Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

venerdì 16 gennaio 2015

A margine di Segantini



L’anima spasima di desiderio. Si strugge in movimenti purissimi. Si potesse fare di questi struggimenti strumenti di crescita interiore, di una maggiore capacità di vivere e morire, di una religione dell’amore. Amore, amore, amore, non si sa cos’è. Desiderio di carnalità totale, non è solo brama di appagamento sessuale è, piuttosto, la voglia di conoscere finalmente davvero la radice delle cose, di non esserne più esclusi, di non esserne più vinti.

Desiderio dell’anima e del corpo di vincere la morte, almeno una volta, prima che sia troppo tardi. Desiderio di fusione completa, da non potersi più distinguere, un braccio da quello dell'altra la bocca dell'uno da quella dell'altra, il piacere di darsi tutto in un fiato, per potere finalmente esistere in una sola goccia di splendente poesia.

Desiderio di pianto sulla bellezza e sul dolore e sulla gioia di tutte le cose create. Desiderio di sentire finalmente parlare le pietre, gli uccelli, gli alberi, le montagne, di sentire la voce del proprio stesso sangue che chiama.

Desiderio di perdersi e di ritrovarsi puri, bellissimi e felici.

Niente può bastare in questo deserto abbacinante di luce.
In questo moto dell’anima è contenuto tutto.

È volontà di regressione e volontà di trascendenza. Non esistono due volontà opposte, essa è una sola. Non esiste la volontà di vivere, è una definizione ridondante. La volontà è vita e morte. La volontà è questa felicità e questa tristezza, questo futile spasmo romantico e questa testa che cerca soluzioni che non ci sono.

Sordida pulsione fusionale, etica del nirvana marcescente. Qual è la strada giusta? Se dalla madre siamo sorti e alla madre dobbiamo tornare a che pro ribellarsi? O sono tutte scemenze?

Il Buddha, orfano di madre, ha elaborato una strategia per riunirsi a lei, o per sfuggirle?

Il Nirvana è lo spezzarsi della ruota delle Nascite. È la ribellione totale contro la Madre, nutrice e mortifera allo stesso tempo.

A che pro desiderare di ripetere all’infinito gli stessi errori, di rivivere le stesse smanie, quando si potrebbe trovare la quiete? E se ogni essere deve infine riaddormentarsi nelle braccia della Madre, a che pro cercare di sfuggire? A che pro cercare di andare da qualche parte? L’eroe archetipico cerca il suo glorioso destino per poi finire sempre nello stesso nulla colorato e materno.

Questa nostalgia porta a qualcosa di diverso che alla Madre? Può essere che il Buddha parta dalla ribellione alla Madre per poi ritornare per sempre in lei?

E se ci si volesse ribellare fino in fondo? Ecco Cristo, l’eroe maschile che vince addirittura la Morte e risorge, puro, invincibile in un corpo glorioso e immortale. Niente male, per un semplice bonobo.

L’uomo va fin sulla Luna per cercare il Padre e vi trova la Madre. Il cosmo è un grembo.

Bisognerebbe sfuggire a tutto ma come attuare questo piano?

Non c’è che un’unica cosa da fare: tornare alla Madre da Uomo.

La Madre non può nulla contro l’Uomo. Può solo ucciderlo, ma la morte è poca cosa se si è Uomo.

In altre parole, la pulsione fusionale è qualcosa da maneggiare con cura. Segantini non ci è riuscito. Esiste uno stupendo saggio di Karl Abraham su Segantini e la sua relazione ambivalente con la madre - pulsione fusionale. La sua lotta interiore ha prodotto capolavori splendidi che sembrano tendere direttamente al Novecento.

Solo l’Uomo può fondersi e riemergere ancora se stesso, guardare la Gorgone negli occhi, vedere Dio e non morire subito.

Solo l’uomo può sbarazzarsi di se stesso come se si togliesse un abito di dosso e immergersi nel mare fusionale, uno nel tutto. L’universo piangerà, almeno una volta, per quell’uno.

Tutto riporta al Cristo, archetipo dell’eroe e del sacrificio. Cristo non ha niente a che fare con il Cristianesimo di Bergoglio e degli ultimi duemila anni. Il fatto di non potere uscire dal Cristianesimo, dalla religione della pietà, ha fatto saltare il cervello di Nietzsche. Il fatto di sapere che non sarebbe mai sfuggito alla Madre, al Parsifal, lo ha distrutto. Nietzsche ha pensato che Wagner fosse un traditore del suo verbo pagano.

Nietzsche non aveva capito quanto Wagner fosse andato avanti sulla strada della redenzione. Non aveva capito quanto Wagner fosse vicino a Hegel, molto più che a Schopenhauer.  

La vita è una cosa smisurata, la donna è smisurata. L’amore vero è una forma di annientamento, è come avvicinarsi a una fornace, ma non si muore veramente, si risorge. Forse è tutto qui il famoso mistero: Eros, e il suo compagno indissolubile, Thanatos. Tutte queste belle formulette sono senz’altro suggestive, ma come si applicano alla vita del bonobo medio?

Dio è Donna – le stupide femministe non esultino inutilmente – ma non conosce se stessa.

Tutta la storia umana nasce dalla sottomissione della Donna – Dio. Ora che la Donna (giustamente) non è più sottomessa, la specie umana ha esaurito il suo compito storico.

Questi fermenti estremisti e fanatici di religioni arcaiche, sono solo rigurgiti. Non daranno luogo a niente. Indietro non si torna. La femminilizzazione totale della società coinciderà con la sua fine e sarà forse meglio così per tutti.

lunedì 12 gennaio 2015

Scontro di civiltà?



Ho un piccolo blog, dove spalmo radi pensieri nani. Sono un signor nessuno, un salariato come milioni, che campa come può, meglio di tanti e peggio di alcuni. Sono un essere vivente autocosciente (o almeno mi sembra di esserlo) che risiede sul terzo pianetino orbitante intorno a un sole di classe G, una tipica stella di media grandezza, comune nella Galassia che la mia specie ha denominato Via Lattea. Detta galassia, a sua volta fa parte di un sistema di galassie denominato (sempre dalla mia specie) Gruppo Locale, il quale è uno dei tanti gruppi di galassie di un universo immenso che ha avuto origine (sempre secondo le teorie elaborate dalla mia specie) all’incirca 13.8 miliardi di anni fa (tempo terrestre) da un’esplosione originaria.  Questo universo potrebbe essere uno tra i miliardi di miliardi di universi componenti il multiverso, immane fucina che non ha inizio né fine.

Faccio fatica, come si può comprendere, a orientarmi in tali vastità.

Però dentro di me c’è qualcosa, come un tarlo che rode, per cui ogni volta che succede qualcosa sforzo la mia testolina per cercare di comprendere (prendere dunque dentro sé)
il senso o di quello che accade. Forse è un difetto genetico, chi sa.

Insomma, sul terzo pianetino orbitante intorno alla stella classe G c’è fermento. La mia specie, alla quale mi vanto di appartenere, ha occupato tutti i buchi vitali, riuscendo persino a modificare l’intero ecosistema. La mia specie è suddivisa in varie tribù e sotto tribù il cui unico obiettivo è prosperare le une a discapito delle altre. Questo accade, probabilmente per un difetto congenito della mia specie, cioè l’incapacità di preoccuparsi del lungo termine delle proprie azioni.

La mia specie ha un elaborato senso del tempo. Vive costantemente nel passato, si illude sul presente e mente sul futuro.

La mia specie è altresì dedita alla specifica attività di sottomettere e uccidere membri di altre specie o della propria stessa specie. Siamo molto abili in questo e devo dichiarare con orgoglio che, millennio dopo millennio, siamo arrivati in cima alla catena alimentare. Non abbiamo nessun grande predatore che ci può far male.

Quasi in cima, dovrei dire. In realtà sopra di noi ci sono i vermi i quali si nutrono dei membri della mia specie che defungono. Abbiamo ovviato allo smacco inflittoci dal verme, incrementando le cremazioni, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano.

Questo lungo e decisamente inutile preambolo serve solo per introdurre il fatto che c’è fermento sul terzo pianetino.

La mia specie vuole a tutti i costi rendersi la vita un po’ più interessante, nonostante la tendenza generale alla pigrizia mentale cui abbiamo accennato prima.

E cosa c’è di più interessante della guerra?

Pensateci.

In seimila anni di storia documentata, questa è la nostra più duratura invenzione. Ci piace, ci diverte. Amiamo soffrire e fare soffrire.

Cosa c’è dopo la guerra?

La religione, naturalmente. Ne abbiamo inventate di splendide e continuiamo a modificarle e rifinirle, come si elabora un’auto, la si accessoria, la si croma.

Insomma, ci teniamo proprio alle nostre guerre e alle nostre religioni, quaggiù sul nostro terzo pianetino dal sole.

Succede un fatto brutto, un branco di scimmie ne uccide altre in nome dell’ennesima religione e subito si alzano venti di guerra: noi o loro, scontro di civiltà, i valori ecc. ecc.

Il fatto è però, visto da un punto di vista più consono al Gruppo Locale di galassie cui facciamo parte, soltanto una scaramuccia fra tribù e sottotribù.

Poi arriva l’intellettuale di turno (cioè uno che ne sa di più della media della mia specie) e dice che siamo in guerra che le cose sono come quando era lui bambino e c’era un’altra guerra. La gente gli da retta, per forza.

Siamo in guerra.

Non devono toccare le nostra gente. La mia tribù, la più grande del pianeta, può certo armare dei macchinari che uccidono donne e bambini a distanza, ma qui da noi non vogliamo casini.

Vogliamo avere la coscienza tranquilla di pensare alle guerre altrui.

Le cose sono sempre in fermento sul terzo pianetino, Le scimmie dominanti non riescono a starsene buone nemmeno un momento.

Allora io, povera piccola scimmia pensante, una tra milioni di milioni, che faccio?

Anch’io sono irrequieto, vorrei capire, mi infervoro.

È giusto, no è ingiusto. I nostri valori, i loro.

Immigrazione. Petrolio. ISIS. Al Qaeda. Complotti. Realtà.

Ferrara (grande scimmia bianca) s’incazza. Avrà ragione? La destra dell’intolleranza? A sinistra dell’accoglienza? Il capitalismo? L’anticapitalismo? Il qualunquismo?

Io mi chiedo. Tante domande mi frullano nel cervello mentre alzo gli occhi al cielo bianco di questo spicchio piccolissimo di terzo pianetino.

Lo scontro di civiltà, mi chiedo, a che serve, anzi, a chi serve?

Ma poi, si può parlare di scontro di civiltà quando da un capo all’altro del pianetino  si utilizzano le stesse tecnologie, si adora lo stesso Dio, l’Immagine, l’Occhio di Mamma o Papà che ci guarda (anche se sotto forme apparentemente diverse), sotto il quale vivere e morire, che ci deve approvare o maledire? È questo l’inghippo della scimmia dominante. Per non andare in confusione mentale e tenersi insieme, è costretta a immaginarsi grandi scimmie ultraterrene che la controllano.

È una psicosi che ha avuto la sua utilità in passato, ma che adesso comincia a creare enormi problemi, perché il tipo di scimmia alla quale appartengo ha, come detto prima, occupato tutti i buchetti possibili di questo angolo di universo.

Come si è arrivati a questo? Il prezzo della benzina è sceso molto. Siamo sicuri che è un buon segno? I membri della tribù più grande hanno creduto per anni di poter trattare tutte le altre tribù come una massa di schiavi ignoranti e sottosviluppati, buoni solo per avere la manodopera. I membri della tribù più grande hanno inventato grandi parole, dietro le quali possono nascondersi. Democrazia, Libertà, Giustizia, Uguaglianza.

Sono parole immense, tuttavia non escono dalla sottile atmosfera (solo una quarantina di chilometri circa) che circonda il terzo pianetino. Urlano queste parole nella foresta dei loro simboli. Altre tribù hanno simboli diversi, ma stesse attitudini.

La scimmia dominante è intelligente, ma non vede mai troppo oltre il suo naso. E muore a catena, sotto il sole, da sempre. Senza sapere perché.

Se solo tacesse per un attimo. Ma non può. È l’unica cosa che non può fare. Può volare, andare sotto il mare, solcare i cieli, esplorare i segreti più intimi della materia, ma non può tacere mai, deve sempre affollare il mondo con il suo rumore.

Come diceva una scimmia vissuta seicento anni fa, di nome Villon: Je congnois Mort qui tout consomme, / Je congnois tout, fors que moy mesmes.

A volte credo che solo il silenzio ci possa salvare.
Ma il silenzio è l’unica cosa che non possiamo fare.

giovedì 8 gennaio 2015

Società dello Spettacolo vs. Terrorismo Islamico







Strage a Parigi nella redazione di Charlie Hebdo. Dodici morti. Gli assassini sono terroristi islamici offesi dalle vignette pubblicate sul giornale: tavole non particolarmente spiritose, ma decisamente irrispettose su Maometto e co.

Quelli di Charlie Hebdo hanno fatto bene a prendere per il culo per anni questi coglioni fanatici, anche se hanno pagato un prezzo altissimo. La presa per il culo è esattamente quello che meritano. Purtroppo se aizzi le bestie feroci, senza testa e senza cuore, prima o poi rischi grosso.

Hanno ammazzato anche un paio di poliziotti di cui uno ferito a terra, finendolo con un colpo in testa. Insomma sono entrati in tutto e per tutto nell’allucinazione di una guerra santa che esiste solo nelle loro menti rancide. Il momento è pericoloso. Ci manca solo la guerra di religione in questa fottuta epoca e poi siamo a posto.

È vero che questo colpo maledetto cade come il cacio sui maccheroni per le cosiddette destre. È vero che le cosiddette sinistre si sono rese responsabili in Europa di politiche dell’immigrazione semplicistiche e ottuse. È vero che, se si va a guardare bene, quando si parla di “terrorismo islamico”, si sta in realtà discutendo di come le élite dei paesi arabi e di quelli occidentali manovrino la popolazione più debole per renderla paurosa e docile nei propri confini e aggressiva nei confronti del “nemico”.

Con la caduta del comunismo il nemico più pittoresco che si poteva inventare per rendere docile il peone, è il “terrorismo islamico”.  Si è fatto di tutto per renderlo una minaccia mondiale e, per la miseria, ci sono riusciti.

Il “terrorismo islamico” attecchisce nella miseria delle metropoli occidentali, dove molti immigrati hanno solo Allah cui rivolgersi per sentirsi esistere. È alimentato dagli interessi internazionali, dall’indescrivibile guazzabuglio creato in Medio Oriente da decenni di politica USA – URSS di cui stiamo masticando i macabri avanzi ormai da troppo tempo.

È inutile parlare di Islam buono o cattivo. Non esiste una sola religione che non abbia il suo lato oscuro e in questo campo i tre monoteismi fanno a gara senza superarsi mai.

Eccoci qua, signori e signore: abbiamo trovato il “nemico” giusto per il XXI secolo, oscuro ed etnico quanto basta e dunque possiamo continuare a fare porcate e a “sottomettere” la gente, nel nome della Santa Guerra delle Libertà Democratiche, contro l’oscurantismo.

“Sottomissione” è una delle possibili traduzioni della parola Islam, sembrerebbe. Qui, però, quella che viene in continuazione sottomessa, è la volontà, l’anima e l’intelligenza delle persone, siano islamiche o occidentali. Ci stiamo addentrando sempre più nell’incubo e non ci sveglieremo tanto presto.

Nei fatti l’islamizzazione (la sottomissione) è già avvenuta. Viviamo in un’epoca che più religiosa non si può. È questo forse il senso (se non ho capito male) del nuovo romanzo di quella specie di clochard della letteratura francese che è ormai Houellebecq. Le sue provocazioni sono sempre più esplicite. L’occidente tutto vuole, meno che la libertà, da barattare con una “soumission” religiosa apparentemente inaccettabile, ma che in realtà nel profondo desideriamo tutti: assenza di delinquenza, ruoli ben definiti, possibilità di poligamia, sottomissione a Dio, totale, definitiva. È il ritratto di una simpatica utopia, il sogno oscuro che non osiamo ammettere. Houellebecq, forse non è un granché dal punto di vista dello stile letterario ma sa mettere sempre il dito nella piaga, facendosi pubblicità e vendendo milioni di copie: un perfetto alleato contro se stesso della Societé du Spectacle.

E ormai in cartellone abbiamo Società dello Spettacolo vs. Islam: la religione del capitale virtuale, contro il paradiso delle urì; la Democrazia senza popolo, contro la Teocrazia senza confini; Barbarie del Mercato Globale, contro Barbarie del fanatismo.

Due religioni pericolose e idiote si affrontano sul terreno comune dell’ignoranza e dell’arroganza. Le morti provocate dalla Società dello Spettacolo sono meno appariscenti ma di proporzioni ciclopiche e altrettanto crudeli: si parla di più di un milione di morti finora in Iraq, migliaia in Afghanistan, per non parlare dell’interminabile e atroce conflitto Israele – Palestina.

Viene voglia di citare Panella – Battisti: Specchi opposti e riflessi, limpidi e inebetiti da se stessi.

Se le cose degenereranno (ormai non è più possibile fare previsioni), diverrà impossibile non schierarsi. Ed è proprio quello che vogliono, in fondo.

Noi siamo da questo lato del mondo. Noi siamo dalla parte della Democrazia e della Libertà (nostre), basate sulla “soumission” de le reste du monde.

Loro sono dei ruspanti fedeli in una religione arcaica, allucinante e adatta casomai a una civiltà basata sulla pastorizia, ma tecnologicamente equipaggiata. Da noi.

Il cerchio si chiude.

Resta da piangere di rabbia sulle vittime innocenti, sulla follia di questi imbecilli invasati, alimentati da un incredibilmente infantile e odioso spirito di emulazione verso quelli che loro considerano eroi. Resta di piangere di rabbia su una società confusa che, a fronte di un progresso tecnologico impressionante, non è riuscita a liberarsi da nessuna superstizione, ma le ha assunte tutte in sé, in nome di un aberrante “non si butta via niente”.

Resta da piangere di rabbia sulla follia delle creature umane, sulla disperazione di finire ammazzati, in una metropoli moderna, da un gruppo di immense teste di cazzo, in nome dell’ennesimo dio che non esiste.

Contro questa follia c’è solo da contrapporre la consapevolezza di chi siamo e di dove siamo e perché siamo a questo punto.

Contro questa follia dobbiamo smettere di essere marionette mosse sempre da qualcun altro, Allah o il Mercato. Consumatori o fedeli. Fedeli consumatori. Consumati.
Dovremmo essere tutti dei piccoli Charlie Hebdo. Già una roba del genere in Italia fa ridere solo a pensarci. Abbiamo paura della nostra stessa ombra. Figurarsi fare vignette o battute spinte sugli intoccabili. Noi abbiamo Benigni, quaggiù, non so se ci siamo capiti.
Peace and love e qualche saltello e volemose bene. Che non si sa mai che quelli fanno sul serio.