Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

mercoledì 28 novembre 2012

Mercy Street, 45



Ho voluto (ammetto, forse un po' troppo poco modestamente) cimentarmi nella traduzione di questa poesia della Sexton. Da non amante della poesia (anche per i miei trascorsi di frequentatore di poeti), amo tuttavia da sempre la Sexton, come pure molta produzione anglosassone. Il problema come sempre è nelle traduzioni. Ho optato per il fai da te, e l'inghippo è sicuramente in agguato. Questo testo è straordinariamente difficile da rendere. Specialmente la frase finale mi ha fatto dannare. 
Spero abbiate comprensione e che nonostante il dilettantismo, qualcosa di questa lirica, densa e desolata, sia passato. 

Nel mio sogno
reale fino al midollo
cammino su e giù per Beacon Hill
cercando un cartello stradale,
Mercy Street.
Non c’è.

Provo per Back Bay.
Non c’è.
Non c’è.
Eppure conosco il numero,
Mercy Street, 45.
Conosco il vetro colorato
della finestra nell’atrio,
le tre ali della casa
con il parquet sui pavimenti
Conosco i mobili e
Mamma, nonna e bisnonna e servi.
Conosco la credenza con gli Spode*,
la vaschetta del ghiaccio, argento solido,
dove il burro posa in bei quadrati,
come strani denti di gigante,
sul grande tavolo di mogano.
Lo conosco bene.
Non c’è.

Dove siete andati?
Mercy Street, 45,
con la nonna inginocchiata
nel suo corsetto di stecche di balena
che prega, a bassa voce, ferocemente,
davanti alla bacinella,
alle cinque del mattino
a mezzogiorno,
sonnecchiando sulla sedia a dondolo
il nonno schiaccia un pisolino nella dispensa,
la nonna suona il campanello per la cameriera, di sotto,
e Nana culla Mamma, con un fiore gigante
sulla fronte, per coprire un ricciolo
di quando era buona ed era …
E là, dove fu concepita,
e, dopo una generazione,
me, 
la terza che avrebbe concepito,
un fiore di nome Orrido, sbocciante
da un seme straniero.

Cammino con un vestito giallo
e una borsetta bianca piena di sigarette,
pillole, portafogli, chiavi
e ho ventotto anni, o quarantacinque?
Cammino. Cammino.
Accendo i fiammiferi ai cartelli stradali,
perché è buio,
scuro come pelle morta
e ho perso la mia Ford verde,
e la mia casa nei sobborghi,
e due bambini piccoli
succhiati via come polline dall’ape che sono,
e un marito,
che si è seccato gli occhi
per non guardarmi più dentro,
e cammino e guardo
e non è un sogno,
ma solo la mia vita,
dove le persone sono alibi
e la strada è perduta
per sempre.

Indosso gli occhiali scuri.
Non mi importa.
Imbullona pure la porta, pietà,
cancella il numero,
strappa via i cartelli stradali.
Cosa può contare,
cosa può contare questa spilorcia che sono,
chi lo vuole un passato,
che uscì da un morto battello
lasciandomi solo della carta?

Non c’è.

Apro la borsetta,
come fanno le donne,
e pesci nuotano avanti e indietro
tra le banconote e il rossetto.
Li afferro uno per uno
e li getto ai cartelli stradali,
e lancio la borsetta
nel fiume Charles.
Poi tiro fuori il sogno
e lo getto sul muro di cemento
dello stupido calendario
in cui vivo
la mia vita,
e i suoi faticosi
taccuini

Anne Sexton 

* Una tipica porcellana inglese, credo.

lunedì 19 novembre 2012

La rivolta degli Straccioni



Il venti maggio 2014, una folla di migliaia e migliaia di persone inferocite, unite dall’unico pensiero che i politici abbiano colpa di tutte le loro sofferenze, un pensiero del resto non molto lontano dal vero, marcia compatta, come si dice, verso il palazzo del governo.
A nulla serve che la polizia spari lacrimogeni ad altezza d’uomo, a nulla serve che decine di morti rimangano a coprire di sangue l’asfalto delle strade, a nulla serve qualsiasi tipo di discorso dei leader dei partiti.
Noi vogliamo quello che ci avete tolto, urlano gli Straccioni.
Noi vogliamo quello che avete voi.
Noi vogliamo la felicità che voi avete solo perché l’avete tolta a noi.
Voi ci avete condannato all’inferno.
Noi vi condanneremo ad assaggiarlo questo inferno. Così urlano dai megafoni gli Straccioni e subito dopo entrano nel palazzo del governo e massacrano indiscriminatamente, come si dice, tutti quelli che trovano.
In quel terribile giorno di maggio duecentoquindici deputati di tutte le fazioni politiche e tredici uscieri vengono trucidati a colpi di ascia, spranghe, coltelli, pistole, alcuni vengono impiccati ai lampioni del cortile interno, altri gettati dalle finestre e solo verso sera l’esercito ha ragione degli Straccioni a colpi di cannone e mitragliatrice.
Il risultato di una simile giornata è la cifra di seicentotrentotto vittime, tra deputati e rivoltosi. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e l’esercito americano, assieme ai membri del governo superstiti assumono il comando provvisorio di emergenza del paese e  proclamano la legge marziale. In nessun caso è possibile permettere che quello che è successo in Italia possa estendersi e dilagare in qualche altro paese europeo o del mondo. Tutto deve finire qui e ora. E la punizione per i ribelli deve essere esemplare.
Cominciano gli interminabili processi agli Straccioni che vengono trasmessi in diretta dalle TV di tutto il mondo. Viene invocata la pena di morte per i più irriducibili, come si dice, che sono neri, albanesi, rumeni, molti italiani disoccupati. Il novanta per cento di questa gente è di sesso maschile. Da qui nasce un’altra furibonda protesta sul fatto che la violenza ha sempre origine maschile e che il potere maschile non protegge abbastanza le donne. Nei disordini scoppiati dall’inizio dell’anno le vittime donne hanno superato il centinaio ma, nonostante nella maggior parte dei casi queste donne siano state uccise negli scontri con la polizia, la colpa di questa violenza maschile ricade sui rivoltosi sconfitti.
Quindi questi criminali nemici dell’umanità, questa macchia inaccettabile in una Europa pacificata da quasi settant’anni, come dice il capo del governo scampato miracolosamente al massacro, questi rimasugli di una sanguinosa epoca ideologica e maledetta, devono essere eliminati. Ci sono diversi problemi per realizzare questo obiettivo. Il primo problema è che la pena di morte non è più prevista dalla legge fin dalla fine della seconda guerra mondiale. Occorre dunque fare una revisione totale del codice penale con il rischio di tornare indietro di un secolo nell’ambito dei diritti civili. Ci sono discussioni etiche interminabili, come si dice.
Ciò che resta del governo, però, vuole fare piazza pulita degli Straccioni. E anche la cosiddetta gente comune, che sotto sotto ci ha goduto nel vedere massacrati a colpi d’ascia e spranghe certe facce che per decenni sono apparse in televisione a dire sempre le stesse stronzate, anche la gente comune, ne ha abbastanza. Vuole pace e ordine. Vuole vedere sparire gli Straccioni. Vuole godersi le esecuzioni capitali in diretta da casa.
Troppa violenza per le strade, pensa la gente comune, ora basta, lo spettacolo è durato troppo. Il secondo problema è che molti dei rivoltosi sono  stranieri, per lo più senza permesso di soggiorno.
Il governo è inflessibile. Italiani o stranieri, devono essere puniti con la morte per quello che hanno fatto a un governo democratico di un paese democratico.
Attraverso una procedura paradossale, dovuta al timore che qualcosa di simile a quello che è successo il venti maggio possa ripresentarsi in qualsiasi altra democrazia europea, gli Straccioni vengono equiparati ai terroristi internazionali e processati da un tribunale internazionale per crimini contro l’umanità.
I governi dei paesi di appartenenza, non possono e non vogliono impedire il processo ai danni dei loro concittadini. Tutti i governi sono unanimi. Mai più, mai più si deve verificare la possibilità che la popolazione più povera e dunque moralmente più debole e influenzabile da ideologie distorte, come dice il presidente degli Stati Uniti, possa aggredire fisicamente un governo democratico. I governi romeno, albanese, senegalese, marocchino, filippino, peruviano, ecuadoreño accolgono la decisione del tribunale internazionale senza batter ciglio. Solo i governi scandinavi avanzano delle riserve ma non vengono minimamente ascoltati. L’unica condizione che viene posta dagli altri governi è che l’esecuzione deve avvenire in territorio neutro e che gli esecutori siano cittadini dei paesi coinvolti.
La cosa viene accordata in fretta. I governi democratici o meno democratici di Europa, Africa e Sud america si mettono d’accordo alla svelata.
I rivoltosi vengono tutti condannati a morte per fucilazione.
Alcuni rivoltosi italiani riescono a farsi convertire la pena dalla fucilazione all’ergastolo. Tutti quelli stranieri invece sono spacciati. La comunità internazionale grida all’ingiustizia ma la cosa viene messa presto a tacere con il pretesto che i fatti del venti maggio, anche se riguardano nello specifico il governo di un solo paese, sono in realtà una minaccia potenziale per qualunque governo del mondo e quindi di competenza internazionale.
Il governo più danneggiato ha la precedenza nel giudizio finale di clemenza. La polemica non si sgonfia così facilmente e anzi rischia di far mandare a monte tutta la faccenda e allora il governo italiano fa marcia indietro. Verranno risparmiati dall’esecuzione capitale solo dieci ragazzi e tre ragazze, tutti ancora minorenni. Gli altri italiani verranno fucilati assieme agli altri.
I membri dei diversi plotoni di esecuzione vengono presi dall’esercito albanese, rumeno, peruviano, ecuadoreño, senegalese. Per solidarietà anche il governo americano e perfino quello iraniano offrono plotoni di esecuzione per gestire la faccenda in maniera più neutra possibile. Il governo israeliano offre un plotone specializzato in esecuzioni per manifestare la solidarietà con la democrazia messa in pericolo dalle rivolte popolari.
È una vera rivoluzione sociale. Anche fazioni che si sono fatte la guerra fino a poche settimane prima, si riunisce in concordia per condannare a morte gli Straccioni.
Le TV di tutto il mondo riprendono i plotoni israeliano e iraniano fianco a fianco, mentre caricano i fucili, puntano e invece di mirare gli uni addosso agli altri, sparano contro i rivoltosi Straccioni legati ai pali.
Quando i corpi legati sobbalzano sotto i colpi e si afflosciano, un boato di applausi, come si dice, esplode nelle piazze dove sono allestiti i maxischermi che permettono a migliaia di persone di assistere all’evento.
La pace è finalmente scesa sul mondo. La democrazia del nostro paese e, di conseguenza, la democrazia di tutti i paesi del mondo, è salva. Il sangue dei rivoltosi viene velocemente ricoperto di segatura.

Quando i rivoltosi del venti maggio sono stati passati per le armi, una bella mattina di giugno, durante una diretta televisiva trasmessa dal cortile di una prigione in disuso nell’isola di Pianosa, il movimento degli Straccioni ha cominciato a mangiare sé stesso. Quando milioni di persone avevano visto sui loro schermi i plotoni di esecuzione scaricare pallottole su decine e decine di uomini legati ai pali, quando hanno visto le figure legate afflosciarsi a terra, hanno provato un doppio brivido dovuto all’eccitazione della morte violenta e al pensiero tremendo che dopo questo passo indietro di civiltà l’Europa e il mondo avrebbero fatto molta fatica a tornare a un livello accettabile di convivenza civile. Ma il terrorismo, la ferocia inaccettabile di chi usa la violenza per distruggere le fondamenta della nostra vita, deve essere combattuta con fermezza e senza inutili e fuorvianti sentimentalismi, ha detto il capo del governo.
Anche il Vaticano ha approvato tacitamente, come si dice, le esecuzioni, pur pregando per le anime irrequiete di queste persone che non hanno avuto, come dice il papa, rispetto per i ruoli sociali che sono la base della civiltà cristiana.
L’attaccamento alle cose materiali come il vile denaro, ha detto il papa apparso con il suo vestito bianco dalla sua solita finestra , l’attaccamento alle vuote aspettative del più vile consumismo, il mille volte sciagurato attaccamento a ideologie pseudo libertarie che la storia del novecento ha già ampiamente condannato e che niente hanno a che fare con la verità di Cristo, hanno portato a questa iattura che affligge oggi la società.
La civiltà come la conosciamo corre grave pericolo oggi, ha detto il papa. Non possiamo permetterci debolezze nel condannare il terrorismo ideologico, anche se bisogna implorare il perdono di Dio su queste povere anime.
Il presidente degli Stati Uniti ha approvato completamente le parole del papa e anche il presidente della Russia e quello della Francia e quello della Gran Bretagna e così via. E così il movimento degli Straccioni, passato alla più assoluta clandestinità, condannato agli occhi del mondo, si è dissolto nel nulla.
Nel giro di poche settimane i poveri hanno smesso di prendersela con i ricchi e hanno ricominciato a prendersela tra di loro, come è sempre stato.
L’ordine delle cose è stato ristabilito da adesso fino allo spegnimento del sole.
Il mio paese è diventato l’avanguardia di un nuovo movimento sociale nel quale i ruoli sono sacri e inviolabili.
Dio lo vuole. Il potere lo vuole. I poveri stessi lo vogliono.
Proteggeteci da noi stessi, dicono i poveri ai governanti.
Diteci cosa dobbiamo fare e lo faremo.
Per tutti i secoli dei secoli, amen. 

mercoledì 14 novembre 2012

È tutto lo stesso




Perché queste Cronache babilonesi? Perché mi trovo sempre a scrivere dall’orlo del’abisso. Perché vorrei sapere qualcosa e non so nulla di nulla. Perché sono bombardato da informazioni in misura massiccia e la mia vita si rattrappisce in risposta.

Sono pienamente consapevole di ogni mio mutamento, come pure del ridicolo insito in esso, eppure non riesco a fare affiorare nessuna descrizione certa di quanto mi accade.
Nella mia vita sono stato:
Buddista
Ateo
Negazionista
Possibilista
Spiritualista
Comunista
Materialista
Agnostico
Mistico
Fondamentalista
Catastrofista
Complottista
Anti complottista
Individualista
Collettivista

Ondate successive di pensiero mi hanno colto e mi hanno mutato. Una ondivaga inquietudine mi porta da una parte all’altra dello spettro cognitivo. Non mi convinco mai di nulla perché so che non c’è un posto dove mi posso fermare.
L’unico porto sicuro è il senso del mio corpo un po' indolenzito.

Ora cosa sono? La mia fase attuale si può definire in una sorta di disillusione incantata.
Sono disilluso da una vita che rimane un mistero che incanta.
Sto imparando a vivere. Ecco una frase che non significa nulla. Che vuol dire “imparare a vivere”? Si impara a nuotare, non a vivere. Se dici che stai imparando a vivere ti stai riferendo a qualcos’altro.
Si impara piuttosto a lasciare andare: schemi mentali, costruzioni ideologiche, rivestimenti bizzarri, idee fisse, sottrazioni di immagini sovrapposte alla realtà. Si impara a disimparare.


Non c’è un fatto al quale posso aggrapparmi, una fede definitiva che posso abbracciare, sono intriso di impermanenza.
Lascio fare alla mia vita, che conosce ciò di cui ho bisogno più di me stesso. Cerco solo di essere consapevole senza che questa consapevolezza mi paralizzi.
Che vuol dire “lascio fare alla mia vita”?
Forse che per vita intendo un superiore istinto di conservazione? Sì, può darsi.
La vita è una colossale strategia di sopravvivenza. Non sempre, certo.
A che pro cercare di sapere qualcosa?
Il fatto è che se anche non vuoi credere, la credenza si insinua e informa di sé i tuoi atti.
Allora bisognerebbe coltivare il distacco del frutto dall’atto. Sarvakarmaphalatyaga
È un termine buddista.
Significa agire senza cercare soluzioni, meriti, frutti, doni. Agire e basta. Oppure non agire e basta.
Sentire la libertà di questo concetto. Sentire il Vuoto, il Non Condizionato, forse l’estrema delle illusioni. Se non sei condizionato puoi essere qualunque cosa, fare qualunque cosa. 
È tutto Vuoto. Non c'è più niente da temere, né la crisi, né la disoccupazione, né la morte.
È lo stesso, dice Thomas Bernhard. È tutto lo stesso, dice ne La cantina. 
Qualunque cosa facciamo, è lo stesso.
È difficile da accettare, quasi impossibile, perché i nostri condizionamenti culturali ci portano a vedere un mucchio di differenze in quello che facciamo. Va bene così.
Ma se arrivi a percepire il Vuoto, la tua vita cambia. Esternamente sei lo stesso. Mangi, lavori, scopi, pisci, caghi, ti formi delle opinioni, ti incazzi, aggiusti le cose che si rompono (se ci riesci), paghi le bollette, porti la macchina dal carrozziere.
Ma dentro si è creato un distacco. È tutto lo stesso, ti dici, e sei diventato in grado di divertirti. Ti diverte lo spettacolo di te stesso e degli altri che si danno un gran daffare.
Ballerini che si muovono a scatti sul gran palcoscenico, rivolti in mille direzioni diverse.
Allora ridi di più. 
Puoi perfino trovare soluzioni apparenti a problemi apparenti

giovedì 8 novembre 2012

Nuovi appunti dal futuro




La vita è un messaggio, da qualcuno a qualcun altro. Un messaggio quasi sempre frainteso. Questo è tutto.

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Massima sincerità. Che vuol dire? Che ancora non ti sei trovato.

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La gioia di vederla sorridere, salutare e andare via. Non sia profanata da una assurda confidenza. Ormai godo solo della lontananza.

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Stupore di osservare come le persone desiderino essere in potere di qualcun altro. È una continua, sotterranea ammirazione per chi ci tiene per le palle. Vogliamo servire. Anzi, dovrei dire vogliono servire. Io, da quanto mi posso ricordare, non ho mai desiderato servire, né tanto meno essere servito. È forse questo il motivo della mia assoluta estraneità a questo mondo.

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Ogni cosa, ogni fenomeno, una persona, il mare, una montagna, mi lascia sempre dentro un senso di assoluta estraneità. È passato il tempo in cui le cose entravano dentro formandomi un’anima. Ora, tutto quello che mi circonda è strano, irreale. Proseguo nella vita quotidiana attraverso degli automatismi. Spesso rispondo anche appropriatamente agli stimoli esterni, come un navigatore esperto che sa indovinare le correnti.
Tuttavia il gioco dell’esistenza non fa più presa su di me. A tratti, però, affiora il ricordo di felicità passate, di antichi coinvolgimenti. Non è però il ricordo di avvenimenti precisi, che pure ci sono stati: no, è proprio il ricordo della sensazione. Io fui felice. È strano come ciò che mi procurò tanta felicità sia scomparso lasciando solo la sensazione.
Altre volte mi accade qualcosa di simile alla memoria involontaria.
Invece della madeleine di proustiana origine, un odore, un sapore, mi riportano a qualcosa di straordinariamente importante per me … ma non riesco a ricordare cosa.
Continenti immensi di passato giacciono dentro la mia anima e non so riviverli.
Se riuscissi a raggiungerli vivrei la vita dell’eterno presente.
È proprio il tempo perduto che più non si trova.

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Ogni anno ci sono un milione di suicidi in tutto il pianeta. Praticamente una persona su settemila si toglie la vita. Vuol dire che tra le migliaia di persone, corpi, facce, vestiti, che vedi in metropolitana, in strada, su una spiaggia, al lavoro, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ce n’è sicuramente qualcuna che ha già deciso e che lo farà.
Quante persone sfiorandoti, ti hanno detto addio. Non lo saprai mai.

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Non mi interessano problematiche sociali, svolte dal punto di vista di una certa ideologia.
Mi interessa l’uomo, nella sua interezza. L’uomo che scopre se stesso, l’uomo che scopre il proprio mistero, andando oltre la maschera del consumatore – consumato.
L’uomo che dice no. La maniera in cui dice no. I mille ripensamenti, le sconfitte che fanno vacillare questo no, per poi riprendersi (o non riprendersi mai).
L’uomo in rivolta, per dirla con Camus, più Lo Straniero. Ma Camus è il novecento. E il novecento, con tutto il rispetto, ormai è morto, un po' come è morto Dio  nell'ottocento.
Come si rivolta un uomo, oggi (2012) in piena epoca tardo capitalista, in piena recessione mondiale, in pieno cambiamento climatico, con la diffusione capillare di nuovi mezzi di informazione e di interazione sociale? Come si ribella, come acquista la sua autonomia spirituale, un uomo costretto a vivere in un mondo non più (come ai tempi di Camus) dominato da due fronti contrapposti, ma prigioniero di un pensiero unico, totalizzante?
Come si rivolta un uomo che la Società Unica può privare all'improvviso di ogni mezzo di sostentamento, ogni dignità, ogni contatto, sia pure superficiale, con i suoi simili?
Camus si prendeva troppo sul serio, mi pare. Viceversa l'unica cosa rivoluzionaria è l'umorismo. L'uomo dice no mandando a fare in culo chi parla di cose che non conosce. Fanculo chi parla di povertà e disoccupazione e guadagna 500000 euro l'anno. Fanculo ai poveri che sperano di azzeccare un gratta e vinci. Fanculo alla competitività, alla produttività, allo sviluppo, alle riforme. Fanculo agli intellettuali, ai tatuati, ai reality, ai modelli di vita, alla sostenibilità, la natalità, la globalizzazione.
Ognuno deve inventarsi una prassi. 
Ognuno deve salvarsi da solo, mettendosi a disposizione degli altri. Bisogna vivere un curioso mix di compassione e individualismo. Equilibrio umano. Guardarsi negli occhi, toccarsi. Basta stronzate ideologiche, basta atteggiamenti di superiorità letteraria. Nessuno sa nulla e tutti sanno tutto. Siamo costretti a essere confusi. Scostiamo da parte le merci e guardiamoci negli occhi.
Caos - ordine oscillano su una corda tesa. 
Siamo a Babilonia. 
L'uragano Sandy ci saluta e se ne va.