Tra
gli scrittori contemporanei, mancano le cosiddette
figure “tragiche”, quelle vite che diventano paradigma della condizione umana o
perlomeno di un’epoca. Si è cercato in Italia, di costruirne una con Roberto Saviano, il
quale, pur essendo probabilmente un bravo ragazzo, è totalmente inserito nel
circuito delle opinioni politicamente corrette. Da Saviano non ci si attende lo
sguardo nell’abisso. Da nessuno ce lo si attende, in genere.
Non
ricordo chi ha detto che si comprende di più un’epoca dai suoi romanzi, che
dalle teorie scientifiche.
L’Ottocento,
il secolo borghese, ha creato il romanzo delle grandi individualità in cerca o
in conflitto con sé stesse e il mondo.
Il
Novecento, secolo della fisica quantistica e della “scoperta” dell’inconscio, ha
creato i grandi romanzi della dissoluzione dell’individuo o del suo problematico
riscatto.
Il
Duemila, secolo di Internet e della Mercificazione Totale, ha portato all’impossibilità
della sincerità.
Già
David Foster Wallace, parlava dell’ironia come della malattia della modernità,
vista come il sintomo dell’impotenza di chi ha imparato ad amare la propria
gabbia.
Il
Duemila è il secolo che ha abolito l’esterno di sé stesso. Viviamo in un Unico
Mondo Dal Quale è Impossibile Uscire. Niente alternative date all’esistente.
Universo al Capolinea.
I
romanzi del Duemila (e le serie TV) descrivono, descrivono, descrivono, ciò che non ha più
bisogno di essere descritto: il totale dissolvimento dell’identità umana nella
merce, la totale codificazione delle esperienze umane, così completa da potere
essere allineata su uno scaffale di un supermercato.
Il
romanzo del Duemila è stato sostituito dalle serie TV americane, sempre più complesse,
articolate, profonde, ma attenzione: proprio questa sempre più esasperata
complessità umana, ne rivela il paradosso di base: tutto è già detto, tutto è
già fatto, ognuno di noi si deve soltanto accomodare nel proprio disagio
preferito.
Il
risultato finale è sempre uno: ti mostro lo schifo della società per farti
abituare. Ti devi abituare a mangiare e respirare merda, perché questa è la
realtà e questo è il migliore mondo reale che possiamo offrirti.
Non c’è più
evasione dalla sofferenza, ma l’esorcizzare la stessa assumendone dosi
massicce.
Le
dosi massicce di iperrealismo quotidiano hanno il solo scopo di narcotizzarci.
Eppure
l’arte dovrebbe avere l’obbiettivo di andare oltre, o almeno, provarci: vedere
cosa c’è oltre il muro della cupola del Truman Show (altra metafora ampiamente
abusata).
I
romanzi, protagonisti della società di ogni secolo, da strumenti di indagine
della condizione umana, sono diventati illustrazioni di illustrazioni.
Chi
pubblica oggi, è inserito in una determinata, seppure ampia cornice.
I
solchi sono stati tracciati e chi esce dai solchi viene ignorato.
Cessate
le ideologie, quelle stesse che hanno negli anni Sessanta e Settanta decretato
il fallimento di Morselli scrittore, è rimasta la potentissima ed esclusiva
ideologia del profitto, che screma tutto quello da cui si potrebbe ricavare
poco in termini economici.
L’uomo deve pur attaccarsi a
qualcosa e accumulare è un sistema come un altro (forse un po'più dannoso di altri) per lenire l’angoscia. Una intera
società nella quale sono crollati i fondamenti religiosi e ideologici deve pur
sopravvivere a sé stessa. Accumulare, o tentare di accumulare, o tentare di
imitare chi riesce ad accumulare, o ancora passare il tempo interessandosi
delle vite dei protagonisti dell’accumulo, oppure ancora riempire il proprio
tempo di preoccupazioni assolutamente materiali, è un modo per tappare
tutti i buchi.
Se
persino la cosiddetta spiritualità funziona oggi ad accumulo di esperienze “a
pagamento”, diventa chiaro che il sistema sta funzionando alla grande, sebbene
si sentano i primi sinistri scricchiolii.
La
società nella quale viviamo non è più la società della grande borghesia
contrapposta alle altre classi sociali, nella quale la borghesia stessa
recitava la parte del giudice e dell’accusato. Ora viviamo in un mondo
assolutamente immaginario, nel senso proprio di “immagine”, in una
fantasmagoria dove le parti da recitare sono un numero limitato, sempre le
stesse, mentre gli uomini, invece, non sono mai stati così tanti di numero.
La
compassione stessa ricade sotto un regime codificato dalle vecchie religioni
rivelate o dalle nuove religioni commerciali.
Il
proliferare sconvolgente di istituzioni di beneficenza è il chiaro sintomo di
cattiva coscienza e deliberato intento di lasciare tutto com’è.
È
chiaro che al romanzo oggi, viene chiesto di illustrare e quindi giustificare, più o meno subdolamente,
quello che ci circonda.
La
società, grande madre che ingloba tutti, vincitori e vinti, trae piacere dalle
storie di gente sofferente, che ce la fa o soccombe, ma non tollera che si
mettano in discussione le sue fondamenta.
In
che modo si potrebbe mettere in discussione le fondamenta della società?
Basterebbe
scrivere a chiare lettere che è la fine: che il sistema che alimenta tutti è in
via di esaurimento e che tra qualche decennio il cambiamento antropologico sarà
inevitabile.
Basterebbe
creare personaggi che pensino o vivano situazioni opposte a quelle che si
ritengono “spendibili” nel panorama attuale: un uomo picchiato da una donna, un
omosessuale stupido e razzista, un islamico fintamente tollerante e filosofo, in realtà superstizioso e ignorante, una donna che desidera essere stuprata, un lavoratore che muore sul lavoro perché cialtrone e negligente, un leghista buono,
un democratico cattivo, un ebreo razzista e ignorante, uomini impotenti e donne
insoddisfatte, rapporti sessuali scadenti, vacanze inutili, guru inetti,
rapporti che stanno in piedi per affetto e amicizia, problemi veri e
rimedi fasulli, problemi fasulli e rimedi veri, bambini insopportabili, aborti
desiderati e riusciti, suicidi dovuti, preti atei, atei credenti, scienziati limitati, vera violenza
di classe, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, eugenetica e controllo della popolazione, distruzione dei buoni sentimenti,
creazioni di veri sentimenti.
Dostoevskij
poteva permettersi di essere un sublime conservatore. Ora necessitano scrittori
sublimemente disposti a sacrificarsi per distruggere veramente il cancro osceno
del politicamente corretto.
Servono
scrittori che non si limitino a dirci che siamo nel Truman Show, ma che inizino
le loro storie, proprio dal punto in cui l’uomo merce esce dal buco nel muro e
entra nella Realtà, magari per scoprire che non c'è rimasto niente, o non c'è mai stato niente.
A seguire l'immaginario collettivo dopato dal cinema americano (cioè globale), è più probabile che si verifichi l'armageddon anziché un cambiamento dell'attuale modello di sviluppo.
RispondiEliminaIn Italia abbiamo avuto un Buzzati, un Morselli condannato in vita al silenzio, un Pasolini che accorpava visione a tentativo di andare oltre l'esistente.
EliminaManganelli, Landolfi, Savinio, Berto, Gadda, tutti i grandi anti ideologi del novecento.
Qualcuno di nuovo potrebbe aggiungersi alla lista.
Abbiamo in noi gli anticorpi per combattere il doping collettivo. Ce ne manca, io credo, soltanto (si fa per dire) il coraggio. E purtroppo il retroterra culturale.
Partiamo da una base molto più povera, anche se più luccicante.
Comunque, meglio l'armageddon che lo squallore: almeno nel campo dell'arte.