Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

venerdì 29 novembre 2013

Pensieri nani 10



“Credetemi, voi che indossate vestiti vivaci: in culture nelle quali ogni imbecille possiede un’individualità, l’individualità rimbecillisce.”

Karl Kraus

Scott Ross, il grande clavicembalista americano, diceva di Glenn Gould: “Non ha capito nulla di Bach. L’ho ascoltato attentamente: non ha capito nulla. Per me, un artista che non appare in pubblico, pone un problema. Almeno era un tipo che aveva il coraggio di non fare le cose che facevano gli altri. Nel complesso, era fuori misura, talmente fuori misura che ci sarebbe voluto un 747 per riportarlo indietro. Sono duro con Glenn Gould. Va beh, lui è morto adesso, non voglio attaccare un collega morto.”

Stupendo. È bello sapere che qualcuno ha detto con cognizione di causa che Glenn Gould non aveva capito nulla di Bach. È confortante. Smitizzare è la cosa più importante di tutte. Significa avvicinarsi all’illuminazione. [Ma che esagerazione. Sono solo opinioni su opinioni. È bello però che niente sia scontato.]


Importantissimo: non fissarsi su nessun pregiudizio tipo: natura ostile, nessun significato, cattiveria cosmica ecc. ecc. ecc. Vivi senza pregiudizi. Il mondo non è ostile o favorevole, è quello che è. Può apparire ora in modo, ora in un altro. Banale, ma vero. Non dimenticarlo.
Sei tu che devi addomesticare i tuoi demoni. La natura non c’entra.

Bukowski sfotteva gli scrittori che facevano fatica a scrivere. Diceva che se scrivere era una tortura per loro tanto valeva smettere. Chi si arrovella così tanto poi scrive roba di merda, diceva. Certo, se uno scrive come Bukowski non ha certo bisogno di fare tutta questa fatica. Ti metti lì e sproloqui con un certo stile a destra e a manca su quanto sia dura la vita e in che mondo di merda viviamo. Lui ci è diventato famoso negli anni 70. Adesso è solo roba muffa. 

Nagarjuna: evitare l’idea di essere e non essere. Entrambe errate. Non c’è eternità e non c’è annientamento. È il linguaggio che è inadeguato, come dire che è l’uomo a essere inadeguato.

“Ciò che mi sembra bello, quello che vorrei fare, è un libro su nulla, un libro senza appigli esteriori, che si tenesse su da solo per la forza intrinseca dello stile, come la terra che si regge in aria senza bisogno di sostegno; un libro quasi senza soggetto o almeno il cui soggetto fosse, se possibile, quasi invisibile. Le opere più belle sono quelle che hanno meno materia; più l’espressione si approssima al pensiero, più la parola vi aderisce e sparisce, più è bello. Credo che l’avvenire dell’arte sia su questa strada. “

 Gustave Flaubert

Mi infastidisce che quell’arrogante ubriacone di Bukowski possa permettersi di sbeffeggiare Hemingway cui deve praticamente tutto. Dietro l’ammirazione per John Fante si nasconde la negazione del debito con il vecchio Hem. Da qui nasce inevitabilmente un giudizio sull’uomo.

Questi che sembrano tutti pensieri slegati, sono invece uniti da un sottilissimo filo conduttore: Nagarjuna, Flaubert e Hemingway (come pure Kafka o Tolstoj o Dostoevskij) non sono affatto distanti tra loro. Oriente e Occidente si tendono la mano attraverso il romanzo moderno. Invisibili l’uno all’altro.

Sentito giorni fa, diffuso dagli altoparlanti di una Feltrinelli milanese, Jovanotti urlare “ogni cosa è illuminata” e far seguire davanti al brusio di una folla acclamante, monologhi interi fatti di sproloqui naturalistici e bei sentimenti debùt de siécle. Minuti di puro orrore nel comprendere una volta di più fino a che punto la razza umana è ormai irrimediabilmente perduta.

Non c’è praticamente nulla che io condivida con il consumatore medio, il cosiddetto uomo della strada. Faccio sempre più fatica a sentirmi membro della specie umana, così come si configura oggi: pur condividendone totalmente la biologia e una delle tante lingue del pianeta, mi chiedo spesso dove sono finiti gli esseri umani, quelli veri, intendo.

Non metterti a sperare. È da idioti.

Una vita senza ossessioni non può esistere. Questa è la sciocca pretesa di quest’epoca. Normalizzare lo sfacelo.  Estendere il pensiero liberale su ogni scoreggia, fino alla prossima sparatoria. Ipocrisia come istinto di sopravvivenza. Tanto non tocca mai a noi, è il motto del consumatore moderno.

5 commenti:

  1. Non c'è arte senza tortura. Non ricordo dove, ma Monet così scriveva (cito a memoria): "La pittura è una vera porcheria... vado a letto ogni sera con la schiena fracassata, e per tutta la notte penso ai quadri, la mattina mi rimetto subito al lavoro..."

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao, HIV. Per citare ancora Scott Ross, "io non sono paziente, ma perseverante". Per stare in mezzo a questo caos non ci vuole pazienza ma perseveranza.

      Elimina
  2. Mai sopportato Bukowski, eroe da stalle e strisce (e whisky), scrittore sopravvalutato. Meglio nonno London.

    RispondiElimina
  3. Oriente e Occidente non si tendono la mano, per il semplice fatto che Nagarjuna (e il Grande Veicolo) non hanno mani da tendere.
    L'Occidente vuole la salvezza (anche in Tolstoj e Dostoevskij), l'Oriente la liberazione....

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Intendevo dire che dietro il romanzo moderno giace la percezione della vacuità, anche se solo a barlumi, anche se infarcita di promesse di salvezza. In Guerra e Pace c'è la straordinaria visione di Pierre dell'interconnsesione degli esseri come gocce d'acqua su una sfera. In Dostoevskij c'è nella descrizione dell'estasi portata dall'epilessia, un tono quasi buddhistico, Kafka è l'eroe della vacuità, Fluabert in Bouvard e Pecuchet descrive l'inutilità di ogni conoscenza e il vuoto sotteso ad esse. Hemingway cerca disperatamente la salvezza e arriva alla comprensione del nulla. Non c'è coincidenza tra Oriente e Occidente, c'è un tendersi la mano da direzioni diverse. Il romanzo moderno intuisce, laddove Nagarjuna svela.

      Elimina