Ieri ho fatto la seconda dose del famoso vaccino Pfizer. L'ho fatta più che altro per evitare brutte sorprese con il lavoro, tipo: "Sa, lei non è vaccinato, è un problema di sicurezza, non sappiamo dove collocarla, se ne stia a casa in cassa integrazione, per ora". In coda con il mio bel numerino (una coda ben organizzata e piuttosto veloce) me la sono sbrigata in meno di mezz'ora. Tutto molto efficiente, considerato che l'atmosfera era quella di festa paesana di lobotomizzati. Siamo lì per celebrare un rito collettivo, perché di questo si tratta. Non sappiamo cosa ci iniettano, né se funziona, né se questa storia abbia un minimo senso. Noi dobbiamo solo celebrare il nostro dovere/diritto alla salute, sancito dal governo. Lo facciamo tutti (vaccinati, infermieri e personale della Protezione civile) perché, in fondo ce lo hanno detto. E noi crediamo a tutto quello che ci dicono, ormai, anche i complottisti. Cambia solo il tipo di credenza. Noi, piccoli individui consumatori, siamo numerini su un tabellone elettronico: dosi da smaltire, ordini da prendere da qualcuno che, in modo inquietante, non ne sa molto più di te. È questa l'atmosfera degli anni 20. Gente che si muove da tutte le parti per fare qualcosa di cui probabilmente non sa nulla. Mai. L'importante è muoversi. L'ha detto la televisione. Turismo vaccinale.
Ma nel fondo, nel fondo di tutto, le anime brillano ancora, chissà fino a quando.