Non
si è abbastanza sganciati dalle stronzate per essere liberi di esprimersi. Non
si è, non siamo, non sono libero. Sono pesante, porto catene pesanti, vivo
pesantemente su questa pesante terra e non conosco una sola leggerezza. Potessi
conoscerne una! Leggerezza, leggerezza vera, dove sei? Aiutami, portami
consiglio! Ma devi essere vera, però. Una leggerezza finta ha il profumo della
merda. Sembra profumo, ma è merda, allora tanto vale essere pesanti. La
leggerezza vera non ti inganna. Tuttalpiù ti uccide. Ma con leggerezza.
Leggerezza,
leggerezza, dove sei? Ti parlano di leggi cosmiche, ti parlano di compito
dell’intellettuale, ti parlano di crisi globale, di teatro sperimentale, di
spread, di crema di tartufi, di bingo bongo, ma tu ti senti pesante, fatalmente
pesante.
E
invece non ci sono leggi cosmiche che tengano, i morti non risorgono unicamente
per senso del pudore, altrimenti nulla glielo vieterebbe.
Non
sono libero. Mi guardo intorno e non sono libero e non riesco a respirare.
Vorrei tanto respirare davvero.
Non
so cosa voglia dire respirare davvero. Leggera, l’aria, nei polmoni, senza
sforzo.
Quanta
barbosissima insincerità. E il tempo passa.
È
osceno tutto questo.
Recitare
parti, non recitarle, volere cose, persone, violare veti, emettere peti, che
senso ci si può mai trovare?
Meglio
sarebbe essere un pitone che divora un bue intero.
Non
c’è una sola cazzo di soluzione a questo mondo.
La
trovata buffa è destinata a esaurirsi.
Dentro
non trovo nulla. Neanche fuori.
Nulla
dentro. Nulla fuori. Desideri. Vacui. Non certo chiari.
Ci
fosse una sola chiarezza in me potrei ribaltare il mondo.
Urlo
ma non mi sente nessuno.
Sono
come un personaggio di Beckett piantato dentro a un vaso. E non faccio neanche
ridere.
Nessun commento:
Posta un commento