Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

venerdì 14 novembre 2014

Un buco con la realtà intorno



Perché mi sto interessando al cosiddetto Realismo Speculativo?

Per farla un po’ finita con gli esistenzialismi, le fenomenologie, gli idealismi e le pippe mentali francesi. Perché, devo ammetterlo, mi affascina la tenebrosa atmosfera nordica, i cieli plumbei e le belle ragazze dalla pelle bianca. In altre parole, mi accosto al RS perché mi sarebbe piaciuto essere inglese o norvegese e comunque mi piacciono le nordiche.

Dal punto di vista filosofico (al di là degli scherzi), mi affascina poter pensare qualcosa che è aldilà del pensiero stesso, la realtà. Il vero aldilà esiste e non c’è bisogno di cercarlo dopo la morte. Esso è prima e dopo di essa. Esso è ciò che continua mentre i fenomeni appaiono e svaniscono e anzi, esso è l’infinito oltre che ci guarda da fuori.

Le filosofie monolitiche, dialettiche, sono noiose, antropocentriche. Dentro il nostro cosmo protetto, non facciamo che passare da uno specchio all’altro. Può darsi che non sia possibile sfuggire al perimetro della nostra mente ma sappiamo che qualcosa là fuori, esiste. Per sempre. E non è Dio. È la Realtà. Forse è la sessa cosa.

Kant era attratto da Swedenborg e ne temeva la deriva visionaria. Il filosofo di Kőnisberg subiva la malia della cosmogonia del profeta pazzo. Ha cercato si sottrarvisi con un libretto intitolato Sogni di un visionario. Era affascinato dalla netta divisione tra terra e cielo, con il cielo visto come ottativo più bello della vita reale, una divina duplicazione, vera e propria fantascienza. Kant ha relegato in seguito tutto ciò nel regno del noumeno, inavvicinabile dominio degli angeli che sono uomini e non lo sono allo stesso tempo.

Kant ha cambiato la sua vita attraverso Swedenborg. Per paura di perdere la ragione egli ha creato la sua cosmogonia ordinata, priva di pazzia quanto più possibile. La storia del pensiero occidentale è, dal tempo di Kant, una storia di rimozioni.

A partire da Kant la prima cosa che è stata rimossa è stata la realtà, da allora semplicemente definita cosa in sé.  La cosa in sé è la chiave della comprensione. È la cosa in sé il problema e il fatto che non si possa toccarla, sentirla, pensarla, se non attraverso noi stessi. Abbiamo unito soggetto e oggetto in una cosa sola, sempre e comunque convinti della superiorità del soggetto. Ma è l’oggetto la chiave di tutto. Noi emergiamo dalla realtà degli oggetti, oggetti a nostra volta, con una particolare forma di cecità. Siamo un buco nel tessuto del mondo, fatto di percezioni. Siamo il buco. Un buco con la Realtà intorno.

Rendersene conto è il primo passo.

3 commenti:

  1. Ciò che è rimosso è destinato a tornare, ma in forme patologiche e catastrofiche.

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  2. " [...] Un giorno, alla fine della conoscenza delle cose, la porta di fondo si aprirà e tutto quello che siamo stati -detriti di stelle e di anime- sarà spazzato fuori dalla casa affinché quello che esiste ricominci." F.Pessoa

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