Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

sabato 24 ottobre 2015

Allegro non troppo e molto maestoso



Prendiamo ad esempio l’inizio del primo movimento del concerto per pianoforte in Si bemolle minore di Čajkovskij. Tutti lo conoscono, anche i più ignoranti, anche quelli totalmente a digiuno di musica classica. Tutti lo hanno sentito di sfuggita almeno una volta. Ebbene, è un brano meraviglioso, pieno di un pathos struggente, di un'energia vitale pura e incorrotta, è un aprirsi a vasti continenti di aria fresca, una cavalcata piena di malinconica gioia attraverso la steppa, un empito che riempie l’anima di qualcosa di grandioso, inesprimibile. Il pianoforte gioca con le settime diminuite, si esibisce megalomane in scorribande egocentriche da un capo all’altro della tastiera per poi venire risucchiato dagli umori della pianura sconfinata, su cui corre a cavallo il conte Tolstoj in cerca di gloria. È un brano prodigioso in cui è contenuto tutto l’ottocento russo, i grandi romanzi, le taighe, i mugik, il cielo sconfinato e gli echi lontani dei grandi salotti aristocratici.

Ebbene, un pezzo così stupefacente e grandioso, è in realtà solo l’Introduzione al concerto.

Tutto quello che avverrà dopo, sia pure bellissimo e scintillante, sarà una cosa completamente diversa, come se appartenesse a un’altra opera.

Čajkovskij qui ha compiuto qualcosa di inaudito. Ha letteralmente dissipato un tema bellissimo, lo ha buttato lì, lo ha evocato, lo ha volutamente sprecato, ne ha fatto dono, come un rapido schizzo, come fanno gli artisti zen che calano il pennello sulla tela noncuranti di quello che c’è prima e di quello che ci sarà dopo.

Čajkovskij ha giocato sul dispendio assoluto, sullo squilibrio, come ebbro, noncurante.
Dopo un'Introduzione così, cosa mai avrebbe potuto esserci? Qualunque cosa sarebbe sembrata fuori posto, dimessa. È l'abitudine a più di 130 anni di esecuzioni che ci fa sembrare questo concerto perfetto così com'è. È l'abitudine al suo squilibrio, che è in realtà un approccio a qualcosa di più vitale e profondo.

Com’era prevedibile, la bellezza di questo concerto non fu compresa, all’inizio. Che c’entrava quel brano introduttivo buttato lì così e mai più ripreso? Per tacere del resto, troppi accordi strani, troppe architetture traballanti: si pensi alle divagazioni scintillanti improvvisate nel mezzo di una melodia pacifica come quella del secondo movimento, ad esempio. Agli occhi dei benpensanti sembrava la composizione di un ubriaco.

Ma Čajkovskij si rifiutò di cambiare una sola nota. E fece bene.

Quando guardiamo alle cose della vita cercando sempre la giusta proporzione, cercando il modo migliore di fare e disfare, dovremmo ricordarci della profonda bellezza di questo brano iniziale, sprecato, bruciato in pochi minuti e mai più ripetuto in tutta un’opera.

Forse ha qualcosa da insegnarci.

PS. L'esecuzione di Lang Lang è stupefacente. Questo ragazzo è un folletto meraviglioso.

3 commenti:

  1. Sei uno dei miei musicologi di riferimento.

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  2. ecco perchè esistono le intuizioni e quando compaiono bisogna immortalarle subito...la banalità è sempre in agguato.
    questo tuo pezzo mi fa pensare a un'altro grande musicista, Dvorak, al suo immenso largo dal nuovo mondo...
    una distesa di praterie e l'oboe che risuona ...
    magnifico!

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  3. cosa pensi della Moldava di Smetana ?.... io la trovo TUTTA magnifica ....

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