Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

giovedì 23 febbraio 2012

La prima scimmia



Non ho lingua che possa
dare forma al grido che lancio
sopra me, contro questo stralcio
di celeste vòlta cosparsa
da minuscole fiammelle, lacrime dorate,
fiocchi di sole, divina luce.

Grido intorno ciò che tocco,
lo spasimo che sento:
il dolore, il piacere sono smorfie
improvvise sulla bocca.
Solo quando sono al buio mi placo
in un borbottio intermittente,
mimetico alle ombre.

Sento le cose.
Sento me più le cose.
E le cose si sono separate da se stesse
e da me che le guardo.
Tutto è cambiato.
Io.
Io più.
Io più il mondo.
Ma cos’è io?
Di chi è la voce che parla in me,
quest’io che è io a se stesso?

È un supremo colorarsi della forma
È un legno conficcato nel terreno,
erto su una sconfinata pianura
senza senso o norma

La mano lo afferra,
senza ancora un concetto che addensi
il sapore di un pensiero nella bocca
Sento che voglio qualcosa
e quel qualcosa è mio
anche se non so cosa vuol dire mio
quel qualcosa sarà Dio
anche se non so ancora cos’è Dio

Ogni notte il terrore mi sfinisce,
ma stavolta
sento di aver varcato
un portale invisibile

Divengo distacco di tempo
e dichiaro guerra al mondo
Anche se non so ancora
cos’è guerra,
cos’è mondo,
cos’è tempo.

martedì 14 febbraio 2012

Pensieri nani



Alla fine mi sono fatto convincere e ho visto Shame.
E' il classico film preposto a far discutere.
Secondo me, ogni anno, qualcuno, da qualche parte dice: mbeh, mo' è iniziato un altro anno  ... la ggente si annoiano... quale film o libro possiamo dire in giro nei talk show che fa discutere?
E la scelta cade sempre su qualche film che parla di tabù nascosti, tipo la dipendenza da sesso pornografico e prostituitico, ma potrebbe anche essere l'omosessualità o il precariato. Non importa.
Sono tutti tabù, ben inteso di cui non frega niente a nessuno e che in realtà sono già ampiamente accettati dalla società, come deviazioni di costume, un po' drammatiche, forse, ma facili da correggere ... con un po' d'amore.
Nel frattempo, prima che arrivi l'amore, titilliamo le gonadi dei fessi, ci aggiungiamo New York, Bach e Glenn Gould, la vita da impiegato, gli aperitivi, il lunch, lo jogging ...  bisogna che la gente che va al cinema, specie quelli della classe media (ma non era sparita?) possa identificarsi, in modo che la loro vita del cazzo suoni quasi giustificata. Poi la discussione, come al solito, si arena sulle stronzate della Aspesi o del giovin filosofo di turno.
Allora mi viene da pensare: certi film e certi libri, magari non brutti, anzi, magari anche carini, non hanno altra funzione che giustificare a noi stessi la vita da stronzi che facciamo.


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Ho visto La doppia vita di Veronica di Kieslowski.
Era uno dei pochi film dell'autore che mi mancavano.
Nel buio della Cineteca dello Spazio Oberdan, il cuore mi si è allargato e allagato, di commozione.
Il mio pensiero è nano, nel senso che più di tanto non riesce ad elevarsi: ma la mia anima ha volato dai cieli di Cracovia ai cieli di Parigi, si è innamorata del bellissimo volto di Irene Jacob, ha vissuto la doppia vita di questa ragazza giovane, assetata di vita, marionetta come tutti, nelle mani del destino.
Ecco, se il cinema può essere incanto, io sono rimasto incantato. La musica, la regia, la recitazione, tutto conduce alla magia della realtà, che non è la stessa cosa del realismo magico. La magia è quando senti che qualcosa ti è successo dentro, che la visione o la lettura di un'opera hanno cambiato la tua percezione della realtà, in qualche modo. E' anche quando percepisci che dietro l'enigma del mondo c'è qualcosa, non necessariamente Dio, ma qualcosa ...
La lezione di Kieslowski è quella di vivere con cura, perché le nostre azioni, anche minime, hanno sempre ripercussioni imperscrutabili nel mondo. Ma questa, che potrebbe anche essere una riflessione banale, diventa invece la cifra del profondissimo mistero dell'esistenza.
La vita della "prima" Veronica polacca si chiude cantando la prima terzina del Paradiso di Dante. Il cuore le cede su un acuto, su un dolente accordo di settima diminuita. Il cuore fisico, il malanno di cui morirà Kieslowski stesso, non regge la tentazione di vivere la felicità. La "seconda" Veronica, parigina, inizia a nascere da quel momento, trova l'amore e la consapevolezza che, ad ogni passo in avanti che si fa nella vita, un altro "noi", da qualche parte, muore.
Siamo marionette in duplice copia. Se una si rompe l'altra va avanti. E' l'unica forma di immortalità che abbiamo. Imparare dalla morte altrui.

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La maledizione della nostra epoca, è avere troppa roba da mangiare: in tutti i sensi, sia fisico che spirituale.
I grandi creatori del passato ricevevano dall'esterno molti meno stimoli culturali, artistici, o semplicemente sociali, di quelli a disposizione di un qualunque ragazzino delle medie di oggi.
L'arte nasce dal giusto equilibrio di penuria e slancio vitale.
Vale a dire che l'arte, all'epoca di Internet, è quasi impossibile.

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La bellezza non salva il mondo: né l'assolve. Ma, di sicuro, non lo condanna.

giovedì 9 febbraio 2012

Stalinismo desiderio dei popoli

 

Urla la tua presenza, piagnone

qualche stolto ti risponderà da quaggiù,
qualche stolto che risponde c’è sempre
raccoglie l’eco nel deserto della penuria.
Fassi la sinossi del peccato,
il predicato verbale dell’appartenenza,
polifosfato bicarbonato,
adempienza al plutonio di là da venire,
traggasi appropriata conclusione:
non val nessuna cosa i moti tuoi
e fango è il principio stellare della previdenza.
Il popolo non vuol pane
vuol mangiare la tua merda:
è questo il prezzo
della perduta innocenza.
Nel paese dove 'l sì dolce suona
lavoratori coatti e barboni alla stazione
rincorrerrano d’accatto ogni tua benedizione
Provvido signore che ti nascondi
ti prego ti prego, dammi un calcio
voglio un calcio dal padrone.

venerdì 3 febbraio 2012

Wislawa Szymborska (2.7.1923 - 1.2.2012)


Monologo per Cassandra

Sono io, Cassandra.
E questa è la mia città sotto le ceneri.
E questi i miei nastri e la verga di profeta.
E questa è la mia testa piena di dubbi.

È vero, sto trionfando.
I miei giusti presagi hanno acceso il cielo.
Solamente i profeti inascoltati
godono di simili viste.
Solo quelli partiti con il piede sbagliato,
e tutto poté compiersi tanto in fretta
come se mai fossero esistiti.

Ora rammento con chiarezza:
la gente al vedermi si fermava a metà.
Le risate morivano.
Le mani si scioglievano.
I bambini correvano dalle madri.
Non conoscevo neppure i loro effimeri nomi.
E quella canzoncina sulla foglia verde -
nessuno la finiva in mia presenza.

Li amavo.
Ma dall’alto.
Da sopra la vita.
Dal futuro. Dove è sempre vuoto
e nulla è più facile che vedere la morte.
Mi spiace che la mia voce fosse dura.
Guardatevi dall’alto delle stelle – gridavo –
guardatevi dall’alto delle stelle.
Sentivano e abbassavano gli occhi.

Vivevano nella vita.
Permeati da un grande vento.
Con sorti già decise.

Fin dalla nascita in corpi da commiato.
Ma c’era in loro un’umida speranza,
una fiammella nutrita del proprio luccichio.
Loro sapevano cos’è davvero un istante,
oh, almeno uno, uno qualunque
prima di –

È andata come dicevo io.
Solo che non ne viene nulla.
E questa è la mia veste bruciacchiata.
E questo è il mio ciarpame di profeta.
E questo è il mio viso stravolto.
Un viso che non sapeva di poter essere bello.

giovedì 2 febbraio 2012

Urla dallo spazio



Ricavo queste due splendide e insieme spaventose foto dall'interessantissimo blog Unpianetanonbasta.
Noi siamo qui, inevitabilmente persi in qualche punto della superficie di quella sfera blu, piena di nuvole, ostinati nelle nostre faccende e soli con i nostri balocchi.
Non sono tra quelli che credono a un universo gravido di vita intelligente, anzi, l'opposto. Le possibilità, le variabili, le coincidenze, tutto l'immenso scorrere dello spazio e del tempo che ci sono voluti per produrre questo, mi sembrano sufficienti per ritenere che ci troviamo di fronte a un evento, forse non unico, ma raro. Non si tratta di vagliare ipotesi a metà tra Melancholia e Dissipatio H.G.
La realtà non è inquadrabile in un film apocalittico o nel romanzo di un suicida: la realtà è , in quelle foto.
Siamo dentro un sistema limitato, collegato a un altro sistema vastissimo, per noi inimmaginabile.

Per un sovraccarico dell'istinto di sopravvivenza, una specie evoluta di bipedi ex quadrumani si comporta come se fosse immortale, nonostante decine di millenni di prove evidenti che tutti muoiono; si ritiene proprietaria di un'anima immortale; è portata a credere nella verità assoluta sulla propria relazione con il cosmo, ma questa verità, pur modificandosi in continuazione, a seconda delle latitudini e del variare degli eventi, viene sempre considerata assoluta; non solo: per ogni verità assoluta c'è una fazione pronta a scannarsi con l'altra; inoltre il suddetto bipede ha elaborato sistemi di convivenza tali per cui milioni di esemplari si assoggettano senza battere ciglio al volere di poche migliaia di esemplari in tutto simili agli altri; da qualche tempo (secoli, li chiamano loro) poi, usano un sistema di scambio assai curioso: alcuni milioni di esemplari costruiscono e fabbricano tutto quello che serve alla sopravvivenza della specie, sotto l'egida di pochi esemplari che li ripagano dandogli giusto quello che serve a sopravvivere (denaro, lo chiamano): in seguito, questi pochi esemplari (che non producono nulla) si accaparrano tutti i profitti in denaro che i milioni hanno prodotto e vivono vite lussuose e piene di valore.
I milioni, invece di incazzarsi con i pochi perché gli rubano le cose che loro stessi hanno prodotto, si incazzano perché i suddetti pochi non li fanno produrre ancora di più: evidentemente pensano che producendo di più ai pochi verrà in mente di dare ai molti un tantino di più, cosicché potranno procurarsi alcune delle cose che producono per i pochi.
Insomma, c'è un guazzabuglio furibondo in questa piccola palla blu sospesa nello spazio: piccola palla sulla quale pochi e molti, ma soprattutto i molti, si accoppiano vieppiù, riproducendosi a frotte, dimodoché poi, anche a volerlo, i pochi mica possono mettere tutti questi crescenti molti a produrre (a proposito: questo meccanismo strano lo chiamano lavoro). Anzi, dato che i pochi vogliono sempre di più (una caratteristica di questa strana razza di bipedi, è che sono estremamente avidi e soggetti a ogni tipo di ossessione psicotica), cercano tra i molti proprio i più disperati, quelli disposti a mangiare la merda pur di sopravvivere (perché mai ci terranno così tanto, è un mistero). Questo fenomeno lo chiamano delocalizzazione e per i pochi è una gran furbata.
Solo che i molti sono anche loro avidi, ma dato che non possono avere quello che hanno i pochi (non si capisce perché semplicemente non se lo prendono: si presume che il problema stia in una sorta di imprintig gerarchico della specie), per reazione fanno più figli, molti più figli, tantissimi figli, perché i figli (specie nelle zone dove sono concentrati i più molti) sono una ricchezza.
In questo modo la palla blu della foto si riempie, ogni anno di più, di bipedi che vogliono tutti, nessuno escluso, i loro diritti. Tutti urlano i loro diritti. Persino i pochi si mettono a urlare il loro diritto di sfruttare i molti: e che caspita, dopotutto sono loro che fanno funzionare tutto. Insomma tutti urlano al vento del piccolo pianeta blu il loro diritto a fare come meglio cazzo gli pare. Chi poco, chi tanto. Siccome i pochi non sono mica fessi, dopo qualche secolo passato a far scannare i molti in uccisioni di rito collettivo chiamate guerre, hanno deciso di issare anche loro la bandiera dei diritti. Hanno accondisceso: tutti devono avere diritti e tutti hanno il diritto di avere i diritti.
Solo che è una finta, i diritti, ai molti,  mica glieli danno davvero.
I pochi non sono fessi.
Non sarebbero i pochi, se no.
Il problema grosso è che, pochi e molti, stanno tutti sopra la piccola palla blu sospesa nello spazio. Dalla superficie della palla, ai bipedi tutto sembra enorme, soprattutto il loro culo e il loro cervello.
Da sopra, lontano, nel buio e nel silenzio, però, le loro urla non si sentono.