Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

mercoledì 14 novembre 2012

È tutto lo stesso




Perché queste Cronache babilonesi? Perché mi trovo sempre a scrivere dall’orlo del’abisso. Perché vorrei sapere qualcosa e non so nulla di nulla. Perché sono bombardato da informazioni in misura massiccia e la mia vita si rattrappisce in risposta.

Sono pienamente consapevole di ogni mio mutamento, come pure del ridicolo insito in esso, eppure non riesco a fare affiorare nessuna descrizione certa di quanto mi accade.
Nella mia vita sono stato:
Buddista
Ateo
Negazionista
Possibilista
Spiritualista
Comunista
Materialista
Agnostico
Mistico
Fondamentalista
Catastrofista
Complottista
Anti complottista
Individualista
Collettivista

Ondate successive di pensiero mi hanno colto e mi hanno mutato. Una ondivaga inquietudine mi porta da una parte all’altra dello spettro cognitivo. Non mi convinco mai di nulla perché so che non c’è un posto dove mi posso fermare.
L’unico porto sicuro è il senso del mio corpo un po' indolenzito.

Ora cosa sono? La mia fase attuale si può definire in una sorta di disillusione incantata.
Sono disilluso da una vita che rimane un mistero che incanta.
Sto imparando a vivere. Ecco una frase che non significa nulla. Che vuol dire “imparare a vivere”? Si impara a nuotare, non a vivere. Se dici che stai imparando a vivere ti stai riferendo a qualcos’altro.
Si impara piuttosto a lasciare andare: schemi mentali, costruzioni ideologiche, rivestimenti bizzarri, idee fisse, sottrazioni di immagini sovrapposte alla realtà. Si impara a disimparare.


Non c’è un fatto al quale posso aggrapparmi, una fede definitiva che posso abbracciare, sono intriso di impermanenza.
Lascio fare alla mia vita, che conosce ciò di cui ho bisogno più di me stesso. Cerco solo di essere consapevole senza che questa consapevolezza mi paralizzi.
Che vuol dire “lascio fare alla mia vita”?
Forse che per vita intendo un superiore istinto di conservazione? Sì, può darsi.
La vita è una colossale strategia di sopravvivenza. Non sempre, certo.
A che pro cercare di sapere qualcosa?
Il fatto è che se anche non vuoi credere, la credenza si insinua e informa di sé i tuoi atti.
Allora bisognerebbe coltivare il distacco del frutto dall’atto. Sarvakarmaphalatyaga
È un termine buddista.
Significa agire senza cercare soluzioni, meriti, frutti, doni. Agire e basta. Oppure non agire e basta.
Sentire la libertà di questo concetto. Sentire il Vuoto, il Non Condizionato, forse l’estrema delle illusioni. Se non sei condizionato puoi essere qualunque cosa, fare qualunque cosa. 
È tutto Vuoto. Non c'è più niente da temere, né la crisi, né la disoccupazione, né la morte.
È lo stesso, dice Thomas Bernhard. È tutto lo stesso, dice ne La cantina. 
Qualunque cosa facciamo, è lo stesso.
È difficile da accettare, quasi impossibile, perché i nostri condizionamenti culturali ci portano a vedere un mucchio di differenze in quello che facciamo. Va bene così.
Ma se arrivi a percepire il Vuoto, la tua vita cambia. Esternamente sei lo stesso. Mangi, lavori, scopi, pisci, caghi, ti formi delle opinioni, ti incazzi, aggiusti le cose che si rompono (se ci riesci), paghi le bollette, porti la macchina dal carrozziere.
Ma dentro si è creato un distacco. È tutto lo stesso, ti dici, e sei diventato in grado di divertirti. Ti diverte lo spettacolo di te stesso e degli altri che si danno un gran daffare.
Ballerini che si muovono a scatti sul gran palcoscenico, rivolti in mille direzioni diverse.
Allora ridi di più. 
Puoi perfino trovare soluzioni apparenti a problemi apparenti

11 commenti:

  1. Rileggevo proprio l'altro giorno La Cantina e sono rimasto pure io un po' di tempo su quella frase "è lo stesso" che pronuncia l'operaio del vecchio quartiere dove TB lavorava come commesso d'alimentari.
    Ma ho concluso che non è lo stesso per un cazzo e se l'operaio del vecchio quartiere dove stava la cantina dice che è lo stesso è perché l'hanno fottuto dalla nascita. E' l'autocommiserazione che proditoriamente ispira il cattolicesimo alle classi subalterne che fa dire "è lo stesso" all'operaio. Non è lo stesso per un cazzo di niente. (scusa lo sfogo, non è con te che ce l'ho, ma lo "stessismo" non l'ho mai sopportato... e non ho mai sopportato che fossero sempre le "stesse" persone a propagandarlo: i più miseri... vedi come funzianano i pulpiti?).

    RispondiElimina
    Risposte
    1. preciso che per "i più miseri" intendo storicamente e finanziarimente gli oppressi.

      Elimina
  2. Dinamo, non c'è problema ... è lo stesso. ;-)

    Il concetto evidenziato nel post è lontanissimo dall'essere autocommiserativo. E non credo che Bernhard intendesse dire questo. In un certo senso dice che siamo tutti fottuti dalla nascita. In un altro senso ancora dice che essere scrittore o addetto al martello pneumatico è lo stesso dal punto di vista della dignità e della possibiltà di sentire la serenità del distacco.
    Non esiste, credo, qualcosa come lo "stessimo", perché comprendere l'equivalenza di fenomeni che sembrano distantissimi tra loro, è una conquista non da poco.
    La possibilità che si possa fraintendere il tutto in una sorta di rassegnazione cosmica è sempre presente, ma non lo vedo come un problema.
    Comprendere che "tutto è lo stesso" non significa rinunciare a emanciparsi, quanto essere consapevoli che tutto è illusorio. Soluzioni apparenti a problemi apparenti. Te lo dice uno che fatica e sempre ha faticato assai per niente più che la semplice pagnotta.
    Il finale de La cantina va letto e riletto e riletto. Negli anni si può cogliere in quelle paroe qualcosa di grande. Come pure può apparire tutto una stronzata. Bernhard era un uomo spiritualmente ENORME. Dubito assai che non fosse consapevole delle differenze e ingiustizie sociali. Quello che voleva dire era altro.
    In questo senso ritengo la letteratura di TB un percorso di risveglio, non so come dire meglio.
    Ma io so' un po' strano, lo so.

    RispondiElimina
  3. Massimo mi sa che non mi convinci tanto:)
    Comunque per me Bernhard è uno scrittore grandissimo, uno dei miei preferiti, ma mi piace come scrittore, il suo ritmo è eccezionale, anche le sue situazioni narrative. Come disintegratore dei fascismi e del mondo culturale è un grandissimo, ma come pensatore non penso che fosse enorme. d'altronde il pensiero "è tutto lo stesso" che tu ben sintetizzi in questa frase: "In un certo senso dice che siamo tutti fottuti dalla nascita" a me non sembra un pensiero così originale. Ma io a essere scemo so bravo pure:))

    RispondiElimina
  4. Ma sì, Dinamo, può essere benissimo come dici tu ... è lo stesso. L'errore è stato mio.
    Mi sono focalizzato su TB, ma il concetto principale è quello di distacco dell'atto dal frutto.
    La visione liberatoria del Vuoto, stronzate così ...

    RispondiElimina
  5. Penso di aver compreso quel senso di "vuoto" e "di tanto è lo stesso"...che non è assolutamente una resa, tutt'altro, é la presa di coscienza che qualunque cosa sia la costruzione della tua quotidiana vita, si resta sempre al margine di sentirla pienamente, come se esistesse una scissione dal vivere e dal sè...
    e che nulla, ma proprio nulla, ricomporrà l'insieme, che penso sia una fortuna(?) legata solo all' essere incompiuto, cioè all'essere bambini, quando il cinismo e la consapevolezza dell'affanno di vivere sono ancora zavorra lontana...un caro saluto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. L'insieme non si ricompone, perché non c'è nessun insieme. C'è un altro termine sanscrito che descrive questa strana cosa: savikalpa samadhi. E' la percezione di essere una sola cosa con il tutto.
      Non la voglio buttare in mistica orientale ... sono esperienze accessibili da sempre all'essere umano. Illusorie o meno che siano, queste esperienze indicano che le pareti del nostro cervello sono più permeabili di quello che crediamo. Come quelle dei bambini, appunto.
      Poi però, la vita quotidiana ci ripiglia e ridiventiamo impermeabili a tutto ... e tristi.
      Un caro saluto anche a te.

      Elimina
    2. Spiego meglio il concetto di savikalpa samadhi. Implica vedere tutti i fenomeni come separati tra loro ma percepirne l'intima, assoluta intimità e unicità: parti del tutto, ma una sola cosa con il tutto. Separazione, ma non separazione. In giapponese nini funi, funi nini: non due ma due, due, ma non due.
      Quando si sentono le cose così, nasce una grande gioia. Dopo un po' però la gioia scompare e torna la separazione ...
      Nel nostro mondo consumista-in-crisi rifuggiamo da queste esperienze profonde. Pensiamo siano fuori dalla realtà, ma è più probabile che sia questo mondo consumista-in-crisi a essere fuori dalla realtà ...

      Elimina
  6. Disillusione incantata... mi ci ritrovo molto, almeno in questo periodo, ma forse da sempre, mi sa.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Benvenuta nel club, allora. Non credo siamo in molti. Di solito si preferisce essere o una cosa o l'altra. ; - )

      Elimina
  7. Godetevi la lucidità di mOsho, il mio Santone di ri ferimento:

    Se sei buono, ti tirano le pietre. Se sei pietra, ti tirano i buoni

    ilMatt., pregherò Jagannatha affinché stasera il nano maravilla segni un bel gol in semi rovesciata su capo volgimento di fronte



    RispondiElimina