Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

lunedì 14 maggio 2012

Real Time come meditazione della vita offesa


Mi rende sempre più perplesso il fatto che ci si ostini a vedere nella cosiddetta cultura americana un modello di riferimento. Una società di sociopatici violenti, obesi al 60%, semi analfabeti, guerrafondai e fondamentalisti religiosi, guida il mondo occidentale con il suo esempio.
La cultura americana del I'll make it (ce la farò) riempie ormai i palinsesti.
Disordini mentali, disordini alimentari, disordini prepuberali, tate televisive per aiutare figli sempre più mentecatti, come cucinare il branzino, il migliore party, il miglior vestito per il mio matrimonio, uomini e donne ... la Tv è interattiva nel senso della totale illusione che quelli là dentro sono esattamente come noi, anzi, siamo noi. Ma chi sono questi noi?
La gente comune, quella che non conta un cazzo né mai lo conterà. I fruitori sono diventati fruiti e fruitori di sé stessi, in un circolo vizioso che avrebbe inorridito Adorno.
Il serioso pensatore tedesco parlava di vita offesa, come conseguenza del diffondersi della società consumistica. Vita offesa è una vita che non riesce a liberarsi. Adesso è ancora peggio ... il processo di liberazione è una opzione da tempo libero ...
Protagonista TV è la gente comune, yeah, calzoncini corti, infradito e tatuaggio ... sempre più brutta dentro, ripugnante, nelle sue case tutte uguali o villette stile americano ... e tutti ce la fanno a superare le difficoltà che la società che essi stessi rappresentano gli ha creato ...
I'll make it!
Protagonista indiscusso della televisione attuale è il corpo in tutte le sue variazioni. Mentre prima obbiettivo primario era la bellezza, ora obbiettivo primario è far vedere il corpo ai vari stadi del percorso da orrido fenomeno escretorio a bellezza. Ai vari livelli è collocata l'anima del peone, che si affaccia solo a fatica da dentro i corpi deformati da vizi alimentari o schifose malattie.
In pratica la TV del XXI secolo è eminentemente realistica perché fa vedere senza infingimenti quanto siamo diventati oggetti. Così come consumiamo il cibo che ci fa raggiungere vette stratosferiche di peso e ripugnanza, così consumiamo soluzioni vitali, allenamenti, percorsi di salvataggio. Così l'esperienza umana della sofferenza, dell'alienazione, del riscatto individuale, diviene una opzione da scegliere su uno scaffale virtuale.
Dai nostri divani vediamo consumarsi esperienze che non mettono mai in discussione il mondo (inteso come società) orribile nel quale viviamo: mai, nemmeno per sbaglio.
Un paio di sere fa, dopo L'armata Brancaleone (il divertente capolavoro di Monicelli sulla cui visione esistenziale ci sarebbe da scrivere ampiamente) ho virato su Real Time dove facevano vedere un programma intitolato perfettamente Shock Life: un passo in più nell'orrore rispetto a Malattie imbarazzanti.
Facevano vedere un tizio americano (ovviamente) con la faccia orribilmente deturpata da giganteschi tumori. Praticamente tutta la parte destra del viso era crollata e pendeva di svariati centimetri al di sotto del mento, come se il volto si fosse sciolto. Non è quello della foto, ma rende l'idea. Il nome della malattia è neurofibromatosi ed è di origine genetica.
Era esattamente come Elephant Man.
Il ragazzo andava in giro in moto e faceva una vita normale, aveva superato brillantemente i traumi dell'infanzia e adolescenza ... senza dubbio dotato geneticamente di un buon carattere ... si era persino sposato (sua moglie aveva un bel viso, ma ovviamente era obesa, come il 60% degli americani), aveva tre figli ed era in attesa del quarto ... quale migliore esempio di I'll make it?
Però, però ... questo tipo aveva una malattia di tipo genetico ... ha messo al mondo dei figli ... con il 50% di possibilità di contrarre la neurofibromatosi ... i figli sono miracolosamente sani (per ora), il quarto in arrivo risulterà sano, ma bisognerà attendere qualche anno per sapere con certezza.
Adesso dirò qualcosa che rischierà di essere frainteso. Per prima cosa dico che queste persone così duramente colpite dalla vita sono assolutamente degne di ammirazione per il loro coraggio e la loro volontà di vivere nonostante tutto. Sono per così dire, nobili esempi di quello che può essere lo spirito umano.
Ma per il resto  ...
Sia la mia compagna che io abbiamo pensato la stessa cosa: questo qui è un pazzo incosciente. Chi gli dà il diritto di giocare con le vite dei propri figli? Chi gli dà il diritto di mettere al mondo gente malata? Solo perché anch'essa un giorno, dopo inenarrabili sofferenze, possa gridare I'll make it?
In nome di cosa, questo uomo per molti versi rispettabile, ritiene di essere padrone della possibile sofferenza dei suoi figli?
Il bigogno spasmodico di farcela non guarda in faccia a nessuno. Il rischio va corso, si deve essere padroni del proprio destino ...
Real Time riesce nel monumentale tentativo di rendere la vanità un fenomeno universale, anche la vanità del malato.
Noi spettatori diventiamo solo consumatori di esperienze e basta, nei quali i protagonisti, nostra immagine riflessa, vincono tutte le sfide, tutte, tranne quella di rendere il mondo un posto migliore ...
chi la pensa in modo contrario è un nazista, propugna l'eugenetica ecc, ecc, la vita è un dono ecc, ecc.
Questo mondo, ridotto a un assurdo fenomeno da baraccone, è un posto completamente privo di buon senso e di vero rispetto per la vita. La vita viene offesa, giorno dopo giorno, senza possibilità di distinguere il vero dal falso. Si vede che la mia compagna e io non ci siamo ancora abituati abbastanza a questo.

domenica 13 maggio 2012

Il famoso questionario



questionario_2.jpg



Non so se poi Proust ha risposto sinceramente a queste amenità ... ma in ogni caso, oggi  (!) sono al lavoro e (paradossalmente) non ho nulla da fare ... 
Roba da ombrellone ... o da esaurimento ... 


Il tratto principale del mio carattere.

Insoddisfazione

La qualità che desidero in un uomo. 
Generosità.
La qualità che preferisco in una donna. 
Generosità
Quel che apprezzo di più nei miei amici.
Gentilezza e intelligenza
Il mio principale difetto.
Timidezza e una certa ruvidezza (a volte), quando non vorrei.
La mia occupazione preferita.
Fare nulla, senza sensi di colpa.
Il mio sogno di felicità.
Essere libero di vivere a modo mio ed essere ammirato per questo.
Quale sarebbe, per me, la più grande disgrazia.
Avere ancora problemi di lavoro.
Quel che vorrei essere. 
Felice. Ogni tanto.
Il paese dove vorrei vivere. 
Italia, Milano, va benissimo. Altrimenti la Provenza.
Il colore che preferisco. 
Tutti hanno il loro perché, ma diciamo il blu cielo
Il fiore che amo. 
Me ne frego dei fiori, ma diciamo le violette.
L'uccello che preferisco. 
Il merlo.
I miei autori preferiti in prosa. 
Bernhard, Dostoevskij, Cioran, Buzzati, Berto, Céline, Bukowski, Dick. Gli altri possono piacermi, ma non ispirarmi.
I miei poeti preferiti. 
Leopardi, Szymborska ... ma in genere la poesia mi ripugna. I poeti, specie quelli vivi, ancora di più.
I miei eroi nella finzione. 

Nessuno. Mi rifiuto di avere eroi veri, figuriamoci quelli finti.
Le mie eroine preferite nella finzione. 
Idem.
I miei compositori preferiti. 
Bach, Brahms (non Beethoven, non più ...) Schumann, Schibert, Stravinskij, Bartok, Scriabin, Debussy, Ravel ...
I miei pittori preferiti. 
Bacon, Rembrandt, Breugel, Durer, Klimt, Klee ... troppi altri.
I miei nomi preferiti. 
Alessandra/o, Vittorio, Tommaso ... ma tutti i nomi vanno bene.
Quel che detesto più di tutto. 
La buccia del pomodoro.
I personaggi storici che disprezzo di più. 
Tutti.
L'impresa militare che ammiro di più. 
Le imprese militari sono solo inutili e schifosi massacri e basta.
La riforma che apprezzo di più. 
Abolizione assoluta di tutto.
Il dono di natura che vorrei avere. 
Il coraggio fisico.
Come vorrei morire. 
Lucidamente, ma senza paura e sofferenza.
Stato attuale del mio animo. 
Nervosismo rassegnato.
Le colpe che mi ispirano maggiore indulgenza.
Tutte, alla fine.
Il mio motto.
Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà. Direi che basta questo.

lunedì 7 maggio 2012

Da una catastrofe all'altra


La scrittura. Il mio delirio irrinunciabile. Fino alla morte, fino al disfacimento cerebrale.
Mentre gli ultimi neuroni crepitano fumando, io sto ancora cercando di scrivere una frase perfetta che nessuno leggerà mai.

Quando ero bambino sapevo tutto. Di questo sono sicuro. Sapevo come erano le cose. Non fallivo nel capirle, mai. Ogni cosa aveva il suo colore preciso. Sapevo che tutto nasce da una tensione infinita che ci porta all’indietro, ed è dolcissima.


Tra poco sperare in un futuro migliore equivarrà a sperare soltanto in salari un po’ più alti. Tra poco il comunismo sarà una griffe di moda. Finti proletari vestiti in camicioni alla Mao sfileranno sulle passerelle, rappresentando la vita avventurosa e rude del comunista nel ventesimo secolo. Il ricco ama vestirsi da povero, è come se inconsciamente volesse mostrare la vera origine di ogni ricchezza, cioè l’espropriazione piratesca di cose originariamente appartenenti a tutti. Tra poco non ci sarà più dignità da parte dei più deboli. I più deboli vorranno solo prendere il posto dei forti e fare esattamente quello che fanno loro adesso. Tra poco voleremo nell’azzurro. Tra poco le città arderanno e non sarà un fuoco di speranza, ma il balletto della paranza e della latitanza. Tra poco l’alba sorgerà e non ci sarà niente da aspettare, strade vuote, tutti in fila al mare. Tra poco la storia finirà, poi ricomincerà, poi finirà ancora, tra poco il fiume si essiccherà, e piangeremo sulle nostre speranze perdute. I più giovani piangeranno sulle speranze mai avute. Si pagherà a peso d’oro il ricordo di una speranza, una speranza qualunque, già lo si sta facendo. Venderanno speranza in confezioni a rilascio graduale come gli arbre magic. Metteremo la speranza in auto appesa allo specchietto retrovisore e il suo profumo ci accompagnerà al lavoro. Una volta consumata una speranza ne compreremo un’altra. Tra poco tutto cambierà ma non ci piacerà il modo in cui cambierà. Qualcuno l’aveva detto, ma da sempre qualcuno aveva già detto quasi tutto, anche se sapeva che non sarebbe stato ascoltato. Tra poco le televisioni vomiteranno fuoco e i bambini non saranno ancora andati a letto. Tra poco milioni di persone fingeranno di essere felici. Tra poco ci spiegheranno l’ennesima illusione. Tra poco tornerà l’inverno caldo del nostro scontento e la fresca e rossa primavera dei papaveri da oppio. Tra poco comincerà la consueta menzogna mattutina. Tra poco la luna sarà attraversata da una nuvola. Tra poco qualcuno morirà. Tra poco qualcuno nascerà. Tra poco sarà troppo tardi o troppo presto. Tra poco, tra poco andrò a dormire. Solo nei sogni sono libero.

Niente ci salverà. Quanta speranza c’è in questo.

All’aumento del disincanto corrisponde un paradossale attaccamento alla vita. Tutto è vuoto, ma voglio godere di questo vuoto ancora e ancora e ancora.