Tra i relitti ormai semi sepolti di una storia in continua dissoluzione, c’è la cosiddetta Rivoluzione di Ottobre, cento anni fa. Ultima ebollizione di un kaly yuga che sembra infinito, sembrava covare in sé tutte le speranze, tutte le energie, tutto lo slancio di un’umanità che sognava di trascendere se stessa a partire dall’economia. Un volo d’Icaro diventato un pachiderma ottuso e accecato e sgonfiatosi una settantina di anni dopo come un tendone da circo che collassa. Un destino imprevedibile, ripensando alle origini sulfuree dell’evento, meglio anzi “Evento” con la maiuscola.
I dieci giorni che sconvolsero il mondo. Pareva veramente che la Storia prendesse parvenza, uscisse fuori dall’esistenza larvale insediata nella mente di pochi intellettuali e dei pochi capaci di leggere e scrivere con ubbie umanitarie, e diventasse Realtà, inoppugnabile e inalterabile. Il sogno era destinato a infrangersi quasi subito. Le circostante non erano favorevoli, si è detto, ed è certamente vero. Una monarchia rurale immensa, in cui i contadini erano da sempre abituati a sottomettersi, un regno in cui il fatalismo era visione cosmica dominante, ebbe un moto di ribellione immenso, come se la schiena di uno spaventoso animale, grosso come un continente, si inarcasse all’improvviso. L’universo tremò. Fu glorioso, fu terribile, fu incredibile, fu sconcertante, fu … una rivoluzione. Impensabile. Accadde. Non poteva durare. Il marxismo trovò terreno fertile per diventare man mano un grottesco dogmatismo. Nacquero eroi e traditori, comparse e protagonisti: un popolo che aspirava all’universale cominciò a divorare se stesso. La Rivoluzione d’Ottobre nacque nel sangue, continuò nel sangue, finì in uno sbadiglio. Durò la durata di una vita media umana del ventesimo secolo, 74 anni. Fu, in fondo, la vita di un uomo resa continente, con i suoi monti e le sue valli, i suoi disturbi intestinali e le coliche tremende, costate la vita a milioni. Tutto in nome di una visione economica impossibile e del risentimento, dissero i detrattori. Tutto in nome di un sogno meraviglioso chiamato uguaglianza e condivisione, dissero i sostenitori. Furono vere entrambe le cose. Né uguaglianza né condivisione furono mai messe in atto se non all’inizio, in fenomeni spuri che vennero annientati dalla Rivoluzione stessa, come a Kronstadt, da Trockij.
Fu il brivido mortifero del novecento, il secolo più incredibile della storia umana (rigorosamente minuscola) nato dal furore capitalista che invase tutto, prese tutto, assunse maschere di ogni tipo. Il comunismo stesso è un travestimento del capitalismo, un antidoto ad esso, originato dallo stesso sangue. Così fu il nazional socialismo, il fascismo mussoliniano, le stronzate colonialiste e imperialiste, la ricerca dell’uomo nuovo, la difesa della Razza (un delirio moderno di origine tribale). L’Uomo Nuovo si nascondeva dietro mille maschere: da conquistatore dei mari e degli oceani, venne via via ridotto a consumatore di immagini sui piccoli telefoni portatili di oggi.
Una involuzione creatrice, per parafrasare al contrario Bergson, descrive il franare inarrestabile della storia (minuscola) lungo tutto il novecento.
Oggi non resta nulla, solo qualche reliquia che viene messa all’asta per ricordare tempi avventurosi. Puoi comprare residuati URSS su Ebay per metterteli in casa. Lo spettacolo ha invaso la taiga, sfilate di moda avvengono sulla Piazza Rossa. Le sofferenze di Bulgakov e le telefonate di Stalin sono soggetti interessanti per una nuova serie televisiva su Netflix. Prima o poi la faranno, ci scommetto.
I milioni di morti, tutto quel carico di dolore e angoscia, e speranza e desiderio, sono svaniti nel nulla, come se non fosse mai successo niente.
Anche il prossimo anno, in primavera, il Grande Buddha di Kamakura svetterà sorridendo tra i ciliegi in fiore. Le cattedrali del mondo onoreranno Cristo in croce, senza preoccuparsi eccessivamente se tutto questo abbia un senso o no. I muezzin salmodieranno cinque volte al giorno. Bagnanti vestiti di stracci si purificheranno a migliaia nelle acque fetide del Gange.
Il sangue continua a scorrere. Oggi ci si ammazza per cose infinitamente più futili del Progresso o dell’Uomo Nuovo. Intanto il nostro pianetino continua a orbitare intorno alla sua stella, in silenzio.
Bellissimo testo. Un nuovo Ecclesiaste.
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