La
vita è un messaggio, da qualcuno a qualcun altro. Un messaggio quasi sempre
frainteso. Questo è tutto.
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Massima
sincerità. Che vuol dire? Che ancora non ti sei trovato.
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La
gioia di vederla sorridere, salutare e andare via. Non sia profanata da una
assurda confidenza. Ormai godo solo della lontananza.
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Stupore di osservare come le persone desiderino essere in potere di qualcun altro. È
una continua, sotterranea ammirazione per chi ci tiene per le palle. Vogliamo
servire. Anzi, dovrei dire vogliono
servire. Io, da quanto mi posso ricordare, non ho mai desiderato servire, né
tanto meno essere servito. È forse questo il motivo della mia assoluta
estraneità a questo mondo.
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Ogni
cosa, ogni fenomeno, una persona, il mare, una montagna, mi lascia sempre
dentro un senso di assoluta estraneità. È passato il tempo in cui le cose
entravano dentro formandomi un’anima. Ora, tutto quello che mi circonda è
strano, irreale. Proseguo nella vita quotidiana attraverso degli automatismi.
Spesso rispondo anche appropriatamente agli stimoli esterni, come un navigatore
esperto che sa indovinare le correnti.
Tuttavia
il gioco dell’esistenza non fa più presa su di me. A tratti, però, affiora il
ricordo di felicità passate, di antichi coinvolgimenti. Non è però il ricordo
di avvenimenti precisi, che pure ci sono stati: no, è proprio il ricordo della
sensazione. Io fui felice. È strano come ciò che mi procurò tanta felicità sia
scomparso lasciando solo la sensazione.
Altre
volte mi accade qualcosa di simile alla memoria involontaria.
Invece
della madeleine di proustiana origine, un odore, un sapore, mi riportano a
qualcosa di straordinariamente importante per me … ma non riesco a ricordare
cosa.
Continenti
immensi di passato giacciono dentro la mia anima e non so riviverli.
Se
riuscissi a raggiungerli vivrei la vita dell’eterno presente.
È
proprio il tempo perduto che più non si trova.
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Ogni
anno ci sono un milione di suicidi in tutto il pianeta. Praticamente una
persona su settemila si toglie la vita. Vuol dire che tra le migliaia di
persone, corpi, facce, vestiti, che vedi in metropolitana, in strada, su una
spiaggia, al lavoro, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ce n’è sicuramente
qualcuna che ha già deciso e che lo farà.
Quante
persone sfiorandoti, ti hanno detto addio. Non lo saprai mai.
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Non
mi interessano problematiche sociali, svolte dal punto di vista di una certa
ideologia.
Mi
interessa l’uomo, nella sua interezza. L’uomo che scopre se stesso, l’uomo che
scopre il proprio mistero, andando oltre la maschera del consumatore –
consumato.
L’uomo
che dice no. La maniera in cui dice no. I mille ripensamenti, le sconfitte che
fanno vacillare questo no, per poi riprendersi (o non riprendersi mai).
L’uomo
in rivolta, per dirla con Camus, più Lo Straniero. Ma Camus è il novecento. E il novecento, con tutto il rispetto, ormai è morto, un po' come è morto Dio nell'ottocento.
Come
si rivolta un uomo, oggi (2012) in piena epoca tardo capitalista, in piena
recessione mondiale, in pieno cambiamento climatico, con la diffusione capillare di nuovi mezzi di informazione
e di interazione sociale? Come si ribella, come acquista la sua autonomia
spirituale, un uomo costretto a vivere in un mondo non più (come ai tempi di
Camus) dominato da due fronti contrapposti, ma prigioniero di un pensiero
unico, totalizzante?
Come
si rivolta un uomo che la Società Unica può privare all'improvviso di ogni mezzo di
sostentamento, ogni dignità, ogni contatto, sia pure superficiale, con i suoi
simili?
Camus si prendeva troppo sul serio, mi pare. Viceversa l'unica cosa rivoluzionaria è l'umorismo. L'uomo dice no mandando a fare in culo chi parla di cose che non conosce. Fanculo chi parla di povertà e disoccupazione e guadagna 500000 euro l'anno. Fanculo ai poveri che sperano di azzeccare un gratta e vinci. Fanculo alla competitività, alla produttività, allo sviluppo, alle riforme. Fanculo agli intellettuali, ai tatuati, ai reality, ai modelli di vita, alla sostenibilità, la natalità, la globalizzazione.
Ognuno deve inventarsi una prassi.
Ognuno deve salvarsi da solo, mettendosi a disposizione degli altri. Bisogna vivere un curioso mix di compassione e individualismo. Equilibrio umano. Guardarsi negli occhi, toccarsi. Basta stronzate ideologiche, basta atteggiamenti di superiorità letteraria. Nessuno sa nulla e tutti sanno tutto. Siamo costretti a essere confusi. Scostiamo da parte le merci e guardiamoci negli occhi.
Caos - ordine oscillano su una corda tesa.
Siamo a Babilonia.
Ognuno deve inventarsi una prassi.
Ognuno deve salvarsi da solo, mettendosi a disposizione degli altri. Bisogna vivere un curioso mix di compassione e individualismo. Equilibrio umano. Guardarsi negli occhi, toccarsi. Basta stronzate ideologiche, basta atteggiamenti di superiorità letteraria. Nessuno sa nulla e tutti sanno tutto. Siamo costretti a essere confusi. Scostiamo da parte le merci e guardiamoci negli occhi.
Caos - ordine oscillano su una corda tesa.
Siamo a Babilonia.
L'uragano Sandy ci saluta e se ne va.
Bellissimo!
RispondiEliminaGrazie, Biancaneve.
Eliminaanalisi apparentemente cinica, di cui condivido ogni singola parola, ma consentimi di notare, forse perchè è un mio sentimento, una profonda e tremenda rabbia nostalgica di ciò che abbiamo perso della nostra "umanita"...un caro saluto
RispondiEliminaE' così, cara S.ilvya ... La mia rabbia nasce dall'impotenza nel vedere il modo stupido in cui abbiamo sacrificato la nostra bellezza umana per un piatto di lenticchie (metaforiche).
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