tag:blogger.com,1999:blog-24440325715118933902024-03-05T18:09:15.855+01:00Cronache babilonesiBabilonia dentro e Babilonia fuoriMassimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.comBlogger286125tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-40058230144061228432021-07-14T15:38:00.002+02:002021-07-14T15:38:32.830+02:00Turismo vaccinale <p> Ieri ho fatto la seconda dose del famoso vaccino Pfizer. L'ho fatta più che altro per evitare brutte sorprese con il lavoro, tipo: "Sa, lei non è vaccinato, è un problema di sicurezza, non sappiamo dove collocarla, se ne stia a casa in cassa integrazione, per ora". In coda con il mio bel numerino (una coda ben organizzata e piuttosto veloce) me la sono sbrigata in meno di mezz'ora. Tutto molto efficiente, considerato che l'atmosfera era quella di festa paesana di lobotomizzati. Siamo lì per celebrare un rito collettivo, perché di questo si tratta. Non sappiamo cosa ci iniettano, né se funziona, né se questa storia abbia un minimo senso. Noi dobbiamo solo celebrare il nostro dovere/diritto alla salute, sancito dal governo. Lo facciamo tutti (vaccinati, infermieri e personale della Protezione civile) perché, in fondo ce lo hanno detto. E noi crediamo a tutto quello che ci dicono, ormai, anche i complottisti. Cambia solo il tipo di credenza. Noi, piccoli individui consumatori, siamo numerini su un tabellone elettronico: dosi da smaltire, ordini da prendere da qualcuno che, in modo inquietante, non ne sa molto più di te. È questa l'atmosfera degli anni 20. Gente che si muove da tutte le parti per fare qualcosa di cui probabilmente non sa nulla. Mai. L'importante è muoversi. L'ha detto la televisione. Turismo vaccinale. </p><p>Ma nel fondo, nel fondo di tutto, le anime brillano ancora, chissà fino a quando.</p><p><br /></p>Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-72847486758227358972020-03-19T17:44:00.000+01:002020-03-19T20:43:40.272+01:00C'è bisogno di poetiPoeti veri, non i mediocri balbettanti che si leggono sui social con le loro poesiole da terza media su "L'Italia ai tempi del coronavirus" e che possono soddisfare solo gli appetiti estetici dei miserabili analfabeti di ritorno che pullulano in questa povera penisola.<br />
No, ci vorrebbe un nuovo Ungaretti, un nuovo Montale, un nuovo Leopardi, un nuovo Cardarelli. Un nuovo Pasolini.<br />
Ci vuole un poeta che celebri la VITA, non la sopravvivenza.<br />
Perché la vita è l'angelo tremendo di Rilke, non la poesiola del "Andrà tutto bene." La vita è fragore, tenebra e luce accecante, memoria dissepolta e ecatombe di luce, promessa dell'alba e resurrezione dei corpi. Oppure è danza di fiocchi di neve, celebrazione degli interstizi tra atomo e atomo.<br />
Perché ogni parola è un Dio.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-55690008176149383422020-03-07T09:35:00.000+01:002020-03-07T09:35:35.446+01:00Tempi troppo interessantiEppure ce ne sarebbero di cose: il famoso coronavirus; l’asteroide di Aprile; la guerra semi liquida e semi fredda tra America e Cina e America e Russia e America e resto del mondo; l’accanimento del politically correct sulle menti ormai annichilite dei peones digitali di tutto l’Occidente; la morte che lavora sui visi della gente, ogni anno più visibile; la vita che fa altrettanto e che pertanto si capisce essere interscambiabile con la morte; le ipotesi sulle origini dell’universo, del multiverso, della materia oscura, dell’energia oscura; la situazione politica italiana (no, di questo non vale la pena scrivere); il parallelismo tra Pascal e Nietzsche nella filosofia di Chestov; la bellezza delle donne; la misoginia in Saul Bellow; gli scrittori di destra e sinistra; la necessità dell’entusiasmo per vivere e la mia cronica mancanza di esso; certe mattine di sole; la bellezza della vita in certi giorni del 2017, 2018 e 2019; parallelismi tra Cristo e Buddha; letteratura alta e letteratura bassa; il problema dello smaltimento delle caccole del naso; Dio e la morte; il nulla e il formaggio pecorino DOP; Barbara D’Urso alla luce della filosofia della Scuola di Tokyo; Piero Angela: torinesi falsi e cortesi?; il tempo, Sant’Agostino e i cambiamenti climatici…<br />Insomma, viviamo in tempi troppo interessanti, che sfiancano. Bisogna avere un ego durissimo per mettercisi. In un mondo dove ci sono milioni di blogger, ognuno dei quali crede veramente di fare qualcosa di diverso, l’unica cosa da fare sarebbe tacere. Ma tacere non posso. <br /><br />Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-7915685920454373452020-02-08T09:14:00.001+01:002020-02-08T09:14:49.244+01:00Pascal e l'abisso
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<br />
<div class="MsoNormalCxSpFirst" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Pascal vedeva sempre un abisso
sotto di sé, anche a casa: per tranquillizzarsi ci sistemava sopra una
seggiola. Adesso si potrebbe parlare di disturbo d’ansia generalizzato o
agorafobia. “Il silenzio di questi spazi infiniti mi atterrisce” è una frase
assolutamente indicativa di uno stato che il XXI secolo (il secolo dei viaggi
low cost) definirebbe patologico. Ma Pascal vedeva giusto. Il suo errore
consisteva nel pretendere che anche gli altri vedessero l’abisso che lui
vedeva. Ma per vedere l’abisso bisogna essere nudi e senza difese, come di
fronte a Dio. Un mondo che porta solo maschere non vede l’abisso, ne diventa
parte integrante. Guai a chi non vede l’abisso, l’abisso lo inghiottirà.
Dio è tremendo. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-34115492516064944132020-02-07T09:45:00.002+01:002020-02-07T09:45:39.819+01:00Un quasi umano a SanremoRoberto Benigni che legge il Cantico dei Cantici (a modo suo) a Sanremo. Un quasi umano che dona antiche vestigia di splendore a una platea di scimmie capaci solo di tirargli addosso banane di incomprensione. Benigni sembra uno che in qualche modo ricorda lo splendore, ma che avendolo tradito da troppo tempo, se ne fa carico, come se fosse uno sberleffo. Non può dire quello che sa, o non sa fino in fondo quello che dice. Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-49992792119157409562020-02-06T22:19:00.000+01:002020-02-06T22:19:02.046+01:00Sanremo è ...... la dimostrazione definitiva che gli zombie hanno invaso la Terra.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-48362868291268516042020-01-18T11:54:00.003+01:002020-01-18T11:54:51.840+01:00Conoscere la disattesa
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<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Gli umani di quest’epoca sono dei disinformati
informatissimi. È come se non riuscissero a mettere insieme i pezzi (o non
volessero), per cui ognuno vive basandosi su quello che ritiene di aver capito.
In questo non ci sarebbe nemmeno qualcosa di strano, se non che<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>mancando qualsivoglia coesione in questa
società che non sia il profitto o l’immagine di sé, gli esseri risultano condannati
a una solitudine atroce, della quale nemmeno sono totalmente consapevoli. Da
qui arriva l’esigenza di tutti questi corsi di yoga, cucina, cucito, ballo
sudamericano, ecc.<span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: -.3pt; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<b><span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: BookAntiqua;"></span></b><span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Conoscere veramente l’uomo, significa
conoscere la disattesa. L’uomo manca sempre il bersaglio, tanto più quando
gli sembra di centrarlo. Questo accade perché l’uomo è un essere manchevole,
che attende di essere completato da un Dio, che non si fa vedere da nessuna
parte. A volte, però, la Presenza completa ciò che mano umana non potrebbe. E
nemmeno ci si accorge di quanti miracoli accadono ogni istante. </span>
</div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-6691494586615179102020-01-13T23:02:00.001+01:002020-01-13T23:02:20.474+01:00Hammamet, il bianco e la morte
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<br />
<div class="MsoNormalCxSpFirst" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il film mi ha fatto una grande
impressione. Mi è sembrata una delle opere più interessanti degli ultimi anni.
Non vorrei soffermarmi sulla prestazione di Favino, semplicemente superlativa.
È qualcosa che capita poche volte, credo, nella carriera di un attore. In
un’altra epoca sarebbe passata alla storia. Craxi ci apparso davanti, nella sua
concretezza umana. Favino non ha imitato Craxi, è <i style="mso-bidi-font-style: normal;">diventato</i> Craxi. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Che importanza potrebbe avere la
storia di un politico in totale declino, alla fine del secolo scorso, se non
quella di trasmettere un messaggio di cui la gente dell’ormai inoltrato XXI
secolo ha un bisogno inconfessato? E di cosa la gente ha bisogno oggi, a
vent’anni di distanza dagli eventi narrati? Perché ci interessa Craxi? </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Non è la storia di un successo, roba così
tanto in voga oggi, ma quella di una catastrofe, senza riscatto. Cosa ci attira
in essa? Forse il sentimento che nel dolore si diventa veri: nel dolore
immedicabile, nella sconfitta, nel peccato, all’ombra della morte, nella
polvere, si diventa umani, ci si avvicina umili al mistero. E noi abbiamo
bisogno di abbassarci, in quest’epoca, un bisogno inconfessabile, di cui
abbiamo vergogna. Abbiamo bisogno di guardare in faccia la verità che non
vogliamo vedere, cioè che da tanti anni noi poggiamo i piedi sul vuoto e questo
vuoto ci spaventa ma nello stesso tempo ci attrae. Perché portare avanti ciò
che è disumano è troppo doloroso. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">In una Tunisia livida, che sembra
malata quanto il protagonista, si consuma l’ultima stagione di uno dei più
potenti uomini politici italiani del dopoguerra. Autoesiliato per sfuggire alla
prigione, Craxi mantiene intatta la sua arroganza e la sicurezza di essere nel
giusto, fino alla fine, eppure ci appare capace ancora di generosità, di
gentilezza, come pure di furori improvvisi. Il film non indugia sulle
motivazioni politiche, non indaga sui torti e le ragioni. È come vedere gli
ultimi giorni di Napoleone a Sant’Elena, quando ogni cosa è perduta e restano
solo piccole vestigia di un potere antico, ombre di antichi privilegi. Craxi
passa le sue giornate nella noia, nei disagi fisici, circondato dai familiari,
una moglie che sembra perennemente in vacanza, una figlia che si dedica
completamente a un padre che ama morbosamente, un nipotino in sovrappeso e non
troppo intelligente, una servitù autoctona e spettrale. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il vuoto riempie i grandi spazi
bianchi, il cielo bianco, il deserto, i fichi d’India, I muri bianchi delle
case, tutto bianco, un bianco che sottolinea l’approssimarsi della morte. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">E questo mi pare il motivo
nascosto di tutto il film: la morte, la sua attesa, il tempo sospeso della
condanna, il desiderio di espiazione, mischiato a quello di rendersi vittima
sacrificale, di andare fino in fondo al proprio destino. Craxi è una figura
tragica, il che costituisce un’eccezione notevole nel panorama italiano.
L’italiano, come si sa, rifugge dalla tragedia e riversa in commedia ogni cosa,
che poi quasi puntualmente sfocia nella farsa. Craxi sembra, consapevolmente o no,
volersi sottrarre a questo italico destino. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Figura di decisionista così
atipico tra i politici italiani, ha voluto accentrare su di sé il potere e
vuole, coerentemente, accentrare su di sé anche le conseguenze che la perdita
di questo potere comporta. Uomo libero, pur nella sua arroganza e nel suo
egocentrismo, non accetta di sottoporsi a un giudizio che ritiene ingiusto.
Perché deve pagare solo lui, per una consuetudine (il finanziamento illecito ai
partiti) che è sempre andata bene a tutti? Non è innocente, Craxi. Lui ha
abusato del potere, lo ha conosciuto e vissuto in tutti i suoi meandri, se ne è
abbeverato, ha fatto della sua vita strumento stesso del potere. E il potere lo
ha risucchiato e sputato via. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Allora quello che gli resta da
fare è morire. Craxi ingaggia la sua partita con la morte. Quando potrebbe
tornare in Italia e farsi operare da medici validi rifiuta. Gioca con la sorte,
si fa operare in Tunisia. L’operazione va bene, ma è troppo tardi. Craxi se l’è
giocata fino in fondo. Nel sogno finale ritorna il ragazzino che per puro
capriccio prendeva a fiondate i vetri del collegio: per pura ribellione, per
puro gioco, per puro desiderio di mettersi alla prova e fare di sé il proprio
destino. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Non è cattolico come Andreotti,
Craxi: egli attinge più alla tragicità greca. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Si fa autore del proprio destino
e va incontro all’hybris. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Andreotti si attacca al
cristianesimo e cavalca tutte le ere, arrivando a tardissima età.</span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Craxi e Andreotti, sono due
possibilità inerenti all’animo italiano: Craxi e del tipo meno diffuso e si può
stare certi che è quello che finirà sempre male. È il tipo mussoliniano. Stuzzicare
la bestia italiana è molto pericoloso. Dalla commedia si passa alla farsa e
dalla farsa si passa alla macelleria, quando meno ce lo si aspetta. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Non è possibile giustificare quello
che in fin dei conti è stato un politico controverso e assai discutibile. Il
film però non può fare a meno di renderci un personaggio notoriamente poco
simpatico, sgradevole e arrogante, uno di noi: e cioè un complicato, irrisolto,
dolente essere umano di fronte alla propria mortalità e all’incomprensibile
mistero di un cielo bianco che ci sovrasta. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-76759315436780085652020-01-11T10:21:00.000+01:002020-01-11T10:21:33.088+01:00Sogno di inizio decennio
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<br />
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Giunto dall’altra parte di questo simbolico muro del tempo, eccomi
nel nuovo decennio. Crisi e/o opportunità, come sempre. Non si saprà mai se il
nostro atteggiamento fa veramente la differenza, tanto le cose vanno solo così
come vanno. Spingiamo il masso su per la collina, con il sorriso, felici, come
prescriveva qualcuno. Che la felicità sia autoconvincimento o reale
soddisfazione solo la nostra coscienza può dirlo. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Vedo su Youtube un servizio di BPS (Black Pidgeon Speaks) sul fatto che i cinesi
stanno comprando mezzo mondo, sotto forma di infinite proprietà immobiliari in
Canada, Africa, buona parte dell’Asia, Australia, Nuova Zelanda. Questo cambia
gli assetti geopolitici in modo imprevedibile. Nei TG si accalcano notizie
sulle tensioni tra Iran e USA. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La strage di neuroni compiuta dal politicamente corretto
va avanti giorno dopo giorno: a questo punto anno dopo anno. L’idiozia è
conclamata ormai da tempo e questo secolo ha ormai vent’anni: è un ragazzo che
scalpita in cerca di una sua identità. Naturalmente il suo genere è fluido, né
maschio, né femmina. Un secolo transgender. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il cervello umano è plastico: questo è il suo pregio, che
ci ha consentito di trionfare su tutte le altre specie animali. Il risvolto
inquietante di questa plasticità è la velocità con cui si accolgono le mode, il
camaleontico modo di essere, specialmente delle giovani generazioni, che sono
in grado di assumere qualunque forma in modo pressoché istantaneo, a ogni nuovo
stimolo. Questo fenomeno crea un curioso tipo di conformismo anticonformista. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Non c’è mai stata una così grande diversità di stili di
vita come in quest’epoca, eppure mai come in quest’epoca la gente sembra tutta
uguale. È qualcosa che fa pensare. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Naturalmente Checco Zalone ha fatto un nuovo film, guarda
caso sull’immigrazione. Se ne sentiva veramente la mancanza, poiché ha fatto un
abbastanza prevedibile record d’incassi. Evidentemente il cosiddetto italiano
medio ha bisogno di essere indottrinato ancora meglio su quello che deve
sentire. Sentire, non pensare. Del pensiero in Italia non ci si occupa.
Comunque, l’italiano medio è in ottima compagnia in tutto il mondo. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">L’umanità è molto più stupida adesso che nel
passato e non c’è modo di farla deviare dal solco in cui si è inserita. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le élites non sono, tutto sommato, più intelligenti dello
stupido popolino manipolabile. Anche i ricchi vivono in un’illusione dalla
quale non possono svegliarsi. Il pianeta ruota, silenzioso, intorno alla sua
stella e una malinconia senza nome scende su tutto. </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">O Mensch, gib acht! </span></div>
<div class="MsoNormalCxSpMiddle">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ma non si sveglia, non c’è possibilità. Da un sogno
scivola dentro un altro sogno, e poi in un altro sogno ancora. </span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<span style="font-family: Palatino; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;"><br /></span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-40730889125708522262019-12-05T09:10:00.000+01:002019-12-05T09:10:15.578+01:00Il paradiso di Goebbels<style>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il XXI
secolo sarebbe stato il paradiso di Goebbels. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Il
nazista sarebbe estasiato dalle infinite possibilità di gabbare la gente
offerta dalla tecnologia. Questo secolo ama la propaganda, vive di essa, si
nutre di sensazioni, emozioni, mezze verità, piegate e piagate per plasmare la
cosiddetta opinione pubblica verso destra, verso sinistra, sopra o sotto,
secondo la convenienza del momento. Siamo al Black Friday delle opinioni,
ognuno ordina on line la sua, se la fa su misura, in uno stordimento generale che
aumenta l’immane confusione che c’è sotto il cielo. Masse addormentate e
addomesticate da giochini, Internet, TV e aria e cibo inquinati assimilano
tutto ciò che vola raso terra con una prontezza inquietante, senza farsi una
domanda, senza andare oltre il proprio smartphone (che ha preso il posto del
naso), senza il rischio che sorga uno straccio di visione d’insieme. E dove non
è più possibile una visione critica d’insieme, la volontà del cittadino
virtualmente cessa di esistere. Ci sono solo reazioni emotive, automatiche,
acefale. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Ci
mancavano le “sardine”, poveri esseri, magari pure convinti di essere in gamba,
presi e stritolati dai media che non vedevano l’ora di un nuovo filone da
esaurire. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">E intanto
la protesta contro il “clima d’odio”, nato dall’odio nei confronti di un uomo
politico, ha tutto l’amaro sapore di un inconfessato desiderio di guerra
civile. Lo hanno detto che lo vorrebbero appeso per i piedi in piazzale Loreto
o preso a sprangate sulle gengive. Lo hanno detto, anche se hanno cercato di
rimangiarselo. Lo hanno detto che lo odiano e, come conseguenza odiano i
milioni di persone che lo votano o vorrebbero votarlo. E questa cosa, in
democrazia, è assai preoccupante. C’è una gran voglia di menare le mani, in
questo paese. Ci sono troppa rabbia e troppa frustrazione, accumulate in anni. Quanto
più la società vira verso il più esasperato e frustrante individualismo consumistico,
quanto più ci si inventa un finto collettivismo, una partecipazione a
compartimenti stagni che crea divisioni, tifoserie, scuderie che si combattono
senza esclusione di colpi. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">La disoccupazione, la cronica carenza di
infrastrutture, la burocrazia demente e demenziale, l’impoverimento atroce
delle fasce medio basse, legato a politiche economiche e migratorie poco lungimiranti
(per usare un eufemismo), insomma tutto ciò che è veramente alla base dell’odio
sociale che si sta diffondendo, non conta. È sufficiente scegliere un
bersaglio, il comune nemico. Chi meglio del cattivone Salvini?</span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Le
“sardine” si muovono in banchi. Il nomignolo scelto è sintomatico dell’epoca.
Esseri con un cervello piccolo che non possono fare nulla da soli si muovono a
caso in acque profonde. È facile farli andare dove si vuole. È facile fare
nascere incidenti, di cui naturalmente sarebbe responsabile Salvini. E intanto
da altre parti i giochini continuerebbero. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Povera
patria, cantava Battiato. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Naturalmente
è ancora più facile che tutto si sgonfi come una pizza mal lievitata. Non scordiamoci
mai che questo è il paese dei tarallucci e vino. Qualunque tipo di metafora
culinaria va bene, in un paese votato più al cibo che al sol dell’avvenire.
Bella ciao all’aglio, olio e peperoncino. E sardine sott’olio, che c’hanno pure
gli omega 3. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-68788043105069423492019-10-04T08:02:00.000+02:002019-10-04T08:07:20.366+02:00Il mondo salvato dalle ragazzine Il fenomeno Greta Thumberg è sintomatico di un'era che, nonostante l'enorme sviluppo tecnologico, riscontra un ridotto sviluppo razionale. L'umanità presa nel suo complesso, con tutti i suoi sette miliardi e mezzo di individui, può essere raffigurata come un un adolescente di 14 anni non particolarmente intelligente. Per cui Greta è la perfetta rappresentante dell'umanità perplessa di fronte ai guai che ha combinato.<br />
Non poteva essere che una ragazzina, in più affetta da sindrome di asperger, a farsi portavoce del nuovo ecologismo che avanza. Un ragazzino, un maschietto, probabilmente sarebbe stato troppo occupato a masturbarsi con youporn o giocare a Call of Duty. Doveva per forza essere una ragazzina. Forse grazie a lei risolveremo alcuni problemi, dato che i potenti si sono commossi. Diverremo tutti gli attenti soldatini della monnezza. È come ci vogliono i potenti. Ebeti che fanno la raccolta differenziata e utilizzano le tecnologie green, zombie ecologici. La colonizzazione della Galassia è un'eventualità remota, irrealizzabile per ora e forse per sempre, anche se secondo Elon Musk dovremmo già sfrecciare oltre gli anelli di Saturno e messi in grado di respirare acido cianidrico senza conseguenze, grazie alla tecnologia. Ma poi chi ci andrebbe sulle stelle? Tante piccole greta e compagni? Non credo. Loro, il nostro futuro, i futuri umani, hanno poche idee, ma molto chiare: più green, più divertimento bio, niente più cose brutte e cattive. Salviamo il pianeta. Finalmente lo spot della Coca Cola troverà la sua epica, perfetta, commovente realizzazione.<br />
No, le stelle o la prospettiva di una estinzione gloriosa, possono aspettare.<br />
Meglio mangiare cacchine bio e farsi le seghe sulle nuove tecniche di filtraggio che ci permettono di bere la nostra stessa urina in 8 gusti diversi. Meglio viaggiare come ragazzini di 12 anni su monopattini ad alta velocità, sfrecciando ecologicamente su e giù per le strade. I prossimi anni vedranno tante splendide folle di coglioni in monopattini multicolori e biciclette a pedalata assistita per i più anziani. Tutti in tuta, tutti belli, tutti sani, con o senza reddito di cittadinanza, tutti intenti a sfrecciare in mezzo a torme di immigrati irregolari che stazioneranno ovunque sulle strade cagando e pisciando dove capita, d'altra parte non è colpa loro se non c'è posto. Ci aspetta un paradiso green, è inevitabile, la parola inglese non viene nemmeno più segnata in rosso dal correttore word, ormai è fatta.<br />
Naturalmente le cose sono un po' più complesse. Un cambiamento di mentalità generale è auspicabile. Estiguerci sarebbe più teatrale, pochi son disposti. Ma già lo sappiamo, usciremo di scena con una scorreggia e non con una fiammata.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-47403309079699320992019-09-07T16:03:00.001+02:002019-09-07T19:01:28.349+02:00Enjoy the real thing<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<iframe allowfullscreen="" class="YOUTUBE-iframe-video" data-thumbnail-src="https://i.ytimg.com/vi/C2406n8_rUw/0.jpg" frameborder="0" height="266" src="https://www.youtube.com/embed/C2406n8_rUw?feature=player_embedded" width="320"></iframe></div>
<br />
<br />
È assolutamente funzionale e in armonia con le regole della natura che il debole soccomba e il forte sopravviva. Il forte, come aveva giustamente intuito Nietzsche, non è il migliore, ma solo il meglio adattato. La natura non mantiene in vita eccezioni. Gli esseri eccezionali vengono spazzati via al pari degli esseri mal riusciti. Solo il medio sopravvive e prospera. È così che la natura si perpetua. È per questo che a capo delle élite non ci sono esseri eccezionali, ma esseri medi altamente funzionali. L’eccezione, il genio, influenza in qualche modo la società, presto o tardi, ma sempre come dall’esterno e sempre a scapito dell’individuo di genio stesso, che in qualche misura rappresenta un vicolo cieco esitenziale. Ecco perché una società non può in alcun modo essere governata da persone di genio. È semplicemente innaturale. <br />
Il funzionamento della società prevede la divisione dei compiti e <i>naturalmente</i> (questo avverbio non può fare altro che ricorrere) le élite altamente funzionali utilizzano l’opera delle classi inferiori per prosperare. In natura ci sono innumerevoli esempi di questo tipo. Il parassitismo è comunissimo, come la simbiosi o la mimesi. <br />
La dialettica servo padrone comincia al baluginare delle prime società di agricole, man mano che i nostri antenati smettevano di essere cacciatori – raccoglitori. Serviva che qualcuno guidasse e qualcun altro si sottomettesse. Sono tutte cose già risapute, ma saperle di nuovo è sempre utile per capire a che punto siamo. <br />
È dunque altamente funzionale che le società umane (tutte) prevedano qualche forma di schiavitù reale o virtuale, volontaria o involontaria. Non affermo che ciò sia bello, o giusto, o peggio ancora che io sia d’accordo con questo, anzi tutto ciò mi ripugna. Ma dal punto di vista naturale questo è il metodo migliore per far funzionare le cose. <br />
La società umana è parte della natura, al pari delle dighe costruite dai castori, dei termitai, dei formicai e dalle mandrie di caribù. La differenza può essere qualitativa, ma l’essenza è la stessa. La cultura è il nostro esoscheletro. Un essere umano non può semplicemente esistere al di fuori di una cultura, di qualsivoglia tipo. Chi, per qualche motivo (è il caso dei cosiddetti “ragazzi lupo” o di Kaspar Hauser) cresce fuori dal contesto umano, non acquisisce caratteristiche umane, ma rimane un essere che non è né umano, né bestia. L’anima umana non può fiorire che nella “cultura”, cioè nel sistema di linguaggio simbolico e mitico che informa gli umani in un dato territorio.<br />
Ecco dunque che quel grande organismo naturale che è la società umana globale prospera attraverso la divisione in classi (cioè in sfere di influenza) e naturalmente sono le classi più potenti che si accaparrano le risorse che le classi più deboli possono godere solo in misura nettamente minore. Noi pensiamo che ciò sia orrendo perché veniamo da secoli di retaggio cristiano nel quale ci viene insegnato che i poveri sono benvoluti da Dio e i ricchi alla fine andranno all’inferno, ma naturalmente questa è una stronzata che i ricchi si sono inventati per fare stare tranquilli i poveri. In realtà se un Dio esiste, esso è evidentemente, inevitabilmente, inequivocabilmente <i>dalla parte delle classi e degli individui più ricchi, dotati e agiati</i>. "A chi ha verrà dato, a chi non ha verrà tolto anche quello che ha." Così c’è scritto nel Vangelo e il senso è inequivocabile. La Natura (maiuscola) va avanti in questo modo, eliminando o usando i più deboli per aumentare la forza dei forti. <i>È per questo che Dio, se esiste, non è buono.</i> La consolazione serve per mantenere a un livello accettabile la sofferenza dei deboli che altrimenti potrebbe intaccare l’equilibrio naturale, che prevede che qualcuno prosperi e qualcun altro soccomba. La prosperità universale, semplicemente, non è contemplata dalla natura. <br />
Le culture orientali prevedevano che l’uomo, per essere felice (leggi: saggio) dovesse cercare di vivere in equilibrio con queste forze naturali e dunque comprendere il livello in cui si trovava e uniformarsi ad esso, sapendo che il Tao” tratta le diecimila creature come cani di paglia” e il <i>wu wei</i> (agire senza agire, cioè in realtà agire con distacco) è la chiave di tutto. <br />
L’occidente non può agire con distacco, anzi crede anzi che l’individuo sia <i>protagonista</i> della propria vita. È a causa di questo atteggiamento intraprendente e guerresco che l’occidente ha conquistato il pianeta, al punto che oggi tutto è Occidente. Dal punto di vista naturale, esso ha prevalso, risultando nettamente vincitore. Si è creato dunque uno squilibrio. In natura gli squilibri, presto o tardi, portano all’estinzione dei fenomeni squilibrati. Anzi, lo squilibrio potrebbe benissimo essere uno dei mezzi con cui la natura azzera il campo di gioco, cancella la lavagna, resetta l’hardware. Piano piano, senza fretta. Va tutto bene, qualunque cosa accada. O va tutto male, qualunque cosa accada. Possiamo scegliere il nostro filtro interpretativo, per la natura è lo stesso. <br />
Il motivo per cui in Occidente ha prevalso la visione progressista dell’esistenza (abolizione del tempo ciclico dell’antichità e credenza nell’idea di progresso illimitato) è racchiusa nella personalizzazione del principio primo della natura. Dio è <i>uno</i>, è <i>maschio</i> (inutile fare finta che non sia così), è il <i>capo</i> tribù che dobbiamo seguire per vincere sui nostri nemici. Questa è la concezione ebraica che ha prevalso e che poi si è mitigata con influssi orientali facendo sorgere il Cristianesimo con la sua grande invenzione dell’amore universale, la compassione, che in realtà esisteva già nel buddhismo, in forma più ascetica.<br />
La compassione è dunque la grande scoperta, l’abbraccio che riscaldava le anime dolenti degli umili, degli schiacciati dalla grande ruota della macchina naturale. Era la parte materna che riscaldava il freddo glaciale dello spirito paterno, rendendo la vita sopportabile. Nasce il culto della Madonna, la Madre. Dove si va senza una Madre? Da nessuna parte. <br />
Nietzsche aborriva la compassione, poi è impazzito abbracciando un cavallo maltrattato ed è finito a farsi cambiare il pannolone dalla mamma. <br />
L’universo è un posto freddo e senza pietà. La Madre è il rifugio. L’uomo, nato da padre e madre, segue il suo Padre cosmico e brama la sua Madre cosmica per poter ritrovare ciò che ha perduto, da qualche parte, milioni di anni fa. <br />
Ma naturalmente indietro non si può tornare. La conciliazione degli opposti non avviene mai, pena l’annullamento dell’essere. Ci si può solo muovere verso di essa. Bisogna camminare. <br />
Restano però i deboli, i meno adatti, gli sfruttati, le classi inferiori. Che farne di loro? <br />
L’ordine della natura ne prevede l’eliminazione progressiva. È atroce ma è così. È inaccettabile per noi esseri “civilizzati”, ma è così. Non si può dire e soprattutto non lo si può pensare dato che noi stessi (perlomeno io) ne facciamo parte, ma è così. <br />
L’eliminazione non si attuerà certo con i metodi brutali dei secoli passati o quelli tecnologico – apocalittici del novecento, ma con un progressivo indebolimento, imbastardimento, addormentamento delle coscienze. Gli innumerevoli esseri in sovrappiù, quelli che, se ne lamentava la Lagarde, <i>vivono troppo a lungo</i>, vanno piano piano lasciati al loro destino: basta erodere il welfare, basta aumentare impercettibilmente il costo della vita, basta che giovani di altre terre, prevalentemente maschi, possano entrare e prendere possesso dei territori, piano piano. Basta ottundere le menti con idee basiche, con false speranze, basta intorbidare le acque e piano piano tutto si sistemerà. I poveri aumenteranno sempre di più di numero e si noteranno sempre di meno e quando saranno maggioranza, si faranno fuori da soli. Mai e poi mai i poveri erediteranno la terra. <br />
È semplice come la natura, perché la natura è semplice e crudele.<br />
<i>La natura è dalla parte delle élite</i>, sempre. L’utopia è contro la natura. Il mistero atroce è questo. È eroico lottare contro la natura: è un'impresa che merita onore e rispetto. Ma bisogna che la realtà venga alla luce. L’amore continua a palpitare nei cuori degli esseri umani, questo povero amore fino all’ultimo splenderà nel buio. L’amore, prodotto della natura, è lo specchio che riflette e svergogna la natura stessa, la sua indifferenza. L’amore vince tutto, proprio perché è destinato a perdere sempre. Nella sconfitta, vince. <br />
Dio si commuove, forse, da qualche parte, ma il corso della natura resta sempre uguale. È bene saperlo, bisogna avere il coraggio di vederlo. <br />
Se dovesse mai accadere (ed è accaduto) che una classe ne rovesci un'’altra ecco che tutto rimarrebbe uguale. Semplicemente si riformerebbero altre élite che riproporrebbero il giochino, magari sotto il segno della pace e della fratellanza universali. Ma in realtà vi sarebbero ancora degli sfruttati, degli ultimi, degli abbandonati. L’utopia della ridistribuzione equa delle risorse è attuabile a un prezzo talmente alto che sarebbe incompatibile con le risorse realmente disponibili sul pianeta. Chi dice il contrario mente sapendo di mentire, sopratutto a se stesso. Sarebbe come cercare di creare il moto perpetuo. Senza contare che il tutto potrebbe funzionare solo se gli umani fossero in un numero molto più basso e ragionevole. Ma questo non è il caso del pianeta Terra: non succederà mai che la popolazione diminuisca volontariamente. La natura da una parte vuole la crescita continua, dall’altra vuole la distruzione altrettanto continua. Una cosa non può esistere senza l’altra.E in mezzo ci siamo noi. <br />
Rimane fissa l’idea tenace del progresso, dell’andare avanti in eterno, sempre avanti, sempre meglio, sempre di più. Verso dove? Verso il paradiso, la felicità, la coincidenza degli opposti, il Nirvana, i saldi a fine mese, le ferie, il domani, il comunismo, la pensione. In mezzo a questa tensione universale chi comprende il <i>wu wei </i>sa che lo Yang prevarrà sullo Yin finché lo Yin tornerà a prevalere sullo Yang e così via, in eterno. Perché darsi pena?<br />
L’occidente, nella sua spinta inarrestabile, cerca metodi inconsci per fermarsi. Credo che l’Occidente lo desideri ardentemente questo declino che sembra non arrivare mai. Il tramonto dell’Occidente è lungo, molto lungo.Man mano che tramonta, tutto il mondo è diventato Occidente. <br />
Ma alla fine della notte si vedrà la luce. La compassione trionferà. L’abbiamo sempre saputo. Il discorso della montagna, la rivelazione del Sutra del Loto sul picco dell’Aquila, i rotoli del Mar Morto, la Mecca, la Cappella Sistina … tutto ci porta lì. <br />
Per capire bene di cosa si sta parlando, non c’è niente di meglio che guardare il finale della serie televisiva <i>Mad men</i>: il protagonista, un incallito pubblicitario in cerca di redenzione, ha una specie di <i>satori</i> in cui, al colmo della beatitudine, crea quello che poi sarà il jingle più diffuso e caratteristico di tutti i tempi. <br />
Questo lampo di genio illumina l’universo e getta luce sul vero obiettivo dell’uomo, sullo scopo finale della sua venuta sulla terra. Ecco la conciliazione degli opposti, la perfetta armonia, la fine delle classi, il trionfo dell’umanità, ecco finalmente svelato il mistero di tanto lottare e tanto soffrire. Ecco il nettare degli dei. <br />
Acqua zuccherata e anidride carbonica e qualche altro piccolo mistero mai svelato. <br />
Enjoy the REAL THING!!Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-45743370993253624192019-09-06T13:30:00.001+02:002019-09-06T13:34:43.550+02:00Disilludersi è un lavoroChi è onesto e intelligente non è convinto<br />
Chi è intelligente e convinto non è onesto<br />
Chi è onesto e convinto non è intelligente<br />
Non si fugge da queste tre regole. Sono eterne e inappellabili. C’è da dire che si cade in uno dei bracci della triade a momenti alterni, per cui non sempre si è intelligenti o onesti o convinti. Dipende dal momento che si vive. Per cui ci vuole un po’ di indulgenza con noi stessi per essere stati spesso dei coglioni, cioè persone oneste e convinte. <br />
Il comunismo, il PD, la <b><a href="http://cronachebabilonesi.blogspot.com/2012/12/buddhismo-o-dellilluminazione-illusa.html" target="_blank">Soka Gakkai</a>,</b> I 5stelle … la destra, la sinistra … scartavo una stronzata solo per finire in braccio a un’altra … a causa del mio anelito alla verità. Povero ragazzo. La mia coglionesca e romantica ricerca dell’assoluto mi ha fatto imbattere in menzogne di volta in volta sempre più elaborate a tal punto che differivano dalla verità solo per una virgola e quella virgola ci mettevi anni per vederla. E così è passato il tempo, da un giogo all’altro, e io sono diventato sempre più scemo e sempre più solo. <br />
E così ho imparato la dolcezza della disillusione. La disillusione è stata un balsamo per la mia anima. I momenti più belli della mia vita sono stati quelli in cui ho perso un’illusione. Ogni volta mi sono sentito puro, leggero e disposto a salire alle stelle. Sono proprio un inguaribile romantico, quindi per definizione un potenziale coglione. Un coglione si risveglia dal sogno solo per finire dentro un altro sogno. Questo è più o meno quello che dice il taoismo. Ci si risveglia al fatto che si sta sognando, ma si continua a sognare. <br />
Disilludermi è diventato un lavoro, quasi. Negli anni mi sono disilluso da persone, situazioni, movimenti. Cercavo di rimanere puro ed ecco che un’altra illusione mi si attaccava. Dovrei esprimermi in termini poetici, tirare in ballo le onde del mare e il deserto che fiorisce nonostante tutto e le montagne che sfidano il tempo e l’uccello che ogni mille anni con un ala le sfiora e di come tutto, ma proprio tutto verrà inghiottito dalla morte, senza appello e senza scampo. <br />
E invece penso ai 5 stelle e a Casaleggio, al business creato con la complicità di Grillo, guitto senza più un palcoscenico nazionale e in odore di ecologismo: un business nato solo per creare profitti dalla politica. Tutto come da copione: i primi anni belli, sinceri, puri e poi l’impossibilità di dire realmente quello che si pensa, le epurazioni, l’emergere di figure più o meno carismatiche, il contrapporsi agli altri simulando (ma non del tutto consapevolmente) una superiorità etica indiscutibile. Tale e quale la Gakkai, solo che la Gakkai non faceva (formalmente) politica. E la gente ci credeva, nei 5 stelle, e hanno pure vinto le elezioni e io li ho pure votati. Due volte. Nel 2013 e nel 2018. E mi sono incazzato quando le manovre di palazzo di Napolitano hanno impedito nel 2013 ai 5 stelle di formare un governo la prima volta. <br />
A mio parziale riscatto posso solo dire che non ho mai voluto coinvolgermi più fino in fondo, come ho fatto nel passato. Una piccola riserva mentale me la sono conservata, ma questa riserva era più sul fatto che difficilmente i 5 stelle avrebbero potuto attuare i loro propositi e che erano quasi sicuramente destinati al fallimento. <br />
Ma la verità è che il loro scopo (o meglio, lo scopo dei suoi fondatori) non era realizzare il progetto di una società migliore. <br />
È solo quando Salvini improvvisamente (?) “stacca la spina” del governo e fa ripiombare tutto nell’incertezza, che la faccenda si chiarisce. Vogliono le poltrone ad ogni costo, ecco cosa, per semplici questioni di soldi, e di un po’ di potere, certo, ma soprattutto di soldi. Tutto si riduce a questo, non c’è bisogno di tirare in ballo i rettiliani o gli Illuminati e forse nemmeno la BCE, sebbene quest’ultima sia ben contenta della piega presa dagli eventi. <br />
Non credo che il Capitone sia una persona completamente onesta e nemmeno completamente disonesta. È il classico italiano che si barcamena tra onestà, disonestà, pochezza e ammuina, grandi progetti e pochi fatti: niente di nuovo insomma. <br />
Ma i 5 stelle che erano così innovativi, così antisistema … e poi ti votano la von der Leyen. E Conte, tipica figura dell’ambiguo italiano che sorride e te lo piazza in culo nello stesso tempo. Che gente. Senza onore, senza dignità. Per forza. L’obiettivo è il proprio profitto, il profitto della Casaleggio, il proprio potere, la propria durata in un sistema chiuso di privilegi e totalmente autoreferenziale. È un sistema autistico come la piccola <b><a href="https://cronachebabilonesi.blogspot.com/2019/09/nellanno-3500000.html" target="_blank">Thumberg</a></b>, la ragazzina che vuole la salvezza del pianeta attraverso l’aiuto dei mercati. Poverina. <br />
I 5 stelle vogliono la loro propria salvezza e niente altro. Non verranno più votati? E chi lo sa. L’italiano dimentica in fretta e la politica in Italia è una questione di tifoseria. Uno zoccolo duro prevarrà. Ma faranno di tutto per durare, perché è lo stipendio che vogliono. Niente altro che questo. Come non capirli?<br />
Non posso fare altro che accettare che ci sono cascato ancora. È facile imbrogliarmi, dunque. Sono lento e farraginoso, lo si evince anche dalla scrittura. Avrei dovuto liquidare il fenomeno in dieci righe massimo e invece sto facendo una spataffiata logora come sono logoro io, senza più trucchi a disposizione. <br />
La cosa più triste è vedere lo zoccolo duro degli elettori 5 selle arrampicarsi sugli specchi per giustificare questa merda. La gente la verità non la vuole vedere, Wanna Marchi è sempre nei nostri cuori nonostante tutto. Questo, dopotutto, è il paese in cui un (ormai ex) ministro dell’interno tira fuori un rosario e a sua volta il presidente del consiglio l’immaginetta di Padre Pio. Ci mancava solo il Mago Otelma che gestiva la Camera e i giochi erano fatti. <br />
Non si vantino troppo quelli che dicono di non esserci mai cascati: non ci sono cascati con i 5 stelle, ma ci sono cascati a braccia aperte con il PD per 20 anni e pur di non vedere che partito di merda è (merda e niente altro) si accontentano di godere del fatto che Salvini è fuori dai giochi. Sprovveduti o in malafede, come sempre. <br />
Tutto è tifoseria da stadio e benaltrismo per reazione. E non serve elencare i provvedimenti positivi che 5 stelle e PD nell’arco temporale in cui sono stati al comando possono avere fatto. Anche Hitler ha fatto qualcosa per i lavoratori, così come Mussolini, così come la Mafia per i siciliani. In mezzo alle nefandezze qualcosa di positivo si fa sempre. Non serve a giustificare nulla e nessuno. <br />
Nulla al ver detraendo sia il mio motto ora e sempre. Sono stato un coglione, è probabile che lo sarò ancora e quando meno me lo aspetto. La coglionaggine è un destino subdolo. <br />
Ricordate sempre, o voi che passate di qui:<br />
Chi è onesto e intelligente non è convinto<br />
Chi è intelligente e convinto non è onesto<br />
Chi è onesto e convinto non è intelligenteMassimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-60877174474666848882019-09-04T22:19:00.001+02:002019-09-04T22:19:19.577+02:00Nell'anno 3500000Greta Thumberg è una piccola Asperger che sembra più un incrocio tra uno hobbit e Antony and the Johnson. Nella sua piccola testa ha tanti pensieri buoni per il futuro dell’umanità e per i minchioni che ci credono, che non sono poi molti, perché a Greta non si crede, la si compra con tutto il suo pacchetto e la si usa, rendendo mamma e papà tanto contenti, ma più mamma che papà: infatti il tutto è più una questione femminile, in quanto si sa che sarà la profonda sensibilità femminile a salvare questo nostro pianeta. Non importa se poi il pianeta si ostinerà beffardamente a esistere anche quando gli ultimi discendenti delle piccole dolci Grete saranno dissolti in qualche pozza di bitume creata dallo spostarsi delle faglie in seguito alla deriva dei continenti, quando tanti piccoli Troll rincoglioniti saltelleranno beati in mezzo a mucchi di scisto e basalto e non potranno certo sapere che milioni di anni prima i loro antenati costruivano grattacieli e materiali termoresistenti, avevano inventato youporn e eleggevano i loro capi via Internet non riuscendo lo stesso a infilare un congiuntivo. Nel regno dei piccoli Troll evoluti dalle gretine e gretini del pianeta da salvare, non sapranno neppure cos’è un congiuntivo, si esprimeranno a puzzette. Il pianeta da salvare, nell’anno 3500000 sarà un posto molto più significativo di adesso. <br />Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-34799427787971269312019-08-31T15:06:00.000+02:002019-08-31T15:08:11.354+02:00Nel grande universo tutto è lo stesso<style>
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<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Non ci
sono errori. Non c’è mai stato un errore. Dio o il Gohonzon, o il karma, o le
leggi, o Brahma, o Vishnu, non commettono errori. E perché dovrebbe esserci un
errore in quello che accade? Errore nei confronti di chi e cosa? Quello che
accade è quello che accade e deve accadere. Potrebbe andare altrimenti ma non
ci va. Se va altrimenti è come doveva andare. Come deve andare non lo sappiamo
MAI finché non accade. E dopo che è accaduto, è scolpito. Quello che noi
desideriamo, lo desideriamo perché siamo fatti in un dato modo e siamo fatti in
un dato modo perché infinite circostanze si sono unite per formarci in quel
dato modo. Ogni nostro sforzo lo compiamo perché in noi c’è uno slancio che
esiste perché cause ed effetti si sono formati per creare quello slancio. Non
c’è un punto di origine e un punto di arrivo. La sofferenza coinvolge il
piccolo individuo che si sente tagliato fuori da questo flusso. È l’io
psicofisico che soffre o gioisce, ma questa sofferenza o gioia sono il prodotto
di infinite cause e infiniti effetti che non hanno un’origine unica e un unico
fine. Nel flusso continuo accade solo quello che deve accadere. Questo è solo
apparentemente fatalismo, in realtà è un semplice movimento unico di tutte le
cose, una danza, o meglio, una rete che oscilla al vento. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Gemere perché
non si ottiene quello che si vuole o perché si è bastonati dalla vita va bene,
in quanto l’energia che entra deve uscire in qualche modo. Il dolore avviene,
come avviene tutto il resto, come avviene la gioia, come avviene qualunque
cosa. Lamentarsi o non lamentarsi è ininfluente. Non lamentarsi può essere
lodevole in una certa configurazione, ma ai fini dei risultati, è indifferente.
Quello che accade non è mai un errore, nell’universo non esistono errori,
casomai deviazioni da uno standard che poi è il frutto delle nostre percezioni
e niente altro. Le infinite cause ed effetti fanno sì che noi siamo esseri che
cercano di sfuggire alla sofferenza, peraltro non riuscendoci. In questa fuga
solo apparente creiamo arabeschi nel tessuto del mondo. La percezione
individuale vede nel dolore un errore della creazione, quando in realtà esso è
un movimento come un altro. Nessuno commette errori o fa azioni giuste. Giusto
e sbagliato riguardano solo le nostre percezioni limitate. Nel grande universo
tutto è lo stesso. Il reale è razionale, il razionale è reale. Quando Hegel lo
ha capito, al cospetto di Napoleone, intorno al 1807, è caduto in una
depressione nervosa nella quale si è dibattuto per qualche anno. Poi ne è
uscito, se ne è fatto una ragione, appunto. Perché il reale è razionale. Hegel era un essere
abbastanza illuminato. Non completamente, ma abbastanza. Il reale è razionale:
saperlo ti fa sentire come la nottola di Minerva che esce al crepuscolo, quando
tutto è avvenuto e non si può fare più nulla. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 0cm; margin-right: -.3pt; margin-top: 0cm; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none; text-justify: inter-ideograph;">
<span style="font-family: "palatino"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">È per
questo che le persone risvegliate, i Buddha, praticano il distacco del frutto
dall’atto, che non è la stessa cosa del fatalismo. Il fatalismo e la
razionalità del reale sono due cose diverse. Qui subentra Schopenhauer e si
ribella Nietzsche e il giochino riprende. Sarvakarmaphalatyaga. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-75822295234748844962019-07-04T17:39:00.001+02:002019-07-04T17:46:43.401+02:00Viene il sospetto Viene il sospetto che se sulla Sea Watch, al posto di una vispa ragazzotta tedesca con dreds e canottierina, giovane e caruccia, ci fosse stato un capitano di 55 anni di origine slovena, con la barba, la pancia e i peli del naso in vista, i cinque deputati di sinistra mica sarebbero saliti a bordo: mica potevano arrischiare la loro immagine, già traballante, con qualcuno non spendibile mediaticamente.<br />
Viene altresi il sospetto che se questo immaginarlo capitano avesse forzato il blocco della guardia di finanza, non dico che gli avrebbero sparato addosso (dopotutto siamo sempre in Italia, il paese dei tarallucci e vino), ma qualche giorno nelle patrie galere lo avrebbe passato. E la magistrata (si dice così? ) non sarebbe stata indulgente di fronte a tanta violenza maschile.<br />
Viene dunque il sospetto che non sia un caso che la tal Carola Rackete non sia uno sloveno barbuto e corpulento di 55 anni.<br />
Viene il sospetto che sia tutto qui, oggigiorno: immagine.<br />
Dietro questo "tutto qui" si celano abissi di dolore e stupidità.<br />
Viene il sospetto che abbiano eletto la nuova presidente BCE basandosi su immagine più che competenza. Chi segue un po' la cronaca sa che la Lagarde non ha brillato quando era ministra (si dice così? ) dell'economia francese e che ha subito un'inchiesta per abuso di ufficio. La Lagarde (ma si può ancora mettere l'articolo davanti al cognome o è discriminazione di genere?) quando era presidente del FMI ha lamentato che si vive troppo a lungo (i peones, mica lei o i suoi amici ) e che la soluzione è pagare più tasse e andare in pensione più tardi, smantellando il cosiddetto welfare pezzo per pezzo. Una garanzia, insomma.<br />
Per dare un contentino all'Italia (si fa per dire) hanno messo come presidente del parlamento europeo il giornalista televisivo David Sassoli, del PD ovviamente. Dunque, in principio è l'immagine. Ma cosa vuole trasmettere questa immagine?<br />
Viene il sospetto che da un lato si vogliano rassicurare i "mercati", queste entità proteiformi che sono dovunque e in nessun luogo: tutto proseguirà come deve, cioè senza minimamente prestare attenzione a quello che i popoli europei scelgono quando votano.<br />
Nello stesso tempo viene un altro sospetto : è strano che la UE non faccia nulla per darsi neanche un tentativo di restyling, non fosse altro che per tenere buono il peone e ingannarlo meglio. Che sia perché, sotto sotto, sanno benissimo che il baraccone non durerà ancora a lungo e già si tengono pronti per quello che verrà dopo?<br />
Viene il sospetto che l'immagine sia sempre più sfocata.<br />
<br />Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-91681768425316176272019-06-28T19:17:00.003+02:002019-06-28T19:20:28.355+02:00Situazione disperata ma non seria Il critico d'arte Tomaso Montanari ha osato affermare che Zeffirelli, passato a miglior vita qualche giorno fa a 96 anni, era un regista mediocre. Apriti cielo, gli sono piombati addosso tutti, compreso Sgarbi. Il malcapitato ha pure sommessamente aggiunto che anche l'altra fiorentina doc, la Fallaci, non era un granché e in più era dotata di idee orrende.<br />
La destra in coro ha cominciato a ululare .<br />
Nella stessa settimana l'impareggiabile Vittorio Feltri ha commentato la probabile vicina dipartita di Camilleri con un sanguigno/alcolico "spiace per lui ma almeno Montalbano ha finito di rompere i coglioni".<br />
La sinistra in coro ha cominciato a ululare.<br />
Io sono d'accordo sia con Montanari che con Feltri. Che ne sarà di me?<br />
Zeffirelli era un regista patinato e ampiamente sopravvalutato, la Fallaci una acida signora ex giornalista con vedute geopolitiche perlomeno discutibili, Camilleri uno scrittore di media levatura che ha avuto la fortuna di emergere in un panorama di nani letterari. La patria letteratura è talmente desolata che Camilleri può sventare come un Gadda redivivo, per difetto degli altri e non per merito suo.<br />
Intanto destra e sinistra vanno avanti a ululare. Guai a toccare i loro ninnoli di chincaglieria.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-69355095398867221972019-06-28T17:18:00.000+02:002019-06-28T17:26:21.380+02:00Ha tutte le carte in regola per stare sui coglioni La capitana Carola Rackete della nave Sea Watch, sfida il governo italiano forzando l'ingresso nelle acque territoriali e cercando di sbarcare a Lampedusa con il suo carico di migranti. Ululati della destra e ululati della sinistra. Lei, faccino duro, un po' mascolino, dread e canottierina sexy, ha tutte le carte in regola per stare sui coglioni all'italiano medio: giovanissima, bella ricca, determinata, idealista, esperienze in Antartide, giro del mondo varie volte, appartamento a Londra comprato dai genitori ma mantenuto con il suo lavoro di capitana di navi un'esperienza che manco Conrad si sarebbe sognato. Sicuramente scriverà un libro che sarà edito da Einaudi con la prefazione di Saviano.<br />
Che poi il suo bel faccino androgino venga usato per quella che è una squallida operazione politica atta a destabilizzare un governo che, quello sì, sta sui coglioni a tutta Europa, è un altro discorso.<br />
Lei, la Rackete, è la donna del futuro e quelli in disaccordo sono scimmie puzzolenti e ululanti, malcontente e sudaticce. Non si riesce a immaginare la Rackete sudare per il caldo, o se lo fa, saranno graziose macchie simmetriche e l'umidore sulla fronte avrà un tocco sexy, come il ciuffetto che sfugge spettinato dalla coda di cavallo di Lara Croft. È la donna del futuro, quella che sente come dovere cosmico salvare esseri che sente meno fortunati di sé. È l'eterno femminino che ci trae verso l'alto, come la piccola Greta dalle cui labbra pendono i grandi del mondo.<br />
L'epoca ha bisogno di madonne superumane, o meglio, veramente umane, la cui presenza non può fare altro che scatenare la reazione delle scimmie grugnenti il loro dispetto e risentimento.<br />
Salvini esemplifica bene anche dal punto di vista fisico questa primitivita '.<br />
È un Neanderthal che cerca di impedire ai Cro Magnon di invadere il suo territorio, ma una parte di sé ha già capito che non c'è niente da fare: la selezione naturale ha già deciso.<br />
Indipendentemente dall'esito della vicenda, la capitana ha già vinto. Lei è la donna del futuro, i Neanderthal possono solo agitarsi e sbavare. Umani e subumani, il nuovo ordine del mondo è in arrivo ed è inarrestabile. I migranti sono solo una faccenda di contorno: esseri indefiniti da aggredire con una continua, ineluttabile, instancabile pietà. Per tutti i secoli dei secoli di beata schiavitù.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-36062724185485937332019-02-04T10:38:00.000+01:002019-02-04T10:38:00.186+01:00Dissipatio H.G. di Guido MorselliEbbi notizia di questo romanzo verso la fine degli anni settanta, ma lo lessi per la prima volta credo nel 1985. La storia dell’ultimo uomo sulla Terra non ha certo la pretesa di essere originale. Ci furono innumerevoli film (<i>Occhi bianchi sul pianeta Terra</i>, <i>L’ultimo uomo sulla Terra</i>, fino al recente <i>Io sono leggenda</i>) e innumerevoli romanzi a partire da <i>L’ultimo uomo</i> di Mary Shelley per passare dallo splendido Urania <i>Vita con gli automi</i> (Second Ending) di James White. Quest’ultimo fu una lettura adolescenziale per me rimasta indelebile. <br />Il tema, insomma, è stato ampiamente saccheggiato già dal XIX secolo (il romanzo della Shelley è del 1826) e in ogni testo veniva puntualmente messa in primo piano la figura prometeica, lacerata, di questo sopravvissuto, erede di una umanità di cui si assume sulle fragili spalle tutta la storia e la responsabilità. Ma l’antesignano per eccellenza dell’uomo solo (con tutte le debite differenze) è naturalmente Robinson Crusoe. Il selvaggio Venerdì non riesce a sconfiggere totalmente la solitudine di chi porta dentro di sé, nelle proprie strutture mentali, la società civile. L’individuo è un prodotto di questa società e la manifesta nei suoi più intimi pensieri. Solitudine è sempre solitudine sociale. Un uomo isolato, è pur sempre isolato da qualcosa che lo trascende e lo informa di sé allo stesso tempo.<br />Morselli riprende il tema del sopravvissuto e lo porta alle sue estreme conseguenze metafisiche, da quel grande e “alieno” scrittore che è. In questo romanzo Morselli esplora la solitudine definitiva, quella della separazione assoluta dell’Io dalla realtà. Il tema del realismo è molto presente nelle opere di Morselli. Nel suo <i>Diario</i>, in un appunto del 1968 intitolato “<i>Falciola di Terra</i>”, commenta la foto del pianeta Terra vista dalla capsula Apollo come una foto storica, che per qualche opera di rimozione mentale, non viene recepita per nella sua reale portata. Secondo Morselli, vedere il pianeta Terra dal “di fuori” significa che l’idealismo cade nel vuoto. Significa capire che la totalità non è un Concetto come quelli hegeliani, ma una Realtà e che è tutta distesa su questa piccola sfera. Significa capire che vedere il pianeta da fuori è come vedere se stessi, per la prima volta interi, noti e ignoti allo stesso tempo.<br />Significa capire che ciò che si supponeva reale, ha riscontro nella Realtà. I contorni dei continenti visibili dalla capsula Apollo sono esattamente quelli visualizzati dai cartografi secoli prima del volo spaziale. Abbiamo intuito la Terra ed essa è vera. È come è. <br />È illuminante. Ma l’uomo, dice Morselli, non sembra cogliere questo aspetto. Il nostro pianeta, così concreto, così reale, è ancora intrappolato in una rete di sogni globale. <br />Il realismo non è fatto per l’uomo, ma solo per pochi uomini. Così pensa Morselli. <br />Noi cerchiamo sempre la Realtà e non sappiamo distinguerla. Ma ce l’abbiamo sotto gli occhi.<br />Essa è esperienza della Terra vista tutta intera. Noi – siamo – quello. <br /><br /><i>Dissipatio H. G. </i>è l’ultimo romanzo di Guido Morselli. Niente di ciò che ha scritto finora è stato pubblicato. Ha collezionato rifiuti da tutte le case editrici. In vita ha pubblicato, a pagamento, solo un breve saggio su Proust negli anni quaranta e qualche articolo su qualche rivista. <br />Sulla carta d’identità di Morselli, alla voce “professione” c’è scritto “Agricoltore”. È quello che fa per vivere: gestisce una tenuta di famiglia nei monti sopra Varese. Eppure è un uomo di profondissima e vastissima cultura. Ma sente che per lui non c’è posto da nessuna parte. È una esacerbazione dell’ego o è realtà? Non si sa, ma Morselli ha ormai sessant’anni di vita solitaria e rifiuti sentimentali e editoriali sulle spalle. All’ennesimo rifiuto editoriale, si toglie la vita con un colpo di pistola. È il 31 luglio del 1973. Dire che si è ucciso perché non riusciva a pubblicare, sarebbe ingiusto, sbagliato e riduttivo. Come per Pavese, probabilmente il destino stava nel carattere. Uomini come Morselli sono rari e destinati sempre alla marginalità di chi troppo vede e troppo capisce. Era nato troppo tardi e troppo presto. Dopo la morte comincia il suo successo come scrittore. <br /><br />La storia del romanzo è semplice. Il protagonista di cui non sappiamo il nome (è solo un Io), raggiunto un livello inaccettabile di tedium vitae, decide di uccidersi alla vigilia del proprio quarantesimo compleanno, buttandosi nelle acque di un laghetto sotterraneo di montagna. Nessuno lo potrà salvare, nessuno lo potrà trovare. Sancisce così da subito la sua separazione dal resto del genere umano. Un banale incidente, una craniata imprevista contro la parete della caverna dove si trova, lo fa svenire per un attimo. Al risveglio perde ogni desiderio di uccidersi e riemerge dalla caverna pronto a ritornare alla sua insoddisfacente vita quotidiana. Poiché egli vive in un paesino isolato di alta montagna, non si rende conto subito che c’è qualcosa che non va. Passano infatti due o tre giorni prima che si renda conto che intorno a lui non è rimasto nessuno. I padroni della casa dove abita sembrano volatilizzati. Automobili e pullman sono abbandonati come se chi li guidava si fosse dissolto di colpo, lasciando il veicolo compiere il suo tragitto verso un muro o un fosso. L’elemento fantascientifico/realistico usato da Morselli è molto forte. È la realtà, quella che viene incontro al protagonista, e non un sogno strano. <br />Decide dunque di scendere in città, in quella Crisopoli in cui si adombra Zurigo, città dalla mille banche: infatti Crisopoli vuol dire “Città d’oro”. In città lo coglie uno spettacolo devastante. Tutto è abbandonato a se stesso. Le macchine sono vuote, gli alberghi vuoti, le case vuote, la Borsa è vuota, le telescriventi ancora si muovono, in automatico, ma nessuno trasmette e nessuno riceve. Il protagonista si aggira in questo mondo immobile, dove, con il passare dei giorni, gli animali prendono possesso delle cose che prima erano degli uomini. <br />Morselli trasmette il suo lacerante disincanto in queste pagine che sono uno dei più disperati e bellissimi addii che siano mai stati scritti. È un congedo lunghissimo dalle idee, dalle ideologie, dai sentimenti, dalla società umana. Il protagonista è in fondo Morselli stesso, “fobantropo per danno e fastidio”, colui che aveva paura degli uomini e dei rumori. Il romanzo è un congedo, si diceva. Morselli mentre lo scriveva, aveva già in animo che fosse l’ultimo. Ormai lui stesso era giunto alla “fine del mondo” e scrive appunto della fine del mondo conosciuto. Mai romanzo scritto all’ombra della morte, è così pieno di vita. Mai la solitudine umana è stata descritta con così tanta umana pietà, lucidità e la benché minima traccia di autocommiserazione. Ogni gioco è già fatto, il mondo è già alle nostre spalle, tutte è deciso. Quello che resta è purezza e bellezza dei mattini abbandonati a se stessi. Dissipatio H. G. è un capolavoro della estrema solitudine. E come tutti i capolavori, va letto e riletto. E dopo anni di frequentazione, una ulteriore rilettura porta con sé nuove cose: nuove prospettive sulla società, sugli uomini, sull’amore. È insomma, inesauribile, come tutte le vere opere d’arte.<br /><br />Il protagonista vaga per la città e per le montagne in cerca di qualcuno, senza trovare anima umana viva. Comincia a cercare ipotesi per spiegarsi l’accaduto. Tra le varie ipotesi i “trascorsi eruditi” del protagonista lo portano a ripensare a un testo di Giamblico (III – IV secolo d. C) intitolato appunto Dissipatio Humani Generis dove “Dissipatio” stava per “evaporazione” o “nebulizzazione”. La fine della specie umana, secondo Giamblico sarebbe avvenuta per <i>“un fatale fenomeno di questo tipo. Rispetto a altri profeti era meno catastrofico: niente diluvio, niente olocausto “solvens saeclum in favilla”, assimilabile oggi a un’ecatombe atomica. Gli esseri umani cambiati per prodigio improvviso in uno spray o gas impercettibile (e inoffensivo, probabilmente inodoro), senza combustione intermedia. Il che, se non glorioso, perlomeno è decoroso.”</i><br /><br />Il protagonista, nella sua intoccabile solitudine, passa momenti di libertà totale e addirittura sollievo. È libero da questi molesti esseri che hanno costruito reami che descrive così: <i>“Tre angeli neri, gli stessi a cui, in vita, si prostravano idolatri, e ognuno dei tre porta uno scudo, e su uno degli scudi si legge: Sociologismo, sull’altro, Storicismo, sul terzo Psicologismo. A piè del monte, due serpi loricate strisciano sibilando e buttando fuoco. E ognuna sulle scaglie ha una scritta, e su una si legge: Advertising, e sull’altra: Marketing.” <br />“La cultura porta in sé il solvente per ciò che la fa vivere e per ciò che la nega. Non ha consistenza, se non ne trova una produttivistica, ma in grazia della sua inconsistenza, checché avvenga di catastrofico, resiste.” </i><br />Ma poi subentra il panico atroce da cui non può fuggire. Gli viene il dubbio che il suo tentativo di suicidio sia andato a segno e che in realtà è lui a essere svanito e quello in cui si trova è un aldilà che è il risultato della sua colpa di volersi “eccettuare” dal resto del genere umano. Ma lo salva dal panico orrendo questo senso della realtà, il “realismo ingenuo” che lo contraddistingue. Osserva i mutamenti della città in assenza degli uomini, l’erba che comincia a farsi largo tra le spaccature del terreno e invade le strade. Cervi, caprioli, cani, gatti, mucche, attraversano le strade una volta trafficate. È allora che il protagonista decide di costruire quel suo strano monumento nella piazza della Borsa, fatto di auto e televisori, come ricordo di coloro che se ne sono andati e anche nella folle speranza che dall’alto, qualcuno veda e atterri e lo richiami alla vita umana, cioè sociale. <br />Comincia a scoprire anche i mutamenti nel suo corpo. Si lascia crescere la barba, indossa una gonna perché è più pratica dei pantaloni: ormai la distinzione di genere sessuale, essendo rimasto solo lui, non ha alcun senso. Comincia anche a nutrire un altro folle scopo: rivedere il suo vecchio medico, il dottor Karpinsky, l’unico essere umano con il quale, nella vita precedente ha creato un legame vero, di amicizia, durante la sua degenza in una clinica per esaurimento nervoso. Rivedere Karpinsky, per qualche motivo, è un idea che dà forza al protagonista di sopportare la sua ormai impossibile solitudine. Sa che da qualche parte c’è e arriverà a trovarlo e lo aspetta. Il punto è che Karpinsky è morto pugnalato, mentre cercava di sedare una lite tra infermieri e il protagonista lo sa benissimo. Ma il pensiero di rivederlo si fa strada lo stesso.<br />Un universo senza esseri umani, ha perduto ogni scopo che non sia perpetrare se stesso. <br /><i>“Se c’è stata l’umanità e ora ci sono io, solo io, decido di assumermi i compiti che ‘loro’ hanno dovuto abbandonare. Che cosa facevano ‘loro’ in sostanza? Che cosa facevano? Beh, è abbastanza semplice: agivano in vista di utilità. Inoltre, ragionavano sulle cose che si vedevano intorno, o che credevano di vedersi dentro. Poi le rappresentavano, parole, segni, suoni. Altro non facevano, sarò un riduttivo (un semplificatore), ma ho idea di non avere tralasciato nulla.”</i><br />La figura di Karpinsky assume sempre più rilievo. Assurge al livello di fede, l’unica possibile, in questa desolazione. Fede in un gesto umano, che si è ricevuto nel passato e che si è perpetuato rendendo qualcosa del suo splendore anche nell’estrema solitudine della morte. Il protagonista ne sente la voce, il richiamo. Senta che il dottore gli sta dicendo che lo incontrerà quaggiù, su questa terra piena di vita e vuota di uomini, vuota di amicizia. E il protagonista decide di attendere. <br />L’ex – uomo, come si definisce, non più uomo né donna ( non avrebbe senso), attende il suo amico, fuori dal tempo, perché il tempo non può essere che umano. <i>“Sto scoprendo che l’eterno, per me che lo guardo da un’orbita di parcheggio, è la permanenza del provvisorio. La dilatazione estrema dell’attimo, e in termini empirici questo vuol dire: stato di differibilità assoluta. Agisco ma non posso preventivare la durata dell’azione, so solo che è incalcolabile; sto caricando la pipa, ma quando sarò pronto per prendere un fiammifero e accenderla? E lo sarò mai?”</i><br />Ormai l’attesa di Karpinsky, ultimo Godot per un “ultimo uomo” è l’atto finale.<br /><i>“Non parlerà. Inutile chiedergli, come gli chiedevo in clinica ‘Mi terrete qui ancora? Non sono guarito?’. Perché lui non viene per rispondere a dubbi, per fare annunci. È il piccolo, semplice uomo di allora. Viene, semplicemente, a cercarmi, e è già in cammino. La mia è una certezza, non propriamente un’attesa, e mi libera da ogni impazienza.<br />Me ne sto a guardare, dalla panchina di un viale, la vita che in questa strana eternità si prepara sotto i miei occhi. L’aria è lucida, di un’umidità compatta. Rivoli d’acqua piovana (saranno guasti gli scoli nella parte alta della città) confluiscono nel viale, e hanno steso sull’asfalto, giorno dopo giorno, uno strato leggero di terriccio. Poco più di un velo, eppure qualche cosa verdeggia e cresce, e non la solita erbetta municipale; sono piantine selvatiche. Il Mercato dei Mercati si cambierà in campagna. Con i ranuncoli, la cicoria in fiore.<br />In tasca tengo, per lui, un pacchetto di gauloises.”</i><br />Finisce così, con la “certezza” questo testamento sui generis. Certezza della vita o della morte? Non c’è più possibilità di distinguerle. Forse non c’è mai stata. <br /><br /><i>Ripensamenti sul realismo. </i>La realtà non è semplicemente sperimentabile se non con la mediazione dell’Io e questo lo sapeva già Kant. Da allora non è cambiato molto. Noi non sappiamo altro che i contenuti della nostra coscienza, i quali si formano al contatto con il reale. Non si tratta dunque di non desumere che una realtà esistente fuori dalla coscienza non si dia: si tratta di comprendere che solo la coscienza può mediare la percezione di questa realtà e siccome nel mediarla la modifica, ecco che ciò che è reale è ciò che è contenuto nella coscienza. La cosa in sé rimane lo scandalo oltre il quale non si può andare. <br />La pretesa dei "nuovi realisti", con il corollario delle scoperte scientifiche, non approda da nessuna parte. Gli orrori cosmici alla Lovecraft si rivelano incubi della coscienza, come al solito. <br />Anche la pretesa del povero Morselli rimane tale. Certo che la “falciola di terra”, la visione del pianeta sul quale viviamo tutti, significa che qualcosa fuori di noi è, e rimane, fuori dal nostro controllo: ma nello stesso tempo, da noi stessi che contempliamo questo nostro pianeta da cui proveniamo, proviene la coscienza di contemplarlo. Tra esterno e interno c’è uno scambio continuo. Soggettivo e oggettivo si compenetrano a tal punto che non si possono “realmente” distinguere. Un sasso che mi colpisce sulla testa proviene da fuori di me, ma diviene un tutto con la mia coscienza. Dopotutto il sasso ha colpito me. Il sasso è in relazione con me. Senza di me, questo sasso non avrebbe avuto il significato che invece ha colpendomi. Nello stesso tempo, senza questo sasso la mia soggettività non sarebbe stata ulteriormente evidenziata. <br />Se l’uomo sparisse in una dissipatio morselliana, la “realtà” rimarrebbe un assunto indimostrabile. Ci sarebbe la realtà dei caprioli o degli insetti, o delle mucche o delle lucertole, esseri che la “falciola di terra” non potrebbero nemmeno vederla e se la vedessero, non ne comprenderebbero il significato. Dove c’è infatti un significato c’è determinazione e dove c’è determinazione c’è Io. Quindi pare proprio che dall’Io non se ne esca. L’idealismo continua a trionfare finché l’IO non si spezza. Allora ciò che rimane è l’Inconcepibile: il Reale senza soggetto. Cioè, presumo, Dio. <br />Non è un caso che ciò che Morselli voleva dimostrare nel suo ultimo disperato romanzo, e cioè il trionfo della cosa in sé in assenza dell’uomo, gli si tramuta tra le mani in un confronto glaciale tra un Io disperatamente solo e un mondo imperscrutabile: confronto, reso ancora più imperscrutabile proprio dall’assenza di un IO collettivo. Rimane solo l’Io individuale, destinato a dissolversi nel tutto, cioè a essere solipsisticamente Tutto. Ciò che voleva essere il trionfo del realismo è stato il trionfo della non dualità. Noi siamo il mondo che contempliamo e nello stesso tempo ciò attraverso il quale il mondo si contempla. Io, bisogna ricordare, non è (solo) individuale, ma è collettivo. Un uomo che guarda è tutti gli uomini. Un uomo che muore è tutti gli uomini. Un uomo che agisce è tutti gli uomini. Io sono tutti gli uomini e non solo il mio me stesso empirico, contingente. È sempre stato così. Da qui nasce la compassione, l’azione e il risveglio. Il sospetto è che Morselli, con tutta la sua aspirazione al realismo, lo avesse capito benissimo. <i><br /></i>Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-49287460654825595502019-01-25T10:31:00.000+01:002019-01-25T10:31:49.983+01:00Reincarnazione o incarnazione
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<span style="font-family: "Book Antiqua"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%; mso-bidi-font-family: "Book Antiqua"; mso-fareast-font-family: "MS 明朝";">Non credo che esista qualcosa come
la reincarnazione, non esattamente. Nello stesso tempo essa non è una metafora.
Si potrebbe dire che essa esiste e non esiste allo stesso tempo. Non esiste
come ce la immaginiamo, in ogni caso. Non ha senso dire che io ad esempio nel
1880 ero un monaco francescano o che ho vissuto come contadino al tempo della
rivoluzione francese. Chi ha vissuto in quel periodo? Non certo io. Questi
ricordi, apparsi in modo fugace, non sono la mia vita, non sono nulla. Se
l’anima individuale non esiste, non ci sono le vite passate e nemmeno quelle
future. Ci sono solo le vite. Vite innumerevoli che rimangono incastrate da
qualche parte del tempo e si ha accesso, a barlumi, ad alcune, e non ad altre.
È per questo che il Buddha non ha mai posto l’enfasi sulle vite passate,
ritenendolo inutile ai fini della Liberazione e del Risveglio. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-62329002619372322032019-01-25T10:25:00.000+01:002019-01-25T10:25:44.870+01:00Best sellers 2018<style>
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<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 115%; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="font-family: "book antiqua"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Scorrere la lista dei best seller
editoriali 2018 è come infilarsi un dito nel culo spalmato di peperoncino. Un
bruciore infernale. Ci si appella a ogni forma di distacco per poter
sopravvivere a tanta pochezza. La parola “felicità” c’è in almeno venti titoli
su cinquanta. Le protagoniste editoriali femminili sono la maggior parte. Questo
fatto, contrariamente a tutte le apparenze, non è indice di una società più
paritaria, ma di un mondo altamente femminilizzato nel quale le donne sono in
ogni caso insoddisfatte e sofferenti, al pari degli uomini. Ecco perché urgono
i libretti su “come fare”. Codesti libretti di istruzione per ottenere questa
imprescindibile felicità, primo premio del villaggio turistico globale,
abbondano. Facce sorridenti ovunque. Il risultato è una tristezza mortale. Non
c’è consolazione. Il punto più basso non è ancora stato toccato. Forse non si
toccherà mai. La depressione è una via d’uscita onorevole, dopotutto. Essere
soddisfatti è da minchioni. Tutti lo sanno, ma fanno finta che sia brutto
pensarlo. </span></div>
<span style="font-family: "book antiqua"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">L’universo sa quello che fa. Adesso c’è bisogno di mediocrità. Ce n’è
un bisogno enorme. La grandezza non è più gestibile se non come finzione
cinematografica. La gente ha bisogno delle proprie pietruzze colorate,
abbellite tecnologicamente. Poi ci sono ancora le minoranze che portano avanti
la grande corrente della cultura mondiale, ma in modo brillante, in fondo è un
business patinato pure quello. Se ne traggono bei documentari da mandare in
onda su Rai 5. </span>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: 115%; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="font-family: "book antiqua"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Uccidersi non vale tanto la pena,
siamo già tutti abbastanza morti così. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: 115%; mso-layout-grid-align: none; mso-pagination: none; text-align: justify; text-autospace: none;">
<span style="font-family: "book antiqua"; font-size: 12.0pt; line-height: 115%;">Lasciamo fare alla natura. </span></div>
Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-68288615728550815962018-11-02T17:56:00.000+01:002018-11-02T18:11:56.144+01:00Homo sapiens ignarus Siamo circondati dall'inattendibilita'. L'uomo non sa nulla, o meglio, sa troppo di quel poco che sa, è le sue facoltà si otturano molto ma molto facilmente. Siamo esseri ignari. La chiaroveggenza non si può trasmettere da un essere all'altro perché il demone della dialettica intorbida subito le menti. È per questo che molti sono i chiamati e pochi gli eletti. Gli eletti sono esseri solitari. E anche loro possono perdersi a metà strada. L'ignoranza è la caratteristica più precipua della nostra specie. Che degli esseri come noi calchino il suolo di questa terra e proliferino, è veramente un mistero. È la potenza suprema dell'ignoranza È già un risultato enorme sopravvivere ai nostri pasticci. Come diceva Heidegger, ormai solo un dio ci può salvare. Se c'è da qualche parte.<br />
Noi piccoli individui abbiamo il nostro bel daffare a cavare da noi stessi qualcosa che sia autenticamente nostro. Ennesima illusione.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-3803693605972815932018-10-05T17:32:00.000+02:002018-10-05T19:53:22.224+02:00Divagazioni tra YouTube e ChopinE adesso dovrei scrivere delle brutture del capitalismo, o dei deliri della società dello spettacolo, oppure trattare il grande tema delle contraddizioni del governo giallo verde. Ma lo sbadiglio incipiente e il clima già un po autunnale mi inclinano al vaffanculo.<br />
Preferirei parlare delle mie serie tv preferite, su tutte il Dr. House. Poi ho scoperto Revenge, che avevo snobbato qualche anno fa, quando mi consideravo troppo figo per guardare certe cose.<br />
In ogni caso le serie tv comprendono un po tutti gli argomenti, primo tra tutti le brutture del capitalismo, che se si è molto ricchi, proprio non si vedono..<br />
Oppure sarebbe interessante cercare di capire il proliferare di video su YouTube di gente che ti insegna come sviluppare la tua vita spirituale. Il tutto con video accattivanti in cui si vede una mano che con una matita disegna a velocità acceletata i concetti che la voce fuori campo esprime, così, giusto per renderli più godibili e accessibili alla cosiddetta gente comune. Ma dopo un po questi video sembrano tutti uguali e allora viene voglia di virare su qualcos'altro.<br />
Ad esempio il concorso Chopin per pianisti, trasmesso in grande stile dalla Polonia. Si vedono ragazze e ragazzi che suonano in maniera impressionante le sonate, i preludi, le mazurche ecc.<br />
Si percepisce la tensione, ti accorgi che che è una cosa serissima, che si giocano la vita sulla tastiera, un po come fece Chopin stesso, abbandonando la Polonia a vent'anni e deciso a vivere della sua musica. Per qualche strano fraintendimento si tende ad associare Chopin con la delicatezza, le sfumature, una certa molle effeminatezza, ma questo è un errore. Chopin fu a tutti gli effetti un eroe romantico, anche se fuori dai canoni roboanti di Listz o Byron.<br />
Certo, le sue atmosfere sono delicate e piene di tutta la gamma delle emozioni umane. Si dice che il suo tocco alla tastiera raggiungesse dei livelli di pianissimo quasi inudibili. Detestava Beethoven perché troppo volgare.Amava Mozart e Bach. Chopin fu quelli che si dice un vero genio uno dei pochi che si può realmente definire tale. Quello che ha prodotto è unico. Prima di lui non c'era nulla di simile. Se ne accorse Schumann, suo coetaneo, che in alcune composizioni pianistiche come gli Studi Sinfonici, si ispirò a lui. Perfino nel serioso Brahms ci sono echi chopiniani nei pezzi pianistici.<br />
Certo, la sua musica è associata al languore nostalgico. Eppure Chopin fu un musicista profondamente virile e se anche nei ritratti appare etereo e cagionevole di salute, era anche una persona dotata di un carattere molto forte, duro con sé stesso. Sapeva tenere testa agli editori reclamare i soldi dovuti con fermezza. Solo la fine della relazione con George Sand fu il colpo che lo indusse a non desiderare più lottare per vivere. Seppe affrontare la morte, a 39 anni, con coraggio, senza recriminazioni. Volle distruggere le opere incompiute per rispetto al pubblico. Il "piccolo Fritz", come lo chiamava George Sand, aveva un cuore senza paura: senza paura e malato di nostalgia.Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-33942181643030805862018-09-27T10:42:00.000+02:002018-09-27T10:46:29.020+02:00Deserto d'acqua di J. G. Ballard<i><b>Diverso <a href="http://cronachebabilonesi.blogspot.com/2015/03/sedimenti-letterari.html" target="_blank">tempo</a> fa </b>mi era venuta la balzana idea di "recensire" i libri più importanti e formativi della mia vita: non necessariamente i più belli, ma quelli che avevano dato l'impronta al mio gusto e al mio sentire letterario, i libri che mi hanno fatto risuonare qualcosa dentro, in un'eco che dopo svariati decenni ancora non si è spenta. I libri di una vita, insomma. </i><br />
<i>Svariati impegni, problemi e circostanze imprevedibili mi hanno distolto da questo intento. Ma siccome sono uno che cerca sempre di mantenere le promesse, ecco, per la gioia dei miei 1/2 lettori, il terzo della serie (dopo </i>Orfeo in paradiso<i> e </i>La montagna incantata<i>). Grazie per l'attenzione.</i><br />
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All’incirca nell’estate 1977, mi trovai tra le mani questo Urania già vecchio di qualche anno e un po’ stropicciato. È stato ripubblicato di recente con il titolo<i> Il mondo sommerso</i>, più fedele all’originale <i>The drowned world.</i> Ero nella casa che avevamo all’epoca in una valle bergamasca poco turistica. Circondato da boschi e montagne, sulla terrazza, nel fresco dell’estate, lessi questa epopea del calore sfibrante, questa fine del mondo differita, questo salto all’indietro temporale verso le giungle del nostro passato filogenetico. <br />
Allora mi attrasse l’aspetto catastrofista della storia, con il mondo prigioniero di un clima triassico tropicale, la grande metropoli di Londra trasformata in una laguna in cui elicotteri dell’ONU vanno e vengono tra i palazzi in rovina in cui vivono iguane giganti che il rumore delle pale fa spaventare e tuffare in acqua. Nell’immensa città fantasma lagunare emergono ogni tanto radure metafisiche alla De Chirico fatte di piazze e colonnati, dove squarci improvvisi in mezzo alle liane fanno balenare il riflesso intollerabile del sole sull’acqua, che rende tutto nero, invisibile.<br />
Il retro di copertina recitava: “zanzare grosse come libellule entrano dalle finestre del Ritz di Londra” o qualcosa del genere.<br />
Personaggi dal perfetto aplomb inglese che potevano essere essere tratti da qualche serie TV tipo Avengers, con Patrick MacGoohan e Diana Rigg, passeggiavano tra le rovine di un mondo perduto e sfinito, pronti a tutto. Per la prima volta lessi frasi tipo “le giungle autofaghe di Max Ernst” che mi spinsero a vedere chi mai fosse questo Max Ernst e che mi appassionarono da allora alla pittura surrealista. E in effetti tutto il romanzo sembra una grande carrellata di quadri surrealisti. <br />
Ballard è riuscito a creare un connubio perfetto tra un realismo impeccabile (nella descrizione degli oggetti, delle case, del fango, delle iguane, del sudore che bagna i corpi senza speranza di sollievo) e il surrealismo della giungla che viene sempre più a coincidere con la giungla interiore. Un lento suicidio per regressione amniotica è l’ossessione di tutto il romanzo. Con quel Urania tra le mani qualcosa in me comprese che mi trovavo davanti a una grande esperienza letteraria. Il mio cervello adolescente fu letteralmente stimolato a produrre visioni di lagune formatesi tra grattacieli altissimi, di piazze misteriosamente salvate dalla marea del fango nelle quali appaiono statue bianche, marmoree, a testimonianza che il passato dell’umanità non è altro che sogno.<br />
Soprattutto da questo romanzo imparai la <i>luce</i>. <br />
In pochi romanzi come in questo la luce domina tutto.<br />
A distanza di più di quarant’anni, se chiudo gli occhi rivedo ancora quella luce abbacinante che si riflette su una piazza bianca circondata da colonnati, con le ombre nettissime e tutto intorno la giungla immensa, sterminata, dalla quale emergono palazzi ricoperti di felci gigantesche. La luce si riflette su pavimenti di marmo bianco appena sporcati dal fango di impronte umane dirette verso l’ignoto, in qualche punto della giungla circostante. In questa luce il calore è semplicemente inconcepibile. Eppure anche qui, in questo inferno di luce, l’uomo pensa e sogna.<br />
I sogni sono infatti la chiave d’apertura della storia.<br />
Una squadra di ricercatori scienziati guidata da militari dell’ONU sta esplorando il sistema di enormi lagune che ricopre la città che un tempo fu Londra. Siamo alla fine del ventunesimo secolo o giù di lì e una serie di alterazioni nel sole hanno fatto aumentare la temperatura globale. Le calotte polari si sono sciolte e il livello dei mari si è alzato di decine di metri trascinando con sé innumerevoli quantità di detriti e fango che hanno seppellito tutte le città costiere e su cui è cresciuta una giungla immensa, grande come l’intero pianeta. Le temperature all’equatore raggiungono ormai gli ottanta gradi e la vita umana è possibile solo entro il circolo polare artico con gli abitanti che divengono sempre più sterili e meno numerosi. Il genere umano è votato all’estinzione: “l’albero genealogico dell’umanità si stava sistematicamente potando da solo, risalendo alle radici e sarebbe giunto un momento in cui un secondo Adamo e una seconda Eva si sarebbero trovati soli in un nuovo Eden”.<br />
Le temperature sono in costante aumento. È come se la natura avesse deciso di espellere l’uomo da sé, per fare proliferare antiche forme di vita, come i rettili e gli insetti.<br />
In questo nuovo Triassico i militari e gli scienziati dell’ONU, esplorano ciò che rimane delle città sommerse dell’Europa “come tante Venezie riluttanti ad accettare l’inevitabile matrimonio con il mare”. <br />
Il biologo Robert Kerans, membro della spedizione, è nato nel circolo polare artico, non ha mai conosciuto l’antica civiltà umana, per lui i ruderi e le rovine dei grattacieli non rappresentano nulla più di un curioso sfondo lagunare. Da mesi alberga all’ultimo piano del Ritz, ormai al pelo dell’acqua e flirta con Beatrice Dahl, una strana figura di donna che vive in un mega attico con vista su laguna e rovine, che passa il tempo prendendo il sole in terrazzo, nelle primissime ore del mattino, quando è ancora possibile resistere. Sia Kerans che Beatrice, hanno trovato la loro dimensione esistenziale nelle lagune e quando il colonello Riggs, capo della spedizione, annuncia che di lì a pochi giorni se ne dovranno andare, accusano il colpo. Alcuni degli uomini della spedizione hanno cominciato a fare strani sogni, dai quali si risvegliano alterati. Insieme allo scienziato Bodkin, Kerans indaga sugli strani sogni dell’equipaggio. Sembra che questi sogni riguardino un sole enorme, che pulsa e che sovrasta una giungla immensa, un sole che lancia un richiamo e il pulsare della luce si sovrappone alle pulsazioni cardiache. Il sogno è un richiamo fortissimo, che rende durante il giorno catatonici gli uomini, in particolare il tenente Hardman. <br />
Quest’ultimo, alla notizia che la spedizione sta per ripartire per il circolo polare, ruba un barchino e scompare nella giungla. Inutilmente Riggs e gli altri cercano di riprenderlo. Le sue tracce si perdono verso sud, verso il grande sole che ha visto nei sogni. <br />
Con la scomparsa di Hardman, anche Kerans comincia ad avere il sogno vivido del richiamo del sole. Bodkin, anche lui uno dei “sognatori” dà del fenomeno una spiegazione prettamente junghiana. L’inconscio si sta adattando alla regressione che è in atto nella natura, mettendo l’individuo in uno stato di profondo desiderio di annullamento in questo passato primordiale. Il grande sole del Triassico richiama giù giù dentro l’oceano dal quale siamo nati in un tempo immemorabile, in vista di una nuova rinascita o una completa dissoluzione.<br />
Tutto il romanzo è una lunga, lenta discesa dei protagonisti verso la disgregazione, trattenuti a stento dai pochi che ancora sono attaccati alla propria umanità. Riggs è uno di questi, un militare tutto di un pezzo che per senso del dovere è inattaccabile ai sogni. Strangman, un pirata che con la sua truppa di mercenari una mattina invade la tranquilla laguna dove Kerans, Beatrice e Bodkin si sono ritirati, abbandonando Riggs e gli altri per seguire il proprio destino regressivo, è un altro. <br />
Feroce, egomaniaco, vitalista, Strangman detesta la giungla ed è attratto dalle vestigia del passato dell’uomo. È un collezionista, un bandito. È un colonizzatore e un pirata, un amante della cultura e un assassino. La sua crudeltà si manifesta nel massacro dei grandi alligatori che infestano la laguna e nel mondo in cui schiavizza i neri che fanno parte dell’equipaggio del suo battello a ruote. <br />
Ma Strangman fa di più. Svuota una delle lagune, riporta alla superficie piazze e palazzi corrosi e pieni di alche che perdono così agli occhi di Kerans e Beatrice il loro splendore per rivelarsi marce e fetide come la morte. È la decisione finale. Non possono tollerare la vista del passato umano, ormai perduto. Vogliono andare avanti, verso sud, verso il sole pulsante.<br />
Da questo momento Strangman attacca Kerans, trascinandolo in uno strano festino orgiastico con i suoi mercenari neri. Kerans viene legato a un baldacchino e portato in giro come il dio Nettuno sconfitto, per le strade asciutte e fangose poi lasciato legato nel baldacchino rovesciato su un fianco finché non sorge il sole. Nel calore terribile del mezzogiorno, Kerans riesce in qualche modo a liberarsi e a raggiungere l’ombra. Bodkin riemerge dalle strade e lo si rivede in cima alla diga con dell’esplosivo. L’acqua riprende possesso della città e la laguna fa il suo ritorno. Riggs ricompare all’orizzonte per cercare di recuperare i recalcitranti nuovi Adami e Eve, ma Kerans spara e fugge in mezzo alla giungla. La sua strada è verso sud. Cominciano le piogge e lui vaga per la foresta. Incontra Hardman nelle rovine di una vecchia chiesa. L’ombra di quello che un tempo fu il tenente Hardman, figura spettrale che non ha niente di più umano, biascica ordini insensati e ha quasi completamente perso la vista. Passano diverse notti insieme al riparo ma un mattino Kerans si accorge che Hardman è scomparso di nuovo. Incide con la canna della rivoltella un messaggio sul muro “certo che nessuno l’avrebbe mai letto. <i>Ventisettesimo giorno mi sono riposato e mi dirigo verso sud. Tutto va per il meglio. Kerans</i>.”<br />
È la fine.<br />
“Così abbandonò la laguna e si addentrò nuovamente nella giungla. Nel giro di qualche giorno si perse completamente, seguendo le lagune che si susseguivano verso sud nella pioggia e nel calore sempre più intensi, attaccato dagli alligatori e dai pipistrelli giganti, un secondo Adamo alla ricerca dei paradisi dimenticati del sole rinato.”<br />
L’incontro con la potenza della natura indifferente che inghiotte l’io civile dell’uomo che tenta di resistere, di darsi un ordine, trova il suo senso proprio nel lasciarsi andare; all’opposto c’è l’ordine (Riggs) o il disordine consentito (Strangman). Tutto questo è così umano, così lontano dal regno oscuro della morte e dell’istinto, è la cosiddetta normalità, il sano realismo. Anche Strangman, il criminale, ha una valenza positiva in mezzo a tutto questo richiamo mortifero. Mai come in questo romanzo il conflitto tra Eros e Thanatos è assurto a pianeta intero. Il cambiamento climatico è l’innesco per un’esplosione dell’inconscio che travolge tutto. Non a caso il surrealismo è usato da Ballard per cercare di rappresentare questo Triassico del futuro che dilaga tra il Ritz e Leicester Square, tra condizionatori d’aria e pompe idrovore, idrovolanti, impianti ad alta fedeltà, elicotteri, tutta la confortante tecnologia così reale, e le giungle autofaghe di Max Ernst o le figure spettrali di Delvaux.<br />
Ballard è uno scrittore pittorico, moderno in senso novecentesco. Per lui Freud è un faro nel buio, cui si aggiunge Jung e il fascino degli archetipi. In lui il borghese medio britannico, non ancora solo consumatore, viene sconvolto da quello che emerge da se stesso, dal confronto del proprio io civile con la parte di sé che vuole dissolversi nel mondo. Tutti i messaggi dell’inconscio hanno un unico scopo, un’unica direzione: la dissoluzione del sé, la nascita di qualcosa di nuovo, di inconcepibile, dalle rovine della morte. <br />
E non è forse questo quello che fa la grande letteratura? Ci fa viaggiare in mezzo alle rovine, al gran sole triassico, o sotto il gelo siberiano, o tra le stelle, o tra i relitti di un antico amore, sempre a fianco della morte, sempre in cerca della vera vita. <br />
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<br />Massimo Villivàhttp://www.blogger.com/profile/00640616479304644217noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-2444032571511893390.post-86071278861771578802018-09-25T15:44:00.000+02:002018-09-25T15:50:27.402+02:00Microdefinizioni Filosofia e religione: due suppellettili del ridicolo<br />
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