populisti” piaccia o no, sono la redde rationem della dicotomia destra – sinistra.
Ecco che destra e sinistra appaiono ormai involucri svuotati di senso. Le istanze che li animavano però restano, perché sono umane e dunque in linea di massima le stesse nei secoli, più o meno. (continua)
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