Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

martedì 9 settembre 2014

Per noi figli della Rete



Sono fortunato a vivere nell’era di Internet. Negli ultimi quindici anni, ho potuto raccogliere informazioni e conoscenze, che mi sarebbe stato impossibile, o molto difficile, raggiungere, senza la rete. La mia gratitudine per questo mezzo è indiscutibile.

Il rovescio della medaglia è la perniciosa influenza, la subdola (almeno all’inizio: poi diventa evidentemente deleteria) dipendenza che dà la ricerca di continue informazioni, collegamenti, notizie, fonti, ecc.

Grazie a Internet puoi collegare tra loro cose distanti e trovarne i nessi sottili, puoi ampliare le tue percezioni della cosiddetta realtà, fino a pensare di esserti avvicinato ai bordi dello scibile umano. Si può raggiungere una enorme enciclopedizzazione dell’ecumene e sentirsi spinti ad andare ancora avanti.

Internet non è solo un ricettacolo di cazzate cosmiche, ma anche un eccezionale strumento di conoscenza.

Tutto questo è fantastico. Sai di essere tra quelli che usano Internet nel modo “giusto”. Tu cerchi cose, cerchi di sapere. Non ti accontenti di youporn. Tu utilizzi a buon fine il mezzo. Solo che a un certo punto ti trovi inghiottito dal sistema, senza neanche sapere come ci sei finito. Ti ritrovi a passare ore e ore e ore e ore della tua vita mortale a scivolare da una cosa all’altra, affidandoti unicamente a sottili associazioni d’idee. Il tempo passa, inesorabile, interi pomeriggi inghiottiti davanti allo schermo a cercare di afferrare qualcosa che, a poco a poco, ti accorgi di non potere mai cogliere interamente.

La tecnologia straordinaria, l’approccio alla conoscenza globale, si rivela un labirinto di Borges dal quale non riesci più a districarti. Cominci a pensare che potresti passare il resto della vita a cercare questo e questo e quest’altro e non arrivare mai da nessuna parte. Cominci a non capire più dove stai andando e perché cerchi quello che cerchi e che utilità può mai avere cercare stupidamente di sapere tutto. Cominci ad accorgerti che quelle poche o tante persone con cui interagisci (quasi tutte rigorosamente anonime, cioè con nickname) sono solo fantasmi che non incontrerai mai di persona e nemmeno vorresti farlo. Cominci a pensare a quanti contatti giornalieri ha il tuo blog, avvilirti se ne ha pochi, esaltarti se ne ha tanti, cominci a pensare che tutti parlano insieme, tutti parlano troppo, sussurrano, gridano, proclamano cose giuste, sbagliate, idiote, intelligenti, fondamentali o superficiali ma che hai smesso da un pezzo di riuscire a digerire, ad assimilare. Tutto sta trasformandosi in un brusio indistinto: a livello digestivo, un pastone immangiabile.

La tua ricerca si trasforma poco a poco in un persistente rumorio mentale che fa da sottofondo alle tue giornate, sovrapponendosi gradualmente alla realtà (qualunque cosa significhi questa parola) fuori dallo schermo.

 Ti accorgi di essere così abituato a rivolgerti a Internet per chiedere conferme di qualunque natura, che il volgerti all’esterno di te (Internet è un immenso cervello globale: come tale, anche se è grande come il pianeta, è chiuso in sé stesso. È un grande solipsismo planetario) ti pare persino strano.

Apparentemente fai la vita di prima, lavori, interagisci con amici e familiari, ma quel sottofondo continuo persiste. Ti accorgi di pensare, devo cercare quella cosa o postare

quell’altra, verificare questo o confutare quest’altro. Vivi contemporaneamente nel virtuale e nel reale. Niente di nuovo , in queste affermazioni, mi rendo conto. Ecco, questo è un altro problema. Il diluvio (letteralmente) di opinioni che ti bombardano quotidianamente, ti impediscono di pensare, di abbeverarti, per così dire, alla fonte originaria di te stesso, quella che sola ti può dare sollievo. Ti accorgi che la ricerca continua di qualcosa di originale da dire o da scoprire, è un vero e proprio attentato alla tua esistenza.

Cominci a renderti conto che per arrivare alla sapienza (qualunque cosa sia, e se esiste), ti devi sbarazzare del desiderio di informarti, studiare, verificare. Lo scibile è talmente vasto che, anche se fosse possibile accoglierlo tutto nel proprio cervello, farebbe poca o nessuna differenza, di fronte alla vita per quello che è.

Non parlo dei social network, che io non frequento. Immagino però che il concetto sia identico, anche se l’obiettivo non è la conoscenza, ma la più vasta possibile interazione sociale, che è già in sé una contraddizione in termini. Quanta più gente conosci, tanto meno puoi interagirci veramente. Il risultato è solitudine e stupidità, esattamente come chi ricerca la conoscenza.

Parrebbe proprio che, siano i fini perseguiti nobili o idioti, il risultato di un eccessivo uso di Internet sia solitudine e/o stupidità.

L’obiezione che si può porre è semplice ed evidente: è un fatto puramente individuale arrivare a questi punti. Come in tutte le cose anche Internet è una questione di moderazione, di sale in zucca, per così dire. Se sei una persona tendente alle ossessioni, sarai ossessionato da qualunque cosa, Internet, l’Inter, la figa, qualche sostanza stupefacente, ecc. ecc.

Ma certo, nessun dubbio che sia così.

Ritengo difficile però, che una persona, anche la più avveduta e magari non più giovanissima, che posta quasi quotidianamente sul proprio blog o su altri, non sia vittima di questa illusione/delusione. I più ossessionati possono essere da ricovero, non c’è dubbio: gli altri, credono di vivere normalmente con quel brusio nel cervello.

È per questo che credo di dover ridurre la dose di Internet nella mia vita: non più di una volta alla settimana e al massimo un’ora, un’ora e mezza.

È altresì importante lasciare cadere il desiderio di sapere immediatamente una cosa o un’altra. In questo momento della mia vita, è molto più importante non sapere, piuttosto che sapere. Non è un elogio dell’ignoranza, che ho sempre trovato un modo ipocrita di ribadire la propria superiorità: no, è una strategia di pulizia mentale.

La nota parabola zen che spiega come se una tazza venga troppo colmata di tè, questo fuoriesca dal bordo e si disperde senza poter essere bevuto, è illuminante.

La coppa della saggezza deve essere prima svuotata, perché ne si possa attingere. Più la riempi, più perdi per strada l’essenziale. Con Internet riempiamo le nostre vite, le nostre menti , fino a farle scoppiare. Dopo non ci entra più niente.

Inoltre è evidente che le ossessioni perseguitano il cervello umano dall’alba dei tempi. In un certo senso la vita stessa è un’ossessione. È per questo che negli insegnamenti sapienziali è predicato il distacco.

Succedeva la stessa cosa a Faust: la sua dannazione era che la continua ricerca della sapienza lo aveva portato alla disperazione di un circolo vizioso. Solo il patto demoniaco dell’eterna giovinezza e dell’illusione di essere utile a qualcuno poteva riscattarlo. Ma alla fine viene salvato dall’Eterno Femminino. Finale mediocre, grande opera. Un pelo di figa tira più di una quadriglia di buoi.

Ci salva la pietas, ci salva la grande mamma cosmica, con il suo amore incondizionato. Ci salva niente, non c’è nulla da cui salvarsi. I miti sono meccanismi di sopravvivenza. Le ossessioni sono i loro binari morti. La vita è quello che è.

 

Ho nostalgia dei tempi prima di Internet. A ripensarci, non ricordo nemmeno come facevo a sapere le cose che sapevo. Libri che rimandavano a libri, probabilmente. Frequentazioni di biblioteche, meno roba quantitativamente da assimilare, che più facilmente ti entrava dentro a formare la tua carne, le tue ossa e i tuoi pensieri. Provo pena per chi era troppo piccolo o addirittura non era nato, prima di Internet. Quanti cieli aperti si sono persi.

5 commenti:

  1. la definizione di Grande Ragnatela Mondiale è calzante.
    Inesauribile stagione delle mosche.

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  2. scusa se rinvio ma blogsot si è mangiato moltissimi miei commenti(a chi non è registrato non appare nessun messaggio di conferma)
    se questo commento fosse doppio levalo

    la struttura essenziale in cui tutti siamo collocati non è tanto internet ma la rete capitalistica alle cui spalle c'è una prassi sociale a fini di lucro espansa a livello mondiale.

    di questa rete di relazioni ognuno di noi è una articolazione (risorsa umana) che attiene a quella globale in un continuo gioco di rimandi, di superamento di intensificazione e di specializzazione.

    in maniera assolutamente logica internet ne riprende la struttura, essendo il web una delle tante infrastrutture su cui corre il rapporto sociale di dominio e sfruttamento.

    detto questo, le interrelazioni umane (sebbene mediate da cose) portano con sè uno scarto che esubera gli scopi e le convenienze immediate.

    a me personalmente scrivere per qualche anno il blog è servito a superare una costellazione concettuale non più adeguata a come percepisco oggi questo tempo tragico

    scrivere, oggettivizzare quello che pensavo, rileggere, ha evidenziato le lacune, gli ideologismi, gli assunti acritici di cui mi nutrivo.

    ciao

    dariaccio

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  3. Scusa Da, non so perché i commenti finiscono nello spam e non ho nessuna idea di come rimetterli sotto al post. Questo per dire che il mio livello tecnologico è quello di un ottantacinquenne.
    Per quanto riguarda il tuo commento, dico che sono d'accordo con te pressoché su tutto. Mi è stato utle tenere un blog, mi è utile tuttora, anche se ho poco tempo e voglia di starci dietro (perlomeno in questo periodo).
    Concordo anche su Internet come specchio della cultura capitalistica che ci avvolge e sovrasta.
    Penso anche che la razza umana non ce la fa a stare senza qualcosa che la alieni. Non ricordo chi ha scritto (forse Eliot) che l'uomo non può sopportare di essere esposto a gradi elevati di realtà. Ecco perché ne inventa sempre di nuove. Capitalismo o altro, il modo per alienarsi lo trova lo stesso. Internet svolge efficacemente questo compito. Ecco perché chi invece vuole provare a esporsi a quanta più realtà possibile per vedere fin dove resiste, deve tenere conto di questo aspetto.
    Quanto a definire il concetto di "realtà" è cosa lunga per poterla fare su due piedi, ma grosso modo concerne tutto quello che rimane quando le illusioni cadono: se cadono, naturalmente. C'è sempre il rischio che una illusione ne sostituisca un'altra.
    Ciao

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  4. concordo anche se metto l' accento sulla qualità, sulla sua ristrettezza o ricchezza, dell' alienazione, la quale in qualche modo "emana" sempre dagli oggetti che ci circondano (dal modo sociale in cui sono prodotti in particolare) e che fanno dell ambiente che abitiamo "un mondo"

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