La
dolcezza è inascoltabile … la dolcezza che io rivolsi a me … e fu per quella
dolcezza che i cinque dischi sono forse gli unici che nessuno potrà mai
ascoltare come merce.”
Pasquale
Panella
... forse
magari è estate,
cominciano
le corse tutti arrivando i primi:
i
primi in una cosa, una cosina dolce, una cosina dolce.
I
cinque album della coppia Battisti -
Panella rappresentano un unicum non solo nel panorama della cosiddetta
canzonetta popolare italiana, ma nell’insieme della produzione artistica del
secondo novecento.
Questa
affermazione può sembrare esagerata, ma viene confermata dal’assoluto
isolamento di queste opere nel segmento temporale nel quale vennero concepite.
Non c’è mai stato, letteralmente, niente del genere prima e non c’è stato
niente del genere dopo.
La
loro presenza tuttavia, non è stata invano: ciò che queste opere esprimeva di
totalmente liminare è stato utilizzato, sottotraccia, da decine di epigoni
furbi.
Il
testo che tenta di esprimere l’inesprimibile, nella canzonetta furba post
panelliana – battistiana, è divenuto un ammiccare sfrontato dalle bancarelle
della miseria mercificata.
Gli
originali, i micidiali cinque album bianchi, loro no. Loro, a detta stessa di
Panella, esistono al di là della merce. Non a caso sono stati pubblicati nell'assoluto sprezzo delle vendite, che dal primo al quinto album sono calate più o meno in caduta verticale. Non essendo merce, i cinque album non possono essere
classificati.
Non
ammettono valore d’uso, solo un ipotetico valore di scambio.
Con
i cinque album si procede per sottrazioni: non si può dire cosa esprimano, a
livello emotivo o semplicemente musicale. Chi ne viene attratto, lo è per (come
direbbe Panella) “tutt’altri motivi”.
Un
ripetuto ascolto concede certamente, di poter entrare nell’universo stilistico
dei testi. Alcuni significati possono essere afferrati, sottintesi,
evidenziati, ma il risultato sarebbe lo stesso marginale.
La
cosa sconvolgente dei cinque album è che essi sono, così come stanno, perfetti: oggetti inavvicinabili dalle
quali emanano tuttavia vibrazioni profonde, vitali, seminali.
Chi
viene risucchiato nel loro universo si ritrova a canticchiare strofe
improbabili con il tono epico e la lacrimuccia di chi stia declamando l’Infinito
o cantando la Traviata.
Questa musica così apparentemente asettica, queste liriche così ostiche,
indecifrabili non
provengono dalle “emozioni” (titolo famosissimo del primo Battisti), ma da
qualcosa che arriva prima di esse, oppure ancora, da dopo.
Dopo
la liberazione dei fardelli emotivi, dopo la fine delle nevrosi o delle rime
cuore – amore, c’è l’universo traslucido dei cinque album.
Essi
non possono in nessun modo piacere alle masse: nello stesso tempo non è
necessario aver chissà quali basi culturali per sprofondarvi dentro. È sufficiente accogliere l’incredibile sollievo
di non doversi agganciare a nulla, ma di lasciarsi “viaggiare” da musiche, testi e pre - testi, i quali esprimono tutti, in primissimo luogo, un senso di danza.
La
danza percorre tutto l’itinerario dei cinque album: il movimento leggero,
giocoso, ilare, delle parole, della musica, degli oggetti, del “prospero per la
pipa universale”, della distrazione, del cibo –donna, tutto senza fermarsi mai,
“come fosse la fine”.
Sono
album finali e non poteva essere che così: svettano in mezzo allo sterminato magazzino della canzonetta,
bianchi, puri, incontaminati eppure densi di vita e gioia, per chi se ne lascia
travolgere.
P.S Nei post successivi tenterò, nei limiti delle mie capacità, di esaminare album dopo album i cinque "bianchi". Ce ne vorrà di tempo e voglia ...
Mi fa piacere la tua intenzione, tanto più che, tale merce, la comprai in vinile quando uscì e che ora non so proprio più dove ho messo non avendo, da anni, più un piatto per ascoltarli. Li ho - in parte - nella mente. Li ritroverò grazie a te.
RispondiEliminaGrazie, Luca. Domenica parto per le ferie e mi sa che inizierò ad agosto ...
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