Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

lunedì 16 febbraio 2015

Due anime nel mio petto, ahimè



-          Tu ti prendi troppo sul serio.

-          Ma che ne sai tu? Che ne sai? Non fai altro che giudicare.

-          Non è un giudizio. È quello che vedo.

-          E ridi, vero? Mi prendi in giro, come sempre. Il mondo mi prende in giro. È tutta una presa in giro, anzi una presa per il culo. Tutta la vita, tutto.

-          Mio dio, ecco che ricomincia … non puoi darti una calmata? Giusto una volta.

-          È facile per te parlare. Che ne sai della mia sofferenza?

-          Ne so giusto quello che mi dici tu. Un bel pasticcio.

-          Ma tu non hai mai di questi momenti?

-          No, guarda, per questi momenti basti solo tu. Io ho già il mio daffare per tirare a campare.

-          Bel modo di campare. Bella vita che facciamo.

-          È una vita. Ed è meglio di quella di tanti altri.

-          E ti pare una ragione sufficiente?

-          No, forse no, ma non ho tanta voglia di pensare a queste cose.

-          Tu non hai mai voglia di pensare a queste cose.

-          Per quello, basti tu …

-          Vorresti sbarazzarti di me, vero?

-          Non mi fare parlare …

-          Non hai nemmeno il coraggio delle tue azioni. Forza allora, fammi fuori.

-          Tu non hai il senso della misura, è questo il tuo problema. È tutta un’esagerazione, un dramma, un conflitto cosmico. Datti una calmata, vuoi?

-          Per darmi una calmata avrei bisogno di …

-          Avresti bisogno di … ?

-          Non so.

-          Non lo sai?

-          No.

-          Sforzati, no? Fai tanto baccano, ci metti tutta questa agitazione addosso e non sai nemmeno perché? Tu sei pazzo.

-          E tu? A te sembra di essere normale?

-          A me non importano queste diatribe. Ho un lavoro da sbrigare, io. Devo pagare le bollette, io. Devo mangiare e interagire con il mio prossimo …

-          Bel prossimo.

-          Non c’è scelta. Vedi qualcun altro qui?

-          Non c’è mai scelta per te. Sei un rinunciatario.

-          Un realista, direi.

-          Patetico.

-          Sarei io patetico? Tu a me dci patetico? Tu che fai tanto bordello e non sai nemmeno perché?

-          Cominci a scaldarti, vero?

-          No, caro, io la salute così non me la rovino, puoi stare sicuro. Basti già tu, per quello.

-          Certo, è sempre colpa mia …

-          Povera vittima. Povero ciccino. Vuoi che te lo dica? Ok, è sempre colpa tua. Sei a posto adesso?

-          Tu non mi capisci. Nessuno mi capisce …

-          Che cosa vuoi, infine?

-          Vorrei solo che noi andassimo un po’ più d’accordo …

-          E come conti di fare se mi assali in continuazione con le tue lamentele?

-          Io ti assalgo?

-          Che fai, ricominci?

-          Con te non è possibile ragionare …

-          No, bello, è con te che non è possibile ragionare …

-          Dio, mi sento male … mi sento morire … colpa tua, colpa tua … soffoco … svengo, ho un ictus, il cancro, un infarto, un pneumotorace, uno shock anafilattico, uno schiacciamento pleurico, le stigmate, sono posseduto da una legione di demoni …

Pietà di me, peccatore. Pietà di me, peccatore. Svengo. Muoio. Mio dio che dolore, che pena, che ansia, Oddio, oddio, oddio, oddio …

-          Hai finito?

-          Oddio, oddio, oddio, oddio, oddio …

-          Senti, adesso ho da fare, ne parliamo un’altra volta, va bene?

-          Oddio, oddio, oddio …

-          Scena già vista …

-          Oddio, oddio, oddio, oddio …

-          Mi manca il latte in casa. Devo scendere a prenderlo. Manca anche la bresaola.

-          Oddio, oddio …

-          Però, che palle …

-          Oddio …

-          Ti sei calmato adesso?

-          Sì … credo.

-          Finalmente.

-          Tu non mi vuoi bene.

-          Scherzi?

-          Non me lo dimostri mai.

-          Ragiona. Come potrei non volerti bene? Sei sicuro, piuttosto, che non sia tu a non  
           volere bene a me?

-          Non so più cosa pensare …

-          Bene. Comincia da questo. Non pensare. Vivi e basta.

-          Come gli animali …

-          Cos’hanno che non va gli animali?

-          Vorrei qualcosa di più … per noi …

-          Hai detto noi. È un bel progresso.

-          Grazie.

-          E cosa vorresti, per noi?

-          Donne. Una quantità incredibile di donne.

-          Sei proprio sicuro di volere questo?

-          Certo! Cioè, no, non proprio …

-          E dunque?

-          Potere. Il potere supremo!

-          E per farne che?

-          Distruggere tutto.

-          Vale la pena?

-          No … forse no.

-          E dunque, cosa vuoi?

-          Voglio essere felice.

-          Come te la figuri questa felicità?

-          Me la figuro … non lo so.

-          Non lo sai.

-          No. Tu lo sai? Puoi dirmi qualcosa? Ti prego, ne ho bisogno.

-          Vorrei poterti dire qualcosa di più preciso, ma ne so quanto te.

-          E come fai allora a essere così calmo? Come fai a non avere paura?

-          Non si tratta di non avere paura. È qualcosa d’altro. Qualcosa che mi hai insegnato tu.

-          Io?

-          Sì tu, razza di pasticcio ambulante.

-          E che cosa ti avrei insegnato?

-          La forza incredibile del desiderio. Quella che tu hai e che decennio dopo decennio non ti abbandona. La voglia che hai di prendere sul serio la vita, la sua forza. La tua capacità di vedere in faccia gli dei.

-          Come vorrei non avercela questa capacità. Come vorrei essere te.

-          Non parli sul serio, vero? Voglio dire, lo sai chi sono io, vero?

-          Sì, certo, per chi mi prendi? Non sono così stupido, sai? Era solo un modo figurato di parlare.

-          Mi stavo preoccupando.

-          Va bene, ma questo non sposta il problema. Che facciamo?

-          Che facciamo?

-          Sì, appunto. Che facciamo? Come lo risolviamo il problema?

-          Problema? Quale problema?

-          Come, quale problema. Sei stupido? O mi prendi in giro?

-          Quale problema, ti dico.

-          Il nostro problema.

-          Io non ho nessun problema. Tu hai un problema.

-          No, bello, non mi puoi prendere così per il culo, adesso. Ti faccio male, sai.

-          Che fai, ricominci?

-          Sei tu che mi costringi.

-          Io ti costringo a fare cosa?

-          Mi costringi a farci male.

-          Io ti costringo? Io?

-          Tu sei pazzo.

-          Tu, chi?

-          Mio dio … basta ti prego.

-          Vuoi svenire ancora?

-          Sì! No, no, scherzavo, non voglio … non voglio più stare male … mai più … mai più.

-          Allora, di che problema parlavi?

-          È finito il latte, credo. Mi sa che è finita anche la bresaola.

 

5 commenti:

  1. sembra di assistere a un "dialogo" tra sessi diversi.
    il vero incubo sono gli attacchi di panico, senza dubbio ...;-)

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    1. Ognuno ha una parte maschile e femminile in sè, dicono ... e spesso queste parti sono intercambiabili ... non si sa più dove è maschio e dove è femmina ...

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  2. è dove predomina il lato che non appartiene al proprio sesso che cominciano i problemi ...

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  3. Goethe era uno di quelli in cui predominava il lato femminile ...
    che poi in alcuni casi non mica un difetto,
    tutto sta sempre nel miscelare bene i sapori ;-)

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  4. Chi non ha problemi è un pazzo.
    Chi ha problemi impazzisce.

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