Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

venerdì 2 novembre 2018

Homo sapiens ignarus

Siamo circondati dall'inattendibilita'. L'uomo non sa nulla, o meglio, sa troppo di quel poco che sa, è le sue facoltà si otturano molto ma molto facilmente. Siamo esseri ignari. La chiaroveggenza non si può trasmettere da un essere all'altro perché il demone  della dialettica intorbida subito le menti. È per questo che molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Gli eletti sono esseri solitari. E anche loro possono perdersi a metà strada. L'ignoranza è la caratteristica più precipua della nostra specie. Che degli esseri come noi calchino il suolo di questa terra e proliferino, è veramente un mistero. È la potenza suprema dell'ignoranza È già un risultato enorme sopravvivere ai nostri pasticci. Come diceva Heidegger, ormai solo un dio ci può salvare. Se c'è da qualche parte.
Noi piccoli individui abbiamo il nostro bel daffare a cavare da noi stessi qualcosa che sia autenticamente nostro. Ennesima illusione.

venerdì 5 ottobre 2018

Divagazioni tra YouTube e Chopin

E adesso dovrei scrivere delle brutture del capitalismo, o dei deliri della società dello spettacolo, oppure trattare il grande tema delle contraddizioni del governo giallo verde. Ma lo sbadiglio incipiente e il clima già un po autunnale mi inclinano al vaffanculo.
Preferirei parlare delle mie serie tv preferite, su tutte il Dr. House. Poi ho scoperto Revenge, che avevo snobbato qualche anno fa, quando mi consideravo troppo figo per guardare certe cose.
In ogni caso le serie tv comprendono un po tutti gli argomenti, primo tra tutti le brutture del capitalismo, che se si è molto ricchi, proprio non si vedono..
Oppure sarebbe interessante cercare di capire il proliferare di video su YouTube di gente che ti insegna come sviluppare la tua vita spirituale. Il tutto con video accattivanti in cui si vede una mano che con una matita disegna a velocità acceletata i concetti che la voce fuori campo esprime, così, giusto per renderli più godibili e accessibili alla cosiddetta gente comune. Ma dopo un po questi video sembrano tutti uguali e allora viene voglia di virare su qualcos'altro.
Ad esempio il concorso Chopin per pianisti, trasmesso in grande stile dalla Polonia. Si vedono ragazze e ragazzi che suonano in maniera impressionante le sonate, i preludi, le mazurche ecc.
Si percepisce la tensione, ti accorgi che che è una cosa serissima, che si giocano la vita sulla tastiera, un po come fece Chopin stesso, abbandonando la Polonia a vent'anni e deciso a vivere della sua musica. Per qualche strano fraintendimento si tende ad associare Chopin con la delicatezza, le sfumature, una certa molle effeminatezza, ma questo è un errore. Chopin fu a tutti gli effetti un eroe romantico, anche se fuori dai canoni roboanti di Listz o Byron.
Certo, le sue atmosfere sono delicate e piene di tutta la gamma delle emozioni umane. Si dice che il suo  tocco  alla tastiera raggiungesse dei livelli di  pianissimo quasi inudibili. Detestava  Beethoven perché troppo volgare.Amava Mozart e Bach. Chopin fu quelli che si dice un vero genio  uno dei pochi che si può realmente definire tale. Quello che ha prodotto è unico. Prima di lui non c'era nulla di simile. Se ne accorse Schumann, suo coetaneo, che in alcune composizioni pianistiche come gli Studi Sinfonici, si ispirò a lui. Perfino nel serioso Brahms ci sono echi chopiniani nei pezzi pianistici.
Certo, la sua musica è associata al languore nostalgico. Eppure Chopin fu un musicista profondamente virile e se anche nei ritratti appare etereo e cagionevole di salute, era anche una persona dotata di un carattere molto forte, duro con sé stesso. Sapeva tenere testa agli editori reclamare i soldi dovuti con fermezza. Solo la fine della relazione con George Sand fu il colpo che lo indusse a non desiderare più lottare per vivere. Seppe affrontare la morte, a 39 anni, con coraggio, senza recriminazioni. Volle distruggere le opere incompiute per rispetto al pubblico. Il "piccolo Fritz", come lo  chiamava George Sand, aveva un cuore senza paura: senza paura e malato di nostalgia.

giovedì 27 settembre 2018

Deserto d'acqua di J. G. Ballard

Diverso tempo fa mi era venuta la balzana idea di "recensire" i libri più importanti e formativi della mia vita: non necessariamente i più belli, ma quelli che avevano dato l'impronta al mio gusto e al mio sentire letterario, i libri che mi hanno fatto risuonare qualcosa dentro, in un'eco che dopo svariati decenni ancora non si è spenta. I libri di una vita, insomma. 
Svariati impegni, problemi e circostanze imprevedibili mi hanno distolto da questo intento. Ma siccome sono uno che cerca sempre di mantenere le promesse, ecco, per la gioia dei miei 1/2 lettori, il terzo della serie (dopo Orfeo in paradiso e La montagna incantata). Grazie per l'attenzione.

All’incirca nell’estate 1977, mi trovai tra le mani questo Urania già vecchio di qualche anno e un po’ stropicciato. È stato ripubblicato di recente con il titolo Il mondo sommerso, più fedele all’originale The drowned world. Ero nella casa che avevamo all’epoca in una valle bergamasca poco turistica. Circondato da boschi e montagne, sulla terrazza, nel fresco dell’estate, lessi questa epopea del calore sfibrante, questa fine del mondo differita, questo salto all’indietro temporale verso le giungle del nostro passato filogenetico.
Allora mi attrasse l’aspetto catastrofista della storia, con il mondo prigioniero di un clima triassico tropicale, la grande metropoli di Londra trasformata in una laguna in cui elicotteri dell’ONU vanno e vengono tra i palazzi in rovina in cui vivono iguane giganti che il rumore delle pale fa spaventare e tuffare in acqua. Nell’immensa città fantasma lagunare emergono ogni tanto radure metafisiche alla De Chirico fatte di piazze e colonnati, dove squarci improvvisi in mezzo alle liane fanno balenare il riflesso intollerabile del sole sull’acqua, che rende tutto nero, invisibile.
Il retro di copertina recitava: “zanzare grosse come libellule entrano dalle finestre del Ritz di Londra” o qualcosa del genere.
Personaggi dal perfetto aplomb inglese che potevano essere essere tratti da qualche serie TV tipo Avengers, con Patrick MacGoohan e Diana Rigg, passeggiavano tra le rovine di un mondo perduto e sfinito, pronti a tutto. Per la prima volta lessi frasi tipo “le giungle autofaghe di Max Ernst” che mi spinsero a vedere chi mai fosse questo Max Ernst e che mi appassionarono da allora alla pittura surrealista. E in effetti tutto il romanzo sembra una grande carrellata di quadri surrealisti.
Ballard è riuscito a creare un connubio perfetto tra un realismo impeccabile (nella descrizione degli oggetti, delle case, del fango, delle iguane, del sudore che bagna i corpi senza speranza di sollievo) e il surrealismo della giungla che viene sempre più a coincidere con la giungla interiore. Un lento suicidio per regressione amniotica è l’ossessione di tutto il romanzo. Con quel Urania tra le mani qualcosa in me comprese che mi trovavo davanti a una grande esperienza letteraria. Il mio cervello adolescente fu letteralmente stimolato a produrre visioni di lagune formatesi tra grattacieli altissimi, di piazze misteriosamente salvate dalla marea del fango nelle quali appaiono statue bianche, marmoree, a testimonianza che il passato dell’umanità non è altro che sogno.
Soprattutto da questo romanzo imparai la luce.
In pochi romanzi come in questo la luce domina tutto.
A distanza di più di quarant’anni, se chiudo gli occhi rivedo ancora quella luce abbacinante che si riflette su una piazza bianca circondata da colonnati, con le ombre nettissime e tutto intorno la giungla immensa, sterminata, dalla quale emergono palazzi ricoperti di felci gigantesche. La luce si riflette su pavimenti di marmo bianco appena sporcati dal fango di impronte umane dirette verso l’ignoto, in qualche punto della giungla circostante. In questa luce il calore è semplicemente inconcepibile. Eppure anche qui, in questo inferno di luce, l’uomo pensa e sogna.
I sogni sono infatti la chiave d’apertura della storia.
Una squadra di ricercatori scienziati guidata da militari dell’ONU sta esplorando il sistema di enormi lagune che ricopre la città che un tempo fu Londra. Siamo alla fine del ventunesimo secolo o giù di lì e una serie di alterazioni nel sole hanno fatto aumentare la temperatura globale. Le calotte polari si sono sciolte e il livello dei mari si è alzato di decine di metri trascinando con sé innumerevoli quantità di detriti e fango che hanno seppellito tutte le città costiere e su cui è cresciuta una giungla immensa, grande come l’intero pianeta. Le temperature all’equatore raggiungono ormai gli ottanta gradi e la vita umana è possibile solo entro il circolo polare artico con gli abitanti che divengono sempre più sterili e meno numerosi. Il genere umano è votato all’estinzione: “l’albero genealogico dell’umanità si stava sistematicamente potando  da solo, risalendo alle radici e sarebbe giunto un momento in cui un secondo Adamo e una seconda Eva si sarebbero trovati soli in un nuovo Eden”.
Le temperature sono in costante aumento. È come se la natura avesse deciso di espellere l’uomo da sé, per fare proliferare antiche forme di vita, come i rettili e gli insetti.
In questo nuovo Triassico i militari e gli scienziati dell’ONU, esplorano ciò che rimane delle città sommerse dell’Europa “come tante Venezie riluttanti ad accettare l’inevitabile matrimonio con il mare”.
Il biologo Robert Kerans, membro della spedizione, è nato nel circolo polare artico, non ha mai conosciuto l’antica civiltà umana, per lui i ruderi e le rovine dei grattacieli non rappresentano nulla più di un curioso sfondo lagunare. Da mesi alberga all’ultimo piano del Ritz, ormai al pelo dell’acqua e flirta con Beatrice Dahl, una strana figura di donna che vive in un mega attico con vista su laguna e rovine, che passa il tempo prendendo il sole in terrazzo, nelle primissime ore del mattino, quando è ancora possibile resistere. Sia Kerans che Beatrice, hanno trovato la loro dimensione esistenziale nelle lagune e quando il colonello Riggs, capo della spedizione, annuncia che di lì a pochi giorni se ne dovranno andare, accusano il colpo. Alcuni degli uomini della spedizione hanno cominciato a fare strani sogni, dai quali si risvegliano alterati. Insieme allo scienziato Bodkin, Kerans indaga sugli strani sogni dell’equipaggio. Sembra che questi sogni riguardino un sole enorme, che pulsa e che sovrasta una giungla immensa, un sole che lancia un richiamo e il pulsare della luce si sovrappone alle pulsazioni cardiache. Il sogno è un richiamo fortissimo, che rende durante il giorno catatonici gli uomini, in particolare il tenente Hardman.
Quest’ultimo, alla notizia che la spedizione sta per ripartire per il circolo polare, ruba un barchino e scompare nella giungla. Inutilmente Riggs e gli altri cercano di riprenderlo. Le sue tracce si perdono verso sud, verso il grande sole che ha visto nei sogni.
Con la scomparsa di Hardman, anche Kerans comincia ad avere il sogno vivido del richiamo del sole. Bodkin, anche lui uno dei “sognatori” dà del fenomeno una spiegazione prettamente junghiana. L’inconscio si sta adattando alla regressione che è in atto nella natura, mettendo l’individuo in uno stato di profondo desiderio di annullamento in questo passato primordiale. Il grande sole del Triassico richiama giù giù dentro l’oceano dal quale siamo nati in un tempo immemorabile, in vista di una nuova rinascita o una completa dissoluzione.
Tutto il romanzo è una lunga, lenta discesa dei protagonisti verso la disgregazione, trattenuti a stento dai pochi che ancora sono attaccati alla propria umanità. Riggs è uno di questi, un militare tutto di un pezzo che per senso del dovere è inattaccabile ai sogni. Strangman, un pirata che con la sua truppa di mercenari  una mattina invade la tranquilla laguna dove Kerans, Beatrice e Bodkin si sono ritirati, abbandonando Riggs e gli altri per seguire il proprio destino regressivo, è un altro.
Feroce, egomaniaco, vitalista, Strangman detesta la giungla ed è attratto dalle vestigia del passato dell’uomo. È un collezionista, un bandito. È un colonizzatore e un pirata, un amante della cultura e un assassino. La sua crudeltà si manifesta nel massacro dei grandi alligatori che infestano la laguna e nel mondo in cui schiavizza i neri che fanno parte dell’equipaggio del suo battello a ruote.
Ma Strangman fa di più. Svuota una delle lagune, riporta alla superficie piazze e palazzi corrosi e pieni di alche che perdono così agli occhi di Kerans e Beatrice il loro splendore per rivelarsi marce e fetide come la morte. È la decisione finale. Non possono tollerare la vista del passato umano, ormai perduto. Vogliono andare avanti, verso sud, verso il sole pulsante.
Da questo momento Strangman attacca Kerans, trascinandolo in uno strano festino orgiastico con i suoi mercenari neri. Kerans viene legato a un baldacchino e portato in giro come il dio Nettuno sconfitto, per le strade asciutte e fangose poi lasciato legato nel baldacchino rovesciato su un fianco finché non sorge il sole. Nel calore terribile del mezzogiorno, Kerans riesce in qualche modo a liberarsi e a raggiungere l’ombra. Bodkin riemerge dalle strade e lo si rivede in cima alla diga con dell’esplosivo. L’acqua riprende possesso della città e la laguna fa il suo ritorno. Riggs ricompare all’orizzonte per cercare di recuperare i recalcitranti nuovi Adami e Eve, ma Kerans spara e fugge in mezzo alla giungla. La sua strada è verso sud. Cominciano le piogge e lui vaga per la foresta. Incontra Hardman nelle rovine di una vecchia chiesa. L’ombra di quello che un tempo fu il tenente Hardman, figura spettrale che non ha niente di più umano, biascica ordini insensati e ha quasi completamente perso la vista. Passano diverse notti insieme al riparo ma un mattino Kerans si accorge che Hardman è scomparso di nuovo. Incide con la canna della rivoltella un messaggio sul muro “certo che nessuno l’avrebbe mai letto. Ventisettesimo giorno mi sono riposato e mi dirigo verso sud. Tutto va per il meglio. Kerans.”
È la fine.
“Così abbandonò la laguna e si addentrò nuovamente nella giungla. Nel giro di qualche giorno si perse completamente, seguendo le lagune che si susseguivano verso sud nella pioggia e nel calore sempre più intensi, attaccato dagli alligatori e dai pipistrelli giganti, un secondo Adamo alla ricerca dei paradisi dimenticati del sole rinato.”
L’incontro con la potenza della natura indifferente che inghiotte l’io civile dell’uomo che tenta di resistere, di darsi un ordine, trova il suo senso proprio nel lasciarsi andare; all’opposto c’è l’ordine (Riggs) o il disordine consentito (Strangman). Tutto questo è  così umano, così lontano dal regno oscuro della morte e dell’istinto, è la cosiddetta normalità, il sano realismo. Anche Strangman, il criminale, ha una valenza positiva in mezzo a tutto questo richiamo mortifero. Mai come in questo romanzo il conflitto tra Eros e Thanatos è assurto a pianeta intero. Il cambiamento climatico è l’innesco per un’esplosione dell’inconscio che travolge tutto. Non a caso il surrealismo è usato da Ballard per cercare di rappresentare questo Triassico del futuro che dilaga tra il Ritz e Leicester Square, tra condizionatori d’aria e pompe idrovore, idrovolanti, impianti ad alta fedeltà, elicotteri, tutta la confortante tecnologia così reale, e le giungle autofaghe di Max Ernst o le figure spettrali di Delvaux.
Ballard è uno scrittore pittorico, moderno in senso novecentesco. Per lui Freud è un faro nel buio, cui si aggiunge Jung e il fascino degli archetipi. In lui il borghese medio britannico, non ancora solo consumatore, viene sconvolto da quello che emerge da se stesso, dal confronto del proprio io civile con la parte di sé che vuole dissolversi nel mondo. Tutti i messaggi dell’inconscio hanno un unico scopo, un’unica direzione: la dissoluzione del sé, la nascita di qualcosa di nuovo, di inconcepibile, dalle rovine della morte.
E non è forse questo quello che fa la grande letteratura? Ci fa viaggiare in mezzo alle rovine, al gran sole triassico, o sotto il gelo siberiano, o tra le stelle, o tra i relitti di un antico amore, sempre a fianco della morte, sempre in cerca della vera vita.




martedì 25 settembre 2018

Microdefinizioni

Filosofia e religione: due suppellettili del ridicolo
*
Assoluto: aspirazione per egomaniaci romantici
*
Nadia Toffa: la dimostrazione che avere il cancro non rende più intelligenti
*
Crescita perpetua: ideale degli ubriachi
*
Eroismo: convivere con le emorroidi, le palpitazioni e le vergogne in tutto il proprio splendore
*
Economia: sbadiglio di tuono
*
Istante: ultima illusionè di una creatura fatta di tempo
*
Sesso: cavalcata tra malinconie

lunedì 24 settembre 2018

C'è un canto dentro di me


C'è un canto dentro di me che non potrà mai uscire dalla mia bocca - che la mia mano non saprà scrivere sopra nessun pezzo di carta.
C'è un canto dentro di me che devo ascoltare io solo - che devo soffrire e sopportare soltanto io.
C'è un canto chiuso nelle mie vene come gli adagi celestiali nelle canne argentate degli organi - c'è un canto che non fiorirà come la radice del giaggiolo sepolta sotto la frana.
C'è un canto dentro di me che che resterà sempre dentro di me.
Se questo canto uscisse dal mio cuore romperebbe il mio cuore.
Se questo canto fosse scritto dalla mia mano nessun'altra parola più potrebbe scrivere la mia mano.
Questo canto non sarà detto che nell'ultima ora della mia vita; questo canto sarà il principio d'una felice agonia.
C'è un canto dentro di me che non può uscire fuori di me perché non furono ancor create le parole necessarie.
Un canto senza misura e senza tempo; senza ritmo e senza leggi.
Un canto che non può adagiarsi in nessuna forma e che spezzerebbe qualunque linguaggio.
Un canto che nessuno potrebbe ascoltare senza che la sua anima fosse sgomenta dalla sorpresa e ricolorata da un altro sole.
Un canto più respirato che detto, più presentito che manifestato: suono di luci, raggio d'accordi.
Un canto che non desidera nessuna musica perché sarebbe più melodioso d'ogni strumento conosciuto.
Dentro il mio cuore così grande che a giorni contiene l'universo questo canto è così grande che ci sta a gran fatica. Nei minuti più angosciosi della vita questo canto vorrebbe traboccare dal mio cuore troppo stretto come il pianto dagli occhi di chi piange se stesso. Ma lo respingo e lo ringhiotto perché insieme a lui anche il sangue del mio cuore traboccherebbe con la stessa furia voluttuosa. Lo rinchiudo in me stesso perché non voglio ancora morire.
Son la vittima docile di questo canto divino e omicida. Debbo serrare il cuore come la porta di una carcere e soffocare i suoi battiti soprumani come tanti rimorsi. Ed essere, con tutta la mia tenerezza, il feroce a cui non s' accostano i deboli.
Perché il mio canto sarebbe uno spaventoso canto d'amore e quest'amore brucerebbe tutto quello che tocca.
L'amore che riscalda soltanto è appena tiepido ma il vero amore nel medesimo soffio bacia e distrugge.
Quest' amore sarebbe così splendente d'infocata bramosia che in quel giorno la terra illuminerebbe il sole e la mezzanotte sarebbe più ardente del più bruciato meriggio.
Ma io non canterò mai questo terribile canto che mi consuma senza che nessuno abbia compassione del mio tormento.
Non canterò questo canto meraviglioso che la mia paura rinnega e che fa tremare la mia debolezza.
Non canterò questo canto perché nessuno potrebbe sostenerne l'infinita, la straziante, la dolorosa dolcezza.

Giovanni Papini

sabato 22 settembre 2018

Considerazioni inattuali di un soma elettronico

In ogni caso la speranza è un tossico e va presa a piccole, piccole dosi.
*
Kafka e David Foster Wallace. Il più recente è una reincarnazione da sit com postmoderna del più antico.
*
Teatro naturale di Oklahoma. Biglietti esauriti, temo.
*
Esegesi finissime mi prudono nella mente ma escono solo scoregge di topo sulla tastiera. Dovrei essere verosimilmente un autore maturo, sulla soglia della vecchiaia, totalmente padrone del mezzo espressivo. Beh, lo sono.  Ma la mia nuvola nera personale offusca il mio splendore.
*
Morire prematuramente oggi è in fondo una vergogna. È segno di debolezza, mancanza di slancio vitale e un tradimento dello sforzo che la collettività tutta compie per reggere questo enorme Bengodi che è diventato il mondo. Ma come, oggi tutti campano fino a 90 anni e oltre e tu vai a crepare a 40 o 50 o 60 anni? Sei uno stronzo.
La sofferenza non deve mai essere sottolineata e la sconfitta, dove avviene, deve essere dimenticata. Chi soccombe deve essere velocemente sostituito.
Gli eroi lottano, con il sorriso, per dimostrare una volta di più quanto è bella la vita. Se perdi, perdi non solo una battaglia, ma il diritto di accesso essere parte del baraccone.
La solitudine del morente, del malato grave, è spaventosamente terribile oggi, al punto che il malato stesso deve fare lo sforzo di comportarsi come se ci credesse alla gioia di cotanta impresa. L'obbligo alla felicità senza patemi deve essere rispettato. È vero che ormai sono pochissimi quelli che si pongono un dubbio sull'esistente. All'ottimismo implacabile dello zeitgeist non si può sfuggire nemmeno con l'ultimo respiro.
Non che la vita sia brutta: la vita è come è.  Non è sul banco degli imputati, la vita: e il cancro, dopotutto fa parte di essa esattamente come ne fanno parte Bruno Vespa, le zanzare, l'Everest, la merda di cane sui marciapiedi.
Solo che non c'è niente di più disperante di un soffocante ottimismo.
*
Se  avessi un'anima immortale, come dice il catechismo, sarebbe un soma elettronico che pulsa nell'aria.
Un'anima con le orecchie a sventola.

sabato 8 settembre 2018

L'ideale dei maiali

Poiché il concetto di felicità borghese è defunto, oggi l’esclusione dal godimento avviene per mancanza di desiderio e non per repressione sociale. Ricchi o poveri, l’accesso al godimento o ai suoi surrogati socialmente più accessibili, è pressoché universale.
Si dovrebbe, allora, incensare una rivoluzione della depressione.
Deprimersi perché non si riesce a godere è fuorviante. Il depresso conosce cose che l’entusiasta può solo fraintendere. 
Depressi di tutto il mondo unitevi! Fate saltare il baraccone per aria! Proclamate all’ecumene l’inanità di qualunque sforzo, il vuoto dietro ogni forma, la stupidità pervicace e ingombrante della pubblicità, dei governi, della democrazia, della dittatura, della vita e della morte.
Proclamate la nausea di fronte al Grande Banchetto.
Proclamate il vaffanculo assoluto. Non a questo o quel personaggio politico, ma al Consumo. No, grazie, no, grazie, no grazie, non ho bisogno, lasciatemi solo. Un esercito di Bartleby che faccia sparire nel cesso i vari Bezos, Jobs, Musk, i capitani d’industria e le vacche da monta.
Silenzio e pace e orizzonti grigi con Mastercard. Abolizione del fottuto turismo universale! Viaggi low cost solo verso i migliori cimiteri per abituarsi all’idea che tutti muoiono, marciscono e puzzano e smettono di essere produttivi.
Niente da fare, niente da vedere, solo fissare muri per ore fino a farli cadere. Questo è il grido di battaglia dei Bartleby di tutto il mondo. Avrei preferenza di no. Avrei preferenza di no. Avrei preferenza di no. Istagram? Avrei preferenza d no. X Factor e Masterchef? Avrei proprio preferenza di no. Facebook? Avrei preferenza di no. Youporn? Avrei preferenza di no.
Depressi di tutto il mondo, abbattete il vessillo della stupida felicità! La felicità del Consumo è l’ideale dei maiali e il maiale è il modello perfetto dell’umano del XXI secolo. Maiale dotato di smartphone. Il perfetto maiale è il turista, con al seguito prole e gadget vari. Tra i gadget e la prole non c’è differenza. I sentimenti e le emozioni si vendono a un tanto al chilo, per ogni emozione c’è una serie TV da comprare.
Il povero uomo coi baffoni già lo disse: che importa a noi della felicità? Può darsi che noi si sia più grandi di essa. La più grande felicità possibile è sbarazzarsi dell’idea di felicità. I vari Bezos e co. lo sanno, ma ve lo tengono nascosto. Per loro dovete solo abbonarvi a Amazon Prime.

mercoledì 5 settembre 2018

La soluzione di Nietzsche

Ritrovarsi significa ritrovare il proprio dolore, la propria gioia. Significa partire dalle nostre albe, dai nostri tramonti, da tutto ciò che ha lasciato un'impronta sulla cera molle del nostro essere, trasformando quello che c'è in noi. Significa ritrovare questa intoccabile solitudine, da cui tutto ha origine.
Conoscere se stessi. Diventare se stessi. Cioè?
Io mi sento avviluppato da questa cosa che è me stesso da sempre, come una qualità addirittura un po' vischiosa dell'aria. Mi soffoca, certe volte. Essere me stesso è un limite: io vorrei essere tutto. Ma il mio me stesso è poca cosa, pochi fatti di memoria che fanno di me, me. Se mi fosse tolta la memoria che cosa sarei? Un essere vivo e palpitante e confuso, tutto qui.
Essere se stessi nell'epoca dell'Alzheimer, strana pretesa.
Ma dunque la formuletta "conosci te stesso" vuol dire qualcosa di più che l'impossessarsi delle proprie memorie e idiosincrasie per farne una specie di monumento a se stessi.
Che significa, dunque? Essere autentici, non portare maschere. Bene, ma già scrivere significa incarnare un ruolo, quello del diarista, che è quanto di più inautentico si possa pensare. Forse la riflessione stessa porta all'inautenticita', è sovrapporre a quello che c'è una pellicola stampata a uso e consumo di chi legge.
Com'è un essere umano autentico, qualcuno che è diventato se stesso?
Si diVenta se stessi man mano che si riduce l'alienazione ai minimi termini possibili, forse.
Dire ad esempio che Buddha è un essere realizzato significa che Buddha non è più un individuo centrato sull'ego, ma sul Se'. Questa bella frase a effetto vuol dire che il Buddha ha compreso le connessioni tra la sua individualità psicofisica e l'universo circostante e le ha trovate indissolubili.
Ha superato il dolore della separazione e si è scoperto tutt'uno con la baracca.
La fusione è avvenuta. Così si racconta.
È la felicità di non temere ppiù la morte.
Buddha è dunque il superuomo di cui balbettava Nietzsche? No, perché Nietzsche aveva delle idee imprecise sul buddhismo: per lui era una religione materna, di rinuncia alla vita e non di reale superamento del nichilismo.
Nietzsche aveva avuto nel buddhismo per così dire la.soluzione sotto gli occhi e non l'aveva colta

martedì 31 luglio 2018

La malattia mortale dei nostri tempi

A che punto è lo stato delle cose? Si può cambiare la realtà o si subisce il reale? Possiamo pensare una superiore civiltà, un gradino più alto nella scala evolutiva per questa sperduta specie umana?  Possiamo diventare migliori di così?
Essere oltre le categorie della colpa, dell'inganno, viaggiare verso la luce di una nuova comprensione delle cose... accadrà mai?
Kierkegaard diceva che la disperazione è la malattia mortale, la malattia per la morte. Esistono anche malattie per la vita, quelle da cui, una volta guarito, ti ritrovi più forte, più sano, più felice. Nietzsche considerava questo tipo di malattia la più grande benedizione.
Noi ora siamo malati per la morte che cercano di camuffare la natura della loro malattia. Cerchiamo di fare finta che vada tutto bene, ci proibiamo di essere disperati.
L' imperativo categorico della società globale è : godi! Sii felice!  Sii forte! Sii sano!
E quindi cerchiamo di nascondere agli occhi di Dio (la società globale) che non godiamo, non siamo felici, non siamo forti, non siamo sani. Non possiamo farci scoprire in peccato mortale. E quindi facciamo come se. Come se stessimo andando verso la salute, la felicità, la salvezza, la forza. Chi non regge la finzione è lasciato al suo destino, la morte sociale. La morte fisica non viene presa in considerazione se non quando accade, o peggio si viene sostituiti prima ancora di decedere, vedi Marchionne.
Tutto è volontà di potenza.
Dobbiamo - vogliamo - possiamo - facciamo.
"Lasciarsi andare" in che rapporto sta con la potenza?
È lasciare che la potenza (che in ogni caso esiste in noi e nel mondo) agisca senza che il nostro io interferisca con le sue paure, le sue proiezioni, i suoi desideri. È lasciarsi andare alla immensa corrente che ci circonda, di cui siamo parte integrante.
È smettere la finzione dell'io e nuotare felice come un bambino, ma saggio come le stelle.

lunedì 30 luglio 2018

Nuovi tempi, vecchie ossessioni

Nel nostro mondo umano le categorie sono necessariamente mediate storicamente. Dire che destra e sinistra non sono concetti superati (secondo Eco il fascismo è addirittura una categoria "eterna"), significa contraddirsi.
Ma come, tutto è mediato storicamente tranne proprio destra e sinistra, a guisa di eterni avversari,  bene e male, yin e yang, Ahura Mazda e Ahriman?
La coscienza infelice continua a operare nella storia anche ora che la classe che ne era più afflitta, la borghesia, non esiste più. Sono solo dei morti viventi percorsi da scariche elettriche di finta bontà universale. Le elite di sinistra non riescono proprio a staccarsi dalla loro coscienza infelice, neanche ora che il male è perfettamente compiuto, nel senso della "compiuta peccaminosita'" di cui parlava Fichte: "l'età della assoluta indifferenza verso ogni verità è dell'assoluta sftenatezza senza un concorde filo conduttore".
In quest'epoca è semplicemente impossibile trovare una via d'uscita dall'impasse con le vecchie categorie.
Occorre inventarne di nuove, oppure soccombere.

giovedì 5 luglio 2018

Contro la rete contro i media contro tutto e il suo contrario

Youtubers di ogni tipo (che però tendono pericolosamente a somigliarsi) si schierano in fazioni che si combattono tra loro sputtanandosi. Il contendere verte su: è giusto sostenere immigrazione, non è giusto farlo, con corollario di: 1) è vero che X fa Y e provoca Z, 2) non è vero, Y ha provocato Z che ha reagito producendo X che 3) a sua volta è una imitazione di W come viene evidenziato in questo video. Subscribe, please.
Poi c’è la forsennata questione dei media mainstream che mentono come respirano (un media non respira, è solo una metafora) tutti tesi a sostenere i propri padroni a ogni costo. Poi si scopre che anche certe informazioni in rete sono pilotate, certi opinionisti youtubers sono evidentemente prezzolati e si urla allo scandalo, poi si scopre che è una fake news. E si ricomincia daccapo.
La Gabbanelli è informazione mainstream per cui, mentre sembra spiegare bene le collusioni di T con K in realtà mostra solo un pezzo del discorso in quanto si scopre che K è nemico giurato di H che ha tutto l’interesse a che T venga quanto meno ridimensionato. Le Iene fanno lo stesso sputtanando certi maghi e incensandone altri e così pure Otto e mezzo e La gabbia e Piazza pulita sono tutti rigorosamente contro il neo governo, così come erano tutti rigorosamente a favore del governo precedente. Tutta l’informazione mainstream è fatta da programmi che in fondo tutelano gli interessi del loro padrone, cioè il sistema capitalistico finanziario. Nel frattempo si scopre però che lo stesso sistema capitalistico ecc, finanzia anche Google e Facebook lasciando non pochi dubbi su quanto l’informazione web possa essere libera.
Le opinioni, le teorie, le rivelazioni, le notizie, le contro notizie si accavallano e si intrecciano senza fine, come strani animali vermiformi che pullulano nell’oceano virtuale del Sistema.
Nessun idealista tedesco, nemmeno nei suoi più elevati sogni (o deliranti incubi) avrebbe potuto prevedere che un giorno un intero pianeta sarebbe assurto al livello delle Idee platoniche digitalizzate.
In questo oceano l’indifferenziato cerca di incarnarsi goffamente. Agire significa intorbidare ancora più le acque, illudersi di fare la differenza, ma è solo un’altra opinione che erutta dal fondo.
Si scopre dunque che la carne fa bene e la pasta male, e che le malattie non esisterebbero se l’uomo vivesse ancora nelle caverne. Salvo smentita dalla scienza ufficiale, ma si sa che la scienza ufficiale, è tutta al servizio del grande capitale, e anche sull’evoluzione ormai ci sono grossi dubbi, in quanto anche Darwin è al servizio del grande capitale poiché la teoria dell’evoluzione avalla il più spregiudicato neoliberismo. Gli scienziati cercano di spiegare che la teoria di Darwin è complessa e sottoposta ormai a numerose revisioni, nonostante il suo nucleo essenziale rimanga inalterato. Darwin non ha mai veramente detto che l’evoluzione è basata sulla sopravvivenza del più forte, bensì del più adatto, e che oltre a meccanismi di sopraffazione, la natura mette anche in atto meccanismi di cooperazione. Ma la scienza, mente quasi al pari dell’informazione mainstream. L’unico vero scienziato è rimasto Zichichi, si sa.
L’obbiettivo del demone della dialettica, in questo marasma quotidiano, è che ognuno scelga la sua opinione e con essa si trastulli, la utilizzi come bambola gonfiabile con cui galleggiare nel mare dell’indifferenziato e ogni tanto sfogare i propri istinti.
Se un essere di un altro pianeta cercasse di capire qualcosa della specie umana immergendosi nel bailamme chiamato informazione contemporanea, a un primo impatto si troverebbe in mezzo a un tornado di cose che gli ronzano intorno e addosso. Sembrerebbe impossibile riuscire a destreggiarsi lì in mezzo. Poi il nostro essere ultraterreno comincerebbe a capire lo schema. Si accorgerebbe che ogni discorso, sebbene apparentemente complesso, verte intorno a un nucleo centrale costituito dall’interesse personale di chi lo esprime. Per interesse personale si può intendere, più in generale l’interesse del gruppo di cui fa parte chi fa il discorso.
La verità contenuta nel discorso stesso è ininfluente. Ci possono essere discorsi in cui la percentuale di verità (cioè di riscontro con la realtà fattuale esterna al discorrente) è molto elevata, ma non è questo che si ricerca, quanto piuttosto la preservazione e, ove possibile, l’incremento sociale del proprio gruppo di appartenenza.
Se questo essere ultra terreno, per uno strano effetto sinestetico che noi umani non possiamo neppure immaginare, “vedesse” le varie informazioni, queste le apparirebbero come vorticanti macchie di colori diversi tutte tendenti a inglobare macchie di altri colori, senza tuttavia mescolarsi quasi mai. A volte una macchia riesce a inglobarne un’altra e il colore di quest’ultima si mescola con quella più potente: ma in questo modo anche l’identità della prima macchia, pur vittoriosa, è cambiata per sempre. Questa nuova entità si scontra con altre macchie formando schemi di colori senza limiti.
È un gioco come quello di Krishna che crea l’universo. Trastulli. Il movimento delle macchie è creato dal frangersi continuo dei colori nel mare della volontà di potenza. Espansione, contrazione, spiegazione, colorazione, tutto virerebbe verso il bianco se cessasse di agitarsi.
Vedere questo schema generale è come vedere il gioco di Dio. Non c’è verità se non fuori dallo schema. Chi è dentro lo schema non è dentro la verità, ma dentro a una macchia colorata che lotta per inglobarne un’altra.
“Il senso del mondo giace fuori di esso.” Wittgenstein.

martedì 3 luglio 2018

Sull'utilità e il danno della storia nella vita

Sì dice che la rivoluzione russa fu finanziata da alcuni banchieri tedeschi e americani. Lenin ricevette soldi, parecchi soldi, dal Kaiser Guglielmo II e il ritorno di Trockij in Russia nel 1917 fu finanziato niente meno che dalla  J P Morgan di New York. Lo scopo principale nel finanziare questi famosi rivoluzionari era mettere fuori gioco una volta per tutte la Russia zarista. L'obbiettivo dei banchieri tedeschi e americani era potersi spartire i nuovi e fiorenti mercati petroliferi mondiali e tutto il resto del commercio internazionale, senza quella che sarebbe stata una concorrente troppo forte per risorse. La Russia aveva il difetto di essere ricchissima, con una popolazione poverissima e tutte e due le gambe infilate in Europa. Era troppo da sopportare. Cosa c'era di meglio di una bella rivoluzione popolare per metterla in ginocchio definitivamente?
Cosa c'è di vero in questa versione dei fatti non lo so, è quantomeno verosimile.
Di solito chi parla di queste cose fa partire un pippone sul complotto giudeo - pluto - massonico con accompagnamento di Illuminati vari, per finire con il Nuovo Ordine Mondiale ecc ecc.  Me ne guarderò bene. Ci provo' quell'ingenuo di Celine e gliene incolse talmente male che la sua vita ne fu rovinata.
Oggi, grazie a Internet, un po' di complottismo non si nega a nessuno. Come sempre però, verità e idiozia si mescolano a tal punto che non si distingue più nulla.
Un controllo assoluto su questo verminaio che è la storia umana, non mi sembra verosimile. Le variabili sono troppe perfino per le elite più potenti. Tuttavia la volontà di potenza non dorme mai. La storia è un incubo idiota dal quale non vogliamo svegliarci. Il fiume del divenire è una corrente spaventosa dentro la quale ha luogo una strabiliante eterogenesi dei fini, come dire che le cose vanno a cazzo come vogliono, nonostante tutti i complotti. Le analisi sono sempre tutte fatte a posteriori.
E intanto ancora non capiamo veramente cosa fa di noi, noi. 

sabato 23 giugno 2018

Analisi differenziale

Il cosiddetto istinto di morte è più forte nei maschi, i quali si devono notoriamente dissipare nelle guerre o, in mancanza di esse, in attività pericolose / idiote / inutili.
Una società quasi completamente (ma potremmo togliere anche il "quasi") femminilizzata come quella occidentale, - globale in cui viviamo offre poche o nessuna chance per il maschio che non ce la fa. O si femminilizza e allora si deprime o rimane se stesso e allora collide con il resto del mondo. E si deprime. La depressione è inevitabile. A volte la depressione è così mascherata che sembra quasi normalità. Ma se si va a grattare sotto la crosta, ecco tutto un pullulare di compulsioni, dipendenze, malanni psicosomatici,  disperazioni ovattate che affliggono il maschio del XXI secolo.
È così semplice, in fondo.
Se diventi una rock star ti uccidi. Se non lo diventi ti uccidi lo stesso. Se non ti uccidi, uccidi il tuo dolore e vivi come uno zombie, cioè come il 98% della popolazione terrestre umana.

venerdì 22 giugno 2018

Populismi 4: ancora su destra e sinistra

Affermare che destra e sinistra sono involucri svuotati di senso, non significa affatto che le istanze (le aspirazioni, le idee) dietro a questo concetti siano venute meno. C’è bisogno di ritrovare una certa identità comunitaria, di popolo (destra), come c’è bisogno di prendersi cura degli svantaggiati, degli ultimi (sinistra). C’è bisogno di redistribuzione delle ricchezze in senso egalitario (sinistra), come c’è bisogno di riconoscere che l’uguaglianza può diventare una trappola (destra). C’è assoluto bisogno che i diritti umani di base siano rispettati (sinistra), come c’è altrettanto bisogno del più lucido realismo nel giudicare gli eventi (destra). C’è bisogno, insomma di un nuovo modo di ripensare la realtà sociale nel senso di un superamento del capitalismo (sinistra) che tenga però anche conto che alcune pulsioni umane sono incancellabili e vanno gestite (destra).
Gli aspetti oscuri della destra (razzismo, violenza, intolleranza), si sono scagliati contro gli aspetti oscuri della sinistra (classismo, violenza, intolleranza). L’errore degli ultimi duecento anni (errore terribile, foriero delle più grandi tragedie) è aver visto come opposti dei fenomeni che sono complementari.
In buona sostanza la destra può essere vista come “esistenziale”, cioè propugna una natura umana immutabile, individuale, gerarchica, territoriale, tradizionale, che va mantenuta, “conservata”. La sinistra è “normativa” afferma che la natura umana ha un’origine nei rapporti socio economici e può essere dunque corretta, e va corretta, in senso collettivistico, dinamico, tecnico, extraterritoriale, sganciato dalle pastoie di qualsivoglia “tradizione” e che il “progresso sociale e tecnologico” è la direzione sulla quale puntare la barra del timone.
Forse sarebbe un’ambizione troppo grande puntare a una unione di queste forme complementari? Sì, probabilmente sì. L’uomo non è pronto a fare questo salto. Non è pronto a unire compassione e grazia e giustizia, dentro di sé. Libertà, uguaglianza, fraternità. Troppa libertà disgrega. Troppa uguaglianza soffoca. Fu per questo che Robespierre, illustre carnefice e vittima della libertà e dell’uguaglianza, fece aggiungere agli obiettivi primari della Rivoluzione la fraternità, unica forza che può impedire i massacri. Unica forza che può unire le forze complementari. Unica forza che non entra mai in campo se non raramente e per brevi, intensissimi momenti che però ci hanno consentito finora di non spazzarci via dal pianeta.
È così. La destra non sarà mai sconfitta. E nemmeno la sinistra. Esse esistono come forze complementari dell’animo umano.
I “populismi” di quest’ultimo decennio sono un mescolamento di destra e sinistra, una polverizzazione, un omogeneizzato di tutto quello che è stato il conflitto sociale degli ultimi cento anni. A tratti, nel pulviscolo, si riconosce qualcosa, ma tutto resta essenzialmente indistinto. Questo omogeneizzato di destra – sinistra è il risultato della distruzione sistematica della coscienza individuale nel capitalismo liberista. Dato che il cittadino consumatore deve solo tutelare i propri vantaggi di consumo e niente altro, le politiche sociali ed economiche, sono sempre più schematiche. Nel voto “di pancia” che ha fatto vincere in Italia e in altre zone dell’Europa i “populismi”, giace la sofferenza dell’irrisolto, il tentativo estremamente goffo dell’individuo di riprendersi una sorta di collettivo che la società liberista ha fatto letteralmente sparire.
Bisogna fare attenzione a non sottovalutare il bisogno di “populismo” che ha l’uomo medio di questo tempo. Può essere criticabile, puerile, mediocre, ma il dolore che sottende questi movimenti, è reale, è anzi, l’unica cosa reale rimasta.
Siamo tutti orfani di qualcosa, in quest’epoca. Ci curiamo con dei surrogati. Giochiamo con concetti svuotati perché non abbiamo la forza di tornare umani, o diventare veramente tali, una buona volta.
Che significa diventare “umani”? Significa compiere in sé quella totalità, la fraternità, che ci sfugge sempre e che in quest’epoca non è nemmeno più un miraggio, accecati come siamo dai fantasmi della libertà e dell’uguaglianza. 
(continua)

sabato 16 giugno 2018

Populismi 3: destra e sinistra

“Ciò che mi obbliga a scrivere, penso, è la paura di diventare pazzo.”
Georges Bataille

Destra e sinistra sono concetti ormai superati. Questa affermazione, indipendentemente da chi la fa, suscita invariabilmente reazioni che vanno dalla perplessità, se va bene, all’aggressività, se si incontra la persona sbagliata.  Chi dice che destra e sinistra sono concetti superati è per forza di cosa uno che è di destra e non lo vuole ammettere. Perché essere di destra nel 2018, naturalmente, è una cosa molto brutta. Al che si potrebbe ribattere che chi crede che queste categorie non si possano in nessun modo trasformare è sicuramente di sinistra. Per quelli di destra essere di sinistra, sempre nel 2018,  è ovviamente una cosa molto brutta. Il superamento delle categorie destra – sinistra, è ancora più inaccettabile per chi si sente legato alla sinistra che è la categoria più visibilmente vicina all’estinzione delle due. È dunque una forma ininterrotta di nostalgia. Qualcuno potrebbe ribattere che il mondo è prevalentemente e tragicamente di destra, ormai, visti i risultati dele elezioni dimolti paesi del mondo, ma non coglierebbe il punto. Le istanze di sinistra non sono affatto sparite. Sono mescolate con quelle della destra in modo indissolubile. D’altra parte il mescolamento dei due fronti non è cosa nuova, accade fin da quando esistono. Ma vediamo un po’.
In primo luogo destra e sinistra sono, nel 2018,  categorie emotive/spirituali, non ideologiche o politiche.
 Nati con la Rivoluzione francese, i concetti di destra e sinistra hanno subito mutevoli variazioni, tutti ruotanti grosso modo intorno a uno stesso asse: destra reazionaria, conservatrice e nazionalista, portatrice delle istanze delle classi dominanti; sinistra rivoluzionaria, progressista e internazionalista, portatrice delle istanze delle classi dominate. Lo schemino da terza media, con tutte le variazioni possibili, può essere riprodotto fino al 1989.
Già prima di questa data però, due notevoli infiltrazioni invasero i campi rendendo le cose ancora più confuse. Nazional socialismo e fascismo nacquero entrambi come fenomeni in cui alcune istanze di sinistra (la difesa delle classi lavoratrici dallo strapotere padronale e bancario) con alcune istanze di destra (il nazionalismo) erano indissolubilmente mescolate. Non si possono scindere fenomeni come il nazismo e il fascismo senza tenere conto della profonda adesione popolare che ebbero. Entrambi i totalitarismi europei si identificarono con la destra in funzione anti comunista, ma le radici di tutti questi movimenti (comunismo, fascismo, nazismo) sono le stesse. Sono tutti frutti della pianta socialista. Il socialismo era naturalmente di sinistra, poiché era internazionalista e propugnava l’abbattimento delle disuguaglianze sociali. Continuando con lo schemino da terza media si vede facilmente che fenomeni evidentemente di destra e fenomeni di sinistra, lungi dall’essere completamente opposti, sono per lo meno contigui. Il demone del nazionalismo, a destra, sfociò nella difesa della “patria”, che poi divenne “razza” che poi divenne razzismo e più che altro antisemitismo. L’origine dell’antisemitismo è molto complessa e non la posso certo trattare qui. La cosa curiosa è che pogrom antisemiti avvennero anche in URSS che avrebbe dovuto essere la patria dell’internazionalismo socialista. Insomma lati oscuri del razzismo e del patriottismo erano presenti nei due opposti schieramenti, sia pure in misura differente.
In buona sostanza destra e sinistra si sono fronteggiati per ben due secoli. Tuttavia, come accade sempre, il nemico lo si odia e lo si combatte senza accorgersi che in qualche misura ci fa sempre da specchio.
A livello più profondo si potrebbe tranquillamente affermare che destra e sinistra sono categorie spirituali che appartengono all’individuo moderno/post moderno. Istanze conservatrici, istanze libertarie, istanze comunitarie, istanze progressiste, rivoluzionarie, esistenziali, normative: tutto questo è contenuto nel nostro oscuro animo e viene alla luce secondo i movimenti che i popoli e le élite fanno in quella tragicomica sequenza di insensatezze che chiamiamo storia (rigorosamente minuscolo).
Quello che è accaduto dopo il 1989, con lo spalancarsi delle frontiere e lo scatenarsi del libero mercato, è che ognuna di queste istanze rimaneva nella sua legittimità, ma le carte si sono completamente mescolate. I vecchi partiti della sinistra hanno pensato bene di rimodernarsi in senso liberista: in questo caso ha prevalso l’internazionalismo di sinistra con un camuffamento che è tra i trasformismi più beceri della storia. E' subentrato l’internazionalismo delle merci, cioè una identificazione assoluta con il Capitale e le sue esigenze. Non si è mai vista una resa più totale dal punto di vista ideologico.
La destra dal canto suo, ha da un lato radicalizzato le istanze di protezione borghese perdendo nel contempo quell’impulso anticapitalista che aveva in comune con la sinistra, sia pure con prassi diverse. Man mano che il capitalismo finanziario liberista e neo liberista prendeva piede in occidente e in Europa, l’erosione del potere d’acquisto delle classi medie, di fatto il sensibile impoverimento di chi prima poteva a buon titolo definirsi “borghese”, ha fatto sì che i partiti della destra più popolare potessero fare da cassa di risonanza per il malumore generale.
“Un milione di posti di lavoro” era lo slogan berlusconiano, ma anche i destrorsi del resto d’Europa cercavano di fare promesse simili.
Il trionfo del capitalismo liberista non ha dunque cancellato le istanze che avevano segnato la nascita della dicotomia destra sinistra, si è limitato a spostarle da un campo all’altro. È stata la cosiddetta destra a fare le veci della sinistra nella difesa (o almeno della sua promessa) delle cosiddette classi subalterne. Naturalmente lo ha fatto nel senso del tradizionalmente destrorso concetto di “patria”, “nazione”, “difesa del territorio”, “sicurezza”, tutte per altro rivendicazioni legittime: lo erano anche quelle di Hitler e Mussolini all’inizio. Stando così le cose si era avuto un ribaltamento totale rispetto al passato pre-1989: la destra attirava di più il popolo in difficoltà, la sinistra le classi medio alte, imprenditori a capo delle medie e grosse imprese.
L’Italia, in cui la guerra civile post 1945 non è mai veramente finita, è stato uno dei paesi dove maggiormente la tifoseria ideologica si era accanita. Dopo il 1989, con la scomparsa del PCI e l’avvento di Berlusconi, destra e sinistra sono implose e hanno cominciato ad avvicendarsi al governo del paese senza che qualcosa di veramente essenziale li distinguesse. E tuttavia i “popoli” di destra e sinistra continuavano a guardarsi in cagnesco e pretendevano gli uni sugli altri una superiorità morale che la realtà si incaricava di smentire ogni volta.
Con il finire del primo decennio del XXI secolo questa contrapposizione sempre più stanca, sempre più indistinguibile, è stata spazzata via dai movimenti cosiddetti “populisti”. Allora sì che i vecchi concetti destra – sinistra hanno mostrato definitivamente la corda, peggio, si sono completamente fusi. I movimenti “populisti” piaccia o no, sono la redde rationem della dicotomia destra – sinistra.
Ecco che destra e sinistra appaiono ormai involucri svuotati di senso. Le istanze che li animavano però restano, perché sono umane e dunque in linea di massima le stesse nei secoli, più o meno. (continua)

venerdì 15 giugno 2018

La pietà

L'uomo, monotono
Universo,
Crede allargarsi i beni
E dalle sue mani febbrili
Non escono senza fine
Che limiti


Attaccato sul vuoto
Al suo filo di ragno
Non teme e non seduce
Se non il suo proprio grido

Ripara il logorio alzando
Tombe,
E per pensarti, Eterno,
Non ha che bestemmie

Giuseppe Ungaretti

mercoledì 13 giugno 2018

Populismi 2

Il demone della dialettica produce, direi meglio, secerne, una specie di immaginario collettivo che rende qualunque tipo di soluzione intrapresa in qualsivoglia campo una questione prima di tutto emotiva. E le questioni emotive, si sa, hanno tutte i loro corollari di esagerazioni, omissioni, remissioni, revisioni, malafede, ipocrisia e scambio di opinioni antitetiche senza che si venga mai a capo di qualcosa di definitivo. In questo il demone della dialettica ci sguazza. Il suo compito è creare in primo luogo confusione.
Un primo aspetto della confusione è non vedere i rapporti di forza nella loro realtà e non percepire l’essenziale che giace al di sotto di ogni situazione.
Razionalmente parlando mi sembra più che giusto e direi anzi, normale, che l’enorme problema dell’emigrazione sia gestito collettivamente a livello europeo e non sempre dai soliti. È per questo che credo che il governo italiano abbia agito in modo conforme alle sue prerogative. Forse tutto questo suona semplicistico. La colpa di tutto, si sa, è del turbo capitalismo, l’euro, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, l’accumulo di capitale in poche mani e una redistribuzione a dir poco allucinante delle ricchezze, la povertà del continente africano, gli sfracelli del colonialismo, lo sfruttamento delle multinazionali, la caduta del saggio di profitto, il razzismo strisciante di frasi tipo “aiutiamoli a casa loro”. Tutto vero, tutto ovvio. Tuttavia il governo ha agito in base alle proprie prerogative. E non è nemmeno vero che i porti sono stati chiusi. Ed è talmente stupefacente vedere il governo italiano decidere qualcosa per conto proprio, che si rimane un po' sbigottiti. Non ci siamo abituati, ecco. Dai tempi di Craxi e Sigonella non si vedeva qualcosa del genere. Non so se è un buon auspicio per il governo, sappiamo che fine ha fatto Craxi.
Molti cittadini italiani sentono preoccupazione per la marea montante della destra che ha invaso il paese. Altrettanti e forse più sentono soddisfazione per lo stesso motivo. Quello che ha poco senso è temere per la perdita delle proprie libertà democratiche faticosamente conquistate: queste libertà sono già state estinte con la collaborazione attiva e fattiva dei governi di sinistra degli ultimi 25 anni. A che serve temere qualcosa che è già avvenuto?
Le élite si alternano nel tempo, un po’ come i poliziotti buoni e quelli cattivi negli interrogatori.
È il demone della dialettica che ride e continua a trascinarci per i capelli, giù nell’oscurità dell’inconsapevolezza.
Le élite si alternano, dicevo prima. Ora abbiamo al governo una élite “populista” che ha vinto le elezioni proprio perché si è schierata contro l’élite politica e finanziaria che spadroneggia in Europa. Questo governo “populista” però ha in sé alcuni elementi legati alla élite finanziaria: un nome tra tutti è Paolo Savona, membro del comitato esecutivo dell’Istituto Aspen Italia, cioé quanto di meno anti globalista si possa immaginare. Insomma, il dubbio che siamo di fronte al solito "cambiare tutto per non cambiare nulla" viene.
Staremo a vedere, non possiamo per ora fare altro.
Fa sorridere vedere come i più ferventi sostenitori dei diritti umani avallino un sistema che li calpesta sistematicamente e si fanno venire la lacrimuccia indignata di fronte allo spettacolo dei poveri cristi sull'Aquarius, ma nessuna lacrima, tranne quelle della Fornero nel 2012, per le conseguenze dell'impoverimento sistematico di milioni di italiani, come se una cosa non fosse conseguenza dell'altra. Lacrimucce a comando.
Al popolo non resta che la tifoseria per calmare gli ardori e smorzare la frustrazione di non contare mai un cazzo e di essere essenzialmente un gregge di pecore che cambia solo padrone. Possiamo  manifestare simpatia o antipatia per questa nuova élite gialloverde, trovarli innovativi o gattopardeschi, vomitare bile quando li si vede in TV oppure sentire fremere il cuoricino quando li si sente parlare o quando Salvini fa la voce grossa in Europa. Va tutto bene, è tutto uguale per il peone: la storia non passerà mai da lui. La storia la fanno le élite, siano liberiste o marxiste, gialloverdi, rossobrune, o color piccione in fuga.
Il fascismo è eterno diceva Eco, ma lo è proprio nella misura in cui in esso destra e sinistra sono indissolubilmente legate. E così il popolo sceglie in libere elezioni dei fascismi di varia natura, qualcuno più teconologico e neoliberale, qualcun altro più ruspante e casareccio, qualcuno più digitale e virtuale, qualcuno più ecologico. C'è un fascismo per tutti i gusti.
Diceva Vilfredo Pareto “Illusione è credere che di fronte alla classe dominante stia, al presente, il popolo; sta, ed è una cosa ben diversa, una nuova e futura aristocrazia, che si appoggia sul popolo.”
Ma naturalmente Pareto faceva parte di una élite il cui scopo era preservarsi. E così il gioco continua di opinione in opinione e il demone della dialettica ci divora il cuore.
(continua)

lunedì 11 giugno 2018

Populismi 1

Da molti anni ho superato le ubbie politiche. Ho smesso di fremere perché qualche tipo di “verità” venisse alla luce per beffare i suoi detrattori; ho smesso di pensare che le elezioni democratiche potessero realmente servire a cambiare le sorti dei consorzi civili nei quali noi omini consumatori del XXI secolo portiamo avanti in qualche modo le nostre ominidi vite. Ho smesso di credere nella dicotomia destra – sinistra. La sinistra è progressista, la destra conservatrice/reazionaria, secondo la vulgata. La realtà si è incaricata di stravolgere questa concezione più e più volte, senza che chi possiede un senso di appartenenza a una delle due versioni della vita mutasse anche solo di un po’ le sue credenze. Poiché di credenze si tratta, null’altro, forse anche meno, tifoserie, più che altro.
Nessuna verità politica, nessuna ideologia ha resistito al vaglio della storia (minuscola d’obbligo).
Nessuna concezione storicista, dialettica, nichilista, relativista, religiosa, economica, resiste allo sfrenato correre del divenire verso l’orizzonte degli eventi oltre il quale scompare spandendo solo un debole riverbero all’indietro. Noi viviamo sull’accumulo di tutto quello che è stato creduto, sperato, pensato, agito, senza che questo ci impedisca di alzarci la mattina, sederci sulla tazza e cagare, magari ascoltando la radio o guardando sullo smartphone le infinite news del giorno, infinite e sempre le stesse: un paradosso dei nostri tempi.
(continua)

venerdì 8 giugno 2018

La necessità conduce dove vuole

Tutto va avanti nel modo più semplice, in fondo. Dove si scorgeva la catastrofe, è sorto lo sbadiglio o la spiaggetta dove prendere il sole o le panchine per i pensionati. Dove sembrava succedere l'irreparabile tutto va avanti come niente fosse. E dunque godiamoci il semplice fatto di vivere e prosperare nella catastrofe perpetua.
È nato questo nuovo governo. La novità è già svanita come neve al sole. Se non succede niente di eclatante, riusciranno a non passare alla storia. Se poi dovesse succedere qualcosa, si vede che era destino.
La necessità conduce dove vuole.

giovedì 7 giugno 2018

Eppure questo slancio non basta più

"Siamo usciti dai mari preistorici un miliardo di anni fa, ci siamo evoluti dalle cellule primitive, abbiamo combattuto per vivere, abbiamo lottato e siamo morti a milioni, abbiamo sconfitto i serpenti sugli alberi, abbiamo pensato Dio, siamo sopravvissuti alle glaciazioni, abbiamo creato macchine che volano su altri mondi e apparecchi per sentire voci distanti migliaia di chilometri.
Anche in me, che sono solo un ex lavoratore non specializzato, anche nel mio sangue, c'è tutto questo. Eppure questo slancio non basta più. Ci vuole qualcos'altro."

Confessioni di un lavoratore non specializzato

venerdì 1 giugno 2018

La morale dello schiavo

"Non mi sarebbe mai venuta la tentazione di entrare in un supermercato e rubarmi qualcosa da mangiare. Rubare il superfluo era indice di libertà, pensavo, rubare il necessario indice di schiavitù. Lo schiavo ruba il cibo al padrone. La musica invece è un mio diritto come uomo e se non posso avere la musica che dico io, la rubo."

Confessioni di un lavoratore non specializzato

giovedì 31 maggio 2018

Siamo nella preistoria

Lega - M5S ci riprovano? C'è già un sapore di vecchio in questo. Si era già pronti per un nuovo capitolo della saga, ormai, si sa, cose della settimana scorsa sono preistoria. Questo lunedì è già  passato remoto, il treno dell'avvenire sfreccia veloce portandoci attraverso paesaggi sempre uguali e sempre nuovi, in un eterno ritorno delle novità. Una cosa appena passata è già bruciata, non interessa più alla labile memoria del consumatore. Quello che conta è continuare a correre come criceti sulla ruota.
Vera rivoluzione sarebbe fermarsi. Per questo non accadrà mai.

martedì 29 maggio 2018

A che serve il popolo?

Che tempi, questi. Qualcuno era giunto perfino a rispolverare il vetusto concetto di “patria” e veramente qualche lacrimuccia si è trattenuta a stento nel vedere il capino di molti poveri italiani, ergersi fuori dalla tana e ricominciare a dire “noi”.
Ma erano naturalmente illusioni. Non ci può essere cambiamento se si resta nell’alveo capitalistico, o almeno questo è quello che pensano molti dotti pensatori cripto marxisti e chissà, magari avranno anche ragione. Il fatto è che la dittatura del proletariato non è alle viste e non credo che nemmeno il proletariato la voglia.
La sinistra c’è ancora. E lotta a fianco delle banche. Anche la destra, se è per quello.
Dunque destra e sinistra ci sono ancora e lottano contro di  noi.
Questi nostri tempi. Certo i nostri tempi non sono granché, ma sono nostri. Dovremmo se non amarli, comprenderli.
E questi sono i tempi in cui, come scrive Mark Fisher nel suo bel libro “Realismo capitalista”, è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo.
Ma la fine del capitalismo, può arrivare solo attraverso ondate graduali di consapevolezza collettiva e non con qualche Che Guevara che muore per dei contadini a cui delle riforme agrarie popolari non frega una cippa. Bisogna proporre istanze di godimento alternativo per cui le banche possano essere raggirate. Che so, una bella forma colossale e mondiale di baratto collettivo, o un potlach dissipatore nella piazza di Lussemburgo. Scherzucci di dozzina, diceva il poeta Giuseppe Giusti in “Sant’Ambrogio”. La poesia tratta di un’invasione tedesca nella Milano ottocentesca. La storia è un’abitudine da cui è difficile disfarsi. I pretendenti aumentano, le finanze devono giocare, poverette, mica possono stare ferme. I debiti vanno onorati. Ma sì, bisogna capirlo il nostro presidente, non è mica facile dare retta a tutti.
Se ci si astrae per un po’ dal groviglio emotivo che avvolge la faccenda, tutto risulta grottesco.
Grottesco e in certa qual misura malvagio, il modo in cui le istanze popolari, puerili o evolute che siano, sono state sistematicamente sabotate, boicottate, rallentate, ignorate e distorte negli ultimi anni con una spregiudicatezza inquietante.
E in tutto questo a che serve il popolo? Ma a nulla, naturalmente.
È un’appendice rumorosa e pretenziosa di cui ancora non si è capito come disfarsi senza che sembri troppo brutto e che, hai visto mai, si ribellino. E così questo popolo viene impiegato giusto per pagare quel po’ di tasse e servizi che servono a far girare l’enorme sistema mondo che fa da sfondo alla vita delle élite, cioè la vita vera. Il popolo è merce deperibile.
È perfettamente inutile inveire contro le banche, contro l’Europa, contro le agenzie di rating.
È come prendersela con dei bassorilievi raffiguranti inquietanti personaggi alla Lovecraft. Nulla cui un semplice umano possa appellarsi.
In Italia finora c’è stato solo un assaggio. Se mai le istanze “populiste” dovessero veramente un giorno salire al governo e tentare veramente qualcosa, quanto credete che durerebbe la nostra nazione?
Credete veramente che ci lascerebbero in pace?
Credete veramente che non ci sia nessuna guerra in corso?
Credete che siano tutte cazzate complottiste?
Lo credete, vero? Lo immaginavo.

domenica 27 maggio 2018

I desideri di un traghettatore di morti

"Quando il corteo funebre passava lento e dolente per le strade Oskar, al volante, tirava fuori la lingua e se la passava sulle labbra ogni volta che vedeva una bella ragazza sul marciapiede.
'Bella figa, vieni a fare giro con noi? Ti faccio vedere una bella cosa.'
Si leccava le labbra mentre seguiva la ragazza con lo sguardo.
'Secondo te bella figa sale su carro da morto, vero?' diceva Franjo, che gli stava seduto a fianco, solo per farlo incazzare.
'Magari solo se è malata o puttana'.
Oskar sapeva che Franjo aveva ragione ma sentirselo dire lo metteva in uno stato di cupa disperazione.
'Noi stiamo qua con i morti e il mondo è pieno di belle ragazze vive. Porca puttana.'
'Non pensare alle donne, Oskar, pensa a tua moglie e ai tuoi figli e vedrai che ti passa'.
'Se penso a mia moglie, di sicuro mi passa.' "

Confessioni di un lavoratore non specializzato

sabato 26 maggio 2018

Risentimento Vs dispetto

La sinistra ha perso per strada definitivamente e in malo modo, il monopolio della critica al capitalismo, dirò di più: finché ci sarà la "sinistra" il capitalismo non subirà alcuna modifica.

Lo scrittore filosofo e critico musicale Mark Fisher parlava di legame tra depressione e condizionamenti sociali. Questo legame è indiscutibile.
L'obbligo di essere performativi scatena ansie e fobie incontrollabili.
La società comunista, con la sua privazione di libertà pullulava di depressi e suicidi.
La meravigliosa e auspicata società futura che avrà come vessillo le belle canzoni di De Andrè o altro , pullulera' di gente che si impicchera' perché non riesce ad essere abbastanza contenta del buon umore collettivo.
Un mondo di gente felice ti ammazza piano piano, ti scava dentro, ti allontana dall'umano. Il tanto atteso sol dell'avvenire multiculturale renderà obbligatorio essere felici e accoglienti, solidali e sorridenti, popolo e chitarra.
Un turismo eterno avvolgera' il pianeta come gli anelli di Saturno. Non staremo mai fermi, saremo deleuzianamente sempre pronti a cavalcare il divenire in cerca della nietzscheana gaia scienza di vivere. Il mondo sarà un grande festival. Mussulmani e cristiani e ebrei si daranno la mano e faranno un girotondo intorno al mondo praticando la meditazione. Saremo tutti migranti e migrati, pronti a condividere le succulente gastronomie del vasto mondo. Procreeremo milioni e milioni, perché c'è notoriamente spazio per tutti, lavoro per tutti, successo per tutti, mezzi per tutti, arte per tutti. Nessuno sarà escluso. Chi si sente escluso lo sarà per colpa sua. Verrà aiutato con dei salutari esercizi di consapevolezza.
Il capitalismo,  il grande mostro, la grande idra a mille teste, verrà sconfitto e al suo posto sorgerà una magnifica economia del dono, frammezzata da qualche sano potlach. Tutti doneranno tutto a tutti. Perché l'avidità avrà cessato di esistere. Non sarà mai esistita. Perché l'avidità è un prodotto del capitalismo. Come sanno tutti.
In una società di felicità obbligatoria la depressione non si scatenerà più nel rendersi conto di non essere abbastanza performativi, ma perché ci si accorgerà di non sopportare le facce sorridenti a cazzo tutto intorno.
Il fatto è che l'uomo non è mai contento, non lo potrà mai essere. Una parte di lui/lei vuole mettere a ferro  e fuoco l'universo, sempre, anche se non lo sa. Vuole rompere il giocattolo.

giovedì 24 maggio 2018

L'Italia è tutta qui

"L'Italia è un paese fondato sui bar. Mamma, calcio, bar. E soldi, prima di tutto i soldi, pochi o tanti, da fare possibilmente con il lotto o il totocalcio o il gratta e vinci o la lotteria di capodanno.
L'Italia è tutta qui."

martedì 22 maggio 2018

Democrazia ai semafori

"Tutta una parte del mondo era diventata libera. Allora aveva iniziato a spostarsi e il risultato era stato che ai semafori degli incroci si vedevano i polacchi, li chiamavano così, anche se magari non venivano dalla Polonia. Questi volevano ad ogni costo lavarti il tergicristallo in cambio di qualche moneta. Poi i polacchi si erano fatti furbi e da un momento all'altro di polacchi non ce ne sono stati più perché avevano fatto un salto di qualità e la loro vita era migliorata grazie alla democrazia e al lavoro. Dunque ai semafori c'erano finiti gli albanesi, poi i marocchini, poi i romeni e insomma il progresso della libertà nel mondo si poteva capire dal succedersi dei popoli ai semafori."

Confessioni di un lavoratore non specializzato.

lunedì 21 maggio 2018

Mussolini si commuove?

"Chissà, mi chiedevo, se anche Mussolini qualche volta si era commosso guardando le stelle? Che importa. A me Mussolini non piaceva ganto, anzi mi faceva un po' paura. Mussolini poteva anche non commuoversi mai. Io invece mi commuovevo per le stelle. Affacciato al balcone, nel fresco della notte, leggevo le istruzioni per trovare le costellazioni, le seguivo con il dito e mi sembrava di essere dentro quell'immenso cielo e respiravo il cielo e non ero più io, ma soltanto cielo e non so spiegare come tutto fosse così bello, bello da farmi scoppiare di gioia."

Confessioni di un lavoratore non specializzato

domenica 20 maggio 2018

"Il lavoro lo mangi e lo sputi"

"Farsi venire gli esaurimenti per il lavoro, è veramente una cosa che non capisco"
"Nemmeno io la capisco."
"Il lavoro bisogna mangiarselo" continuava lui come se non avessi parlato.
"Il lavoro lo mangi e lo sputi. Lo mangi tu il lavoro, non aspetti che ti mangi lui."

Confessioni di un lavotatore non specializzato

sabato 19 maggio 2018

Non ci sono uomni poco interessanti ...

Non ci sono uomini poco interessanti.
I destini sono come le storie dei pianeti.
Ognuno è unico, non c'è pianeta che gli sia uguale.
E se qualcuno ama stare in disparte,
anche il suo stare in disparte è interessante.
Tutti hanno un mondo segreto.
E in quel mondo c'è un attimo felice,
come pure l'ora più orribile,
ma tutto resta sconosciuto.


Evgenij Evtušenko

mercoledì 7 marzo 2018

Elezioni 2018 o dell'italianamente possibile

Elezioni 2018.
Voto di "pancia" sì, voto di "pancia" no, la terra dei malandrini non finisce mai di brulicare.
Manifesta impossibilità di ottenere un governo che possa governare, come previsto. La tendenza è quella tutta italiana al pastrocchio dal quale si esce solo facendo ammuina o mandando tutto a pallino. I 5 stelle hanno vinto clamorosamente, ma viene evidenziata ovunque la vittoria della Lega Nord, quello sì voto “di pancia”, come vera grande vittoria. Il Berlusca messo in secondo piano, ma tiene botta facendo l’ago della bilancia nella micidiale e onnipresente “coalizione di destra”, che pretende, italianamente, di avere vinto lei le elezioni. Neanche tanto sotto sotto vorrebbero fare un bel colpo di mano ed estromettere i 5 stelle dal governo: ci proveranno, di sicuro. I centro destri si sentono in diritto, da buoni fascisti, di fare come cazzo vogliono. 
Insomma nei prossimi mesi c’è la possibilità che si ripeta la porcata che già i bei tomi onnipresenti in Parlamento portarono a termine nel 2013. Solo che questa volta non è il PD, partito votato all’estinzione, ma la coalizione di centro destra a cercare il colpaccio. O meglio, è ancora tramite il PD che succederà, un PD versione suicida. Preferirà sparire pur di fare un governo con i 5 stelle? Comunque vada il suo destino politico è segnato.
Sarebbe comico e tragico, ma italianamente possibile che il partito che ha veramente vinto le elezioni si ritrovi solo all'opposizione ...
In fondo è la concusione più naturale. Questo paese è sempre stato di centrodestra, nella sua essenza.
I vecchi ruderi novecenteschi ipertrasformisti, è giusto vadano a stabilirsi nel museo delle cere.
E i 5 stelle forse sono più nel loro luogo naturale all'opposizione ...
Chissà.
Ma sì, divertiamoci un altro po'.
Tanto, come diceva Keynes, nel lungo termine ...

venerdì 2 marzo 2018

A caccia del Reale

Nevica. Fa freddo. Un po’ di aria siberiana è colata quaggiù, verso il centro Europa, a causa del fatto che il riscaldamento climatico globale ha fatto collassare non so quale anticiclone da qualche parte. O forse non era un anticiclone, non ricordo bene.
Il mondo (ma quanta attenzione bisogna avere oggi per pronunciare o scrivere questa parolina?) va avanti con le sue interconnessioni incalcolabili. Il dibattito su cosa sia quello che definiamo reale, va ugualmente avanti come un lungo nastro di concetti che si srotola come strisce di carta da una di quelle vecchie telescriventi anni 70, accumulandosi sul pavimento delle nostre concezioni.

In fondo l’idea principale della sinistra (in comune anche con la destra sebbene con orientamenti differenti e in comune anche con i tre monoteismi) è che l’universo sia essenzialmente antropocentrico.

Tutti questi apparati concettuali non producono alcuna consapevolezza che tra un topo ragno, un coleottero e un essere umano le differenze siano quantitative più che qualitative. I castori costruiscono dighe, dopotutto. Dighe che hanno un sia pur minimo impatto ambientale. Tra noi e i castori la differenza è solo apparentemente qualitativa, in realtà è quantitativa.
Noi siamo parte del mondo, una specie tra tante. Siamo più attrezzati a livello intellettuale. Bisognerebbe capire che cos’è l’intelletto e se abbia senso parlare di “idealismo” escludendo il fatto che le categorie dello spirito hegeliane decisamente non riguardano anche la vita sociale dei capibara. Eppure la vita sociale dei capibara esiste. Come pure quella dei cavallucci marini o dei coralli.
L’antropocentrismo è il vulnus alla base di ogni concezione filosofica. L’accumularsi di teorie nella mente di questo povero primate non lo porta più vicino alla verità di un solo millimetro.
L’unico vero momento di ultra percezione, questo povero animale deve averlo avuto in una scena tipo 2001 Odissea nello Spazio. Vede il femore del caribù e gli viene in mente che può darlo in testa al suo simile e prendersi la sua fetta di territorio. Allargarsi. Questo concetto di allargarsi passa poi all’Egitto a Babilonia, a Roma, arriva alle colonie inglesi, nasce l’Idea dello sfruttamento. Servo e Padrone. Hegel ne fa un indigesto papiro. Il capitalismo, in fondo, nasce da quella prima scimmia del cazzo. Ecco, il Reale, sempre lui. Il Reale è il fondo cieco nel quale  nasce l’Idea e l’Idea è sempre strumento di sopraffazione / collaborazione. Il Reale è il monolito nero di 2001.
Il reale non si lascia lacaniamente cogliere, direbbe Slavoj Žižek.
Tutto si riduce a un soggetto supposto sapere, il Grande Altro che condiziona tutto ma di cui possiamo solo supporre l’esistenza. Da una parte il Simbolico, il Reale, e dall’altra parte gli oggetti, irriducibili.
Siamo a caccia del Reale. Dopo la morte di Dio cosa resta? Almeno il Reale. Passiamo da uno spettro all’altro.
Quello che abbiamo è invece il cosiddetto “realismo capitalista”.
È un’idra a cento milioni di teste, la perfetta incarnazione di Shiva il distruttore.
È questo il Reale con cui ciascuno di noi, volente o nolente, deve fare i conti.
Possiamo cambiare la Realtà, o subire il Reale?

sabato 27 gennaio 2018

Appunti su Evola e la Dotttrina del Risveglio

La dottrina del Risveglio di Julius Evola. Buddismo ariano, aristocratico ed eroico.
In fondo la concezione “tradizionale” di Evola ha qualcosa di paradossale. Se addirittura il buddhismo nacque già in un’epoca di decadenza, 2500 anni fa, non si capisce bene quale mai sia stata l’epoca del fulgore delle tradizioni. Giace in qualche era preistorica, in qualche altra dimensione temporale? Risale ad Atlantide di cui parlava già Platone? Non so perché, io che sono un uomo di tipo decisamente “inferiore”, non degno e non pronto ad assimilare le inconcepibili saggezze “tradizionali”, associo spontaneamente la “tradizione” alla fantarcheologia di Peter Kolosimo.
Nonostante tutto, però, il buddhismo spiegato da Evola ha un suo profondo fascino e lancia in qualche modo richiami che arrivano fino alla rivisitazione buddhista in chiave esistenziale di Keiji Nishitani.
Il Buddha, Gautama Siddharta, lo Shakya Muni, non si ferma di fronte a nessun condizionamento, e portato dal suo eroismo guerriero va oltre il divino, oltre il bene e il male, oltre, persino, al “dissolvimento nel tutto” visto anch’esso come un inganno. Egli, il “Buddho”, approda al “vuoto perfetto”, là dove “la mente si spezza”, e opera il perfetto Risveglio al sunyata, l’incondizionato. Tutte le versioni mitiche Mahayana sono un arrendersi molto prima di arrivare in vista della “riva opposta”, sono rimasticazioni destinate all’illusione dell’uomo inferiore.
L’illusione più subdola, dopo quella del Dio personale, è quella del “nirvana”.

Nossignore, non dimentico che Evola sotto la pretesa di un razzismo “spirituale” e non meramente “biologico” si rese complice,  per arrogante noncuranza, delle atrocità naziste.
Non dimentico le sue simpatie per le SS e non dimentico le stronzate della destra, la ripugnante superiorità provata nei confronti della misera plebe che arrancava e subiva. “Tipi umani” inferiori e superiori secondo le dottrine tradizionali. È vero però che il buddhismo stesso non celebra l’uguaglianza degli esseri e anzi, nei testi canonici esistono delle vere e proprie gerarchie umane, per cui addirittura uccidere un certo “tipo umano” (esempio, un assassino) comporta meno karma negativo che ucciderne un altro.
Ricordo di averlo letto in un opuscolo di studio della Gakkai – Nichiren Shoshu. Poteva essere il 1991. Ricordo persino che trovai che fosse un pensiero realistico  e che prestasse il fianco a molti fraintendimenti.
Sentieri impensabili attraverso le pianure desolate della Verità.
I quesiti fondamentali sono sempre quelli: che cosa è “veramente” vivere? Come farlo al meglio? Cosa deve fare un essere umano per essere degno di tale qualifica? Esiste un senso morale non condizionato? La morte, come viverla? È un passaggio o la fine? In entrambi i casi non acquista più senso. Non ha proprio importanza, dal punto di vista del “senso” che tutto continui o finisca. Se continua, è solo una continuazione del mistero. Se finisce, finisce nel mistero.

Il Risveglio, la cosiddetta illuminazione, non è altro che l’annientamento del demone della dialettica. La mente non può contenere il sé né l’universo. La comprensione è essenzialmente Visione.

In fondo sarebbe bello rinascere nella Terra Pura. Una grande tentazione. Perfino Nichiren, sembrerebbe, gli ultimi anni della sua vita auspicava una pura terra in cui approdare con il daimoku, un interregno tra una rinascita e l’altra dove vi fosse pura beatitudine. Tutto l’opposto del duro Risveglio del Buddha storico, la consapevolezza del sunyata. Samsara e nirvana sono una cosa sola.
Felicità e disperazione due facce della stessa medaglia.

La Tradizione nella concezione di Evola è una specie di impalcatura metafisica che sostiene le trasformazioni umane: quell’insieme di “valori” che rimane essenzialmente immutato e che serve a mantenere il contatto tra l’essere umano e il sopra naturale. Per soprannaturale si intende ciò che va oltre le categorie di essere e non essere.
È per questo che il panorama è vasto, va dallo gnosticismo al buddhismo zen, allo zoroastrismo, al taoismo, al confucianesimo, al tantrismo, all’alchimia, alle vie della mano destra e sinistra ecc. ecc.
Che poi questa impacatura metafisica sia "reale" è tutto da verificare.
Evola rimane difficoltoso nel 2017 con il suo razzismo, il suo pensiero gerarchico, aristocratico e anti democratico. Per Evola io sarei un uomo di tipo inferiore, un plebeo. Me ne farò una ragione,
Tuttavia rimane un pensatore con cui fare i conti, aòmeno per quanto riguarda la sua spiegazione del buddhismo delle origini.
Non so se quello che afferma risponda a completa verità: tutte le ricerche ermetiche e mistiche potrebbero essere liquidate come mere stronzate, ma la concezione che qualcosa sussiste per un po’ dopo la morte e poi svanisce mi risuona. Solo chi ha operato una trasformazione di sé non muore dopo la morte del corpo ma entra … nel Nirvana, il non condizionato. Qualcosa di inconcepibile accade intorno a noi e non lo vediamo. Attribuiamo un senso positivo a potenze infere e non ci accorgiamo di quelle superiori. L’uomo moderno è confuso.
Rimane da chiarire l’anti evoluzionismo di Evola. In che modo negare il fatto “scientifico” dell’evoluzione? La specie umana deriva innegabilmente da mutazioni di altre specie. Ma cos’è allora l’autocoscienza, cos’è la trascendenza?
L'anti evoluzionismo è semplicemte inaccettabile.

Un secolo di idioti

Ossessione delle diete, di curarsi con l’alimentazione, la tendenza tutta XXI secolo del cibo, cosa mangiare, dove, quanto, quando; frasi tipo “era ancora giovane” detta di uno morto a 84 anni …
Tutto questo rivela una speciale follia che è propria di questo tempo.
Abbiamo l’ossessione della salute, della forma fisica, della cura “definitiva” per ogni male della vita, che sia però il più possibile naturale perché occorre durare senza pagarne le conseguenze.
Felicità senza tristezza, piacere senza dolore, amore senza odio, medicine senza effetti collaterali, vita senza morte, questi sono gli ideali di questo secolo diafano, svuotato di nerbo, dove tra un esploratore artico e un commesso di un supermercato non ci sono molte gradazioni di differenza, giusto magari il livello di istruzione, poca cosa, in un’epoca in cui tutti possono illudersi di sapere tutto compulsando dieci ore al giorno un fottuto smartphone.
Il secolo dell’Alzheimer, delle scarpe da ginnastica multicolore, di You Tube, nel quale possiamo trovare la rivelazione dell’ultimo segreto esoterico. Il secolo della morte in alta definizione, qualcosa che avrebbe dato da pensare a Heidegger.
Il secolo che sa tutto e il contrario di tutto, in cui ogni smarrimento è codificato e le persone sono talmente attaccate alle loro maschere che sotto, virtualmente, non c’è più niente.
Il secolo in cui non si ha più il coraggio di soffrire se la propria sofferenza non viene “illustrata” da qualche faccina.
Il secolo in cui si guarda avanti guardando indietro, a una ipotetica natura che non c’è mai stata. Un secolo rousseauiano, pieno di male senza cattiveria. La cattiveria ce l’hanno solo quelli dell’Isis.
Come sono lontani i tempi dell’Uomo in rivolta di Camus. Contro cosa rivoltarsi?
Ora il grande enigma è la coscienza. Rendiamo edotta la popolazione che non esiste alcun sé dietro i nostri occhi, ma che il Samadhi è a portata di mano. Abbiamo a disposizione tutta la saggezza passata e presente e futura, abbiamo un guru per ogni stagione e ogni aspetto della vita. Abbiamo mille strade da seguire e tutte promettono miracoli.
Abbiamo informazioni, non c’è nulla sul quale non siamo informati, sul quale non possiamo formarci opinioni subito contraddette da qualcun altro. Fazioni in lotta sullo stesso versante della follia, come un coro di pazienti lobotomizzati che urla fuori sincrono dalle finestre di un manicomio grande come un pianeta.
Un secolo di idioti.