Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

martedì 30 luglio 2013

Oltre la cupola del Truman Show



Tra gli scrittori contemporanei, mancano le cosiddette figure “tragiche”, quelle vite che diventano paradigma della condizione umana o perlomeno di un’epoca. Si è cercato in Italia, di costruirne una con Roberto Saviano, il quale, pur essendo probabilmente un bravo ragazzo, è totalmente inserito nel circuito delle opinioni politicamente corrette. Da Saviano non ci si attende lo sguardo nell’abisso. Da nessuno ce lo si attende, in genere.
Non ricordo chi ha detto che si comprende di più un’epoca dai suoi romanzi, che dalle teorie scientifiche.
L’Ottocento, il secolo borghese, ha creato il romanzo delle grandi individualità in cerca o in conflitto con sé stesse e il mondo.
Il Novecento, secolo della fisica quantistica e della “scoperta” dell’inconscio, ha creato i grandi romanzi della dissoluzione dell’individuo o del suo problematico riscatto.
Il Duemila, secolo di Internet e della Mercificazione Totale, ha portato all’impossibilità della sincerità.
Già David Foster Wallace, parlava dell’ironia come della malattia della modernità, vista come il sintomo dell’impotenza di chi ha imparato ad amare la propria gabbia.
Il Duemila è il secolo che ha abolito l’esterno di sé stesso. Viviamo in un Unico Mondo Dal Quale è Impossibile Uscire. Niente alternative date all’esistente. Universo al Capolinea.
I romanzi del Duemila (e le serie TV) descrivono, descrivono, descrivono, ciò che non ha più bisogno di essere descritto: il totale dissolvimento dell’identità umana nella merce, la totale codificazione delle esperienze umane, così completa da potere essere allineata su uno scaffale di un supermercato.
Il romanzo del Duemila è stato sostituito dalle serie TV americane, sempre più complesse, articolate, profonde, ma attenzione: proprio questa sempre più esasperata complessità umana, ne rivela il paradosso di base: tutto è già detto, tutto è già fatto, ognuno di noi si deve soltanto accomodare nel proprio disagio preferito.
Il risultato finale è sempre uno: ti mostro lo schifo della società per farti abituare. Ti devi abituare a mangiare e respirare merda, perché questa è la realtà e questo è il migliore mondo reale che possiamo offrirti. 
Non c’è più evasione dalla sofferenza, ma l’esorcizzare la stessa assumendone dosi massicce.
Le dosi massicce di iperrealismo quotidiano hanno il solo scopo di narcotizzarci.
Eppure l’arte dovrebbe avere l’obbiettivo di andare oltre, o almeno, provarci: vedere cosa c’è oltre il muro della cupola del Truman Show (altra metafora ampiamente abusata).
I romanzi, protagonisti della società di ogni secolo, da strumenti di indagine della condizione umana, sono diventati illustrazioni di illustrazioni.
Chi pubblica oggi, è inserito in una determinata, seppure ampia cornice.
I solchi sono stati tracciati e chi esce dai solchi viene ignorato.
Cessate le ideologie, quelle stesse che hanno negli anni Sessanta e Settanta decretato il fallimento di Morselli scrittore, è rimasta la potentissima ed esclusiva ideologia del profitto, che screma tutto quello da cui si potrebbe ricavare poco in termini economici.
L’uomo deve pur attaccarsi a qualcosa e accumulare è un sistema come un altro (forse un po'più dannoso di altri) per lenire l’angoscia. Una intera società nella quale sono crollati i fondamenti religiosi e ideologici deve pur sopravvivere a sé stessa. Accumulare, o tentare di accumulare, o tentare di imitare chi riesce ad accumulare, o ancora passare il tempo interessandosi delle vite dei protagonisti dell’accumulo, oppure ancora riempire il proprio tempo di preoccupazioni assolutamente materiali, è un modo per tappare tutti i buchi.
Se persino la cosiddetta spiritualità funziona oggi ad accumulo di esperienze “a pagamento”, diventa chiaro che il sistema sta funzionando alla grande, sebbene si sentano i primi sinistri scricchiolii.
La società nella quale viviamo non è più la società della grande borghesia contrapposta alle altre classi sociali, nella quale la borghesia stessa recitava la parte del giudice e dell’accusato. Ora viviamo in un mondo assolutamente immaginario, nel senso proprio di “immagine”, in una fantasmagoria dove le parti da recitare sono un numero limitato, sempre le stesse, mentre gli uomini, invece, non sono mai stati così tanti di numero.
La compassione stessa ricade sotto un regime codificato dalle vecchie religioni rivelate o dalle nuove religioni commerciali.
Il proliferare sconvolgente di istituzioni di beneficenza è il chiaro sintomo di cattiva coscienza e deliberato intento di lasciare tutto com’è.
È chiaro che al romanzo oggi, viene chiesto di illustrare e quindi giustificare, più o meno subdolamente, quello che ci circonda.
La società, grande madre che ingloba tutti, vincitori e vinti, trae piacere dalle storie di gente sofferente, che ce la fa o soccombe, ma non tollera che si mettano in discussione le sue fondamenta.
In che modo si potrebbe mettere in discussione le fondamenta della società?
Basterebbe scrivere a chiare lettere che è la fine: che il sistema che alimenta tutti è in via di esaurimento e che tra qualche decennio il cambiamento antropologico sarà inevitabile.
Basterebbe creare personaggi che pensino o vivano situazioni opposte a quelle che si ritengono “spendibili” nel panorama attuale: un uomo picchiato da una donna, un omosessuale stupido e razzista, un islamico fintamente tollerante e filosofo, in realtà superstizioso e ignorante, una donna che desidera essere stuprata, un lavoratore che muore sul lavoro perché cialtrone e negligente, un leghista buono, un democratico cattivo, un ebreo razzista e ignorante, uomini impotenti e donne insoddisfatte, rapporti sessuali scadenti, vacanze inutili, guru inetti, rapporti che stanno in piedi per affetto e amicizia, problemi veri e rimedi fasulli, problemi fasulli e rimedi veri, bambini insopportabili, aborti desiderati e riusciti, suicidi dovuti, preti atei, atei credenti, scienziati limitati, vera violenza di classe, sfruttamento dell’uomo sull’uomo, eugenetica e controllo della popolazione, distruzione dei buoni sentimenti, creazioni di veri sentimenti.
Dostoevskij poteva permettersi di essere un sublime conservatore. Ora necessitano scrittori sublimemente disposti a sacrificarsi per distruggere veramente il cancro osceno del politicamente corretto.
Servono scrittori che non si limitino a dirci che siamo nel Truman Show, ma che inizino le loro storie, proprio dal punto in cui l’uomo merce esce dal buco nel muro e entra nella Realtà, magari per scoprire che non c'è rimasto niente, o non c'è mai stato niente. 

venerdì 12 luglio 2013

Battisti - Panella: una cosina dolce al di là della merce



La dolcezza è inascoltabile … la dolcezza che io rivolsi a me … e fu per quella dolcezza che i cinque dischi sono forse gli unici che nessuno potrà mai ascoltare come merce.

Pasquale Panella

 ... forse magari è estate,
cominciano le corse tutti arrivando i primi:
i primi in una cosa, una cosina dolce, una cosina dolce.

I cinque album della coppia Battisti  - Panella rappresentano un unicum non solo nel panorama della cosiddetta canzonetta popolare italiana, ma nell’insieme della produzione artistica del secondo novecento.
Questa affermazione può sembrare esagerata, ma viene confermata dal’assoluto isolamento di queste opere nel segmento temporale nel quale vennero concepite. Non c’è mai stato, letteralmente, niente del genere prima e non c’è stato niente del genere dopo.
La loro presenza tuttavia, non è stata invano: ciò che queste opere esprimeva di totalmente liminare è stato utilizzato, sottotraccia, da decine di epigoni furbi.
Il testo che tenta di esprimere l’inesprimibile, nella canzonetta furba post panelliana – battistiana, è divenuto un ammiccare sfrontato dalle bancarelle della miseria mercificata.
Gli originali, i micidiali cinque album bianchi, loro no. Loro, a detta stessa di Panella, esistono al di là della merce. Non a caso sono stati pubblicati nell'assoluto sprezzo delle vendite, che dal primo al quinto album sono calate più o meno in caduta verticale. Non essendo merce, i cinque album non possono essere classificati.
Non ammettono valore d’uso, solo un ipotetico valore di scambio.  
Con i cinque album si procede per sottrazioni: non si può dire cosa esprimano, a livello emotivo o semplicemente musicale. Chi ne viene attratto, lo è per (come direbbe Panella) “tutt’altri motivi”.
Un ripetuto ascolto concede certamente, di poter entrare nell’universo stilistico dei testi. Alcuni significati possono essere afferrati, sottintesi, evidenziati, ma il risultato sarebbe lo stesso marginale.
La cosa sconvolgente dei cinque album è che essi sono, così come stanno, perfetti: oggetti inavvicinabili dalle quali emanano tuttavia vibrazioni profonde, vitali, seminali.
Chi viene risucchiato nel loro universo si ritrova a canticchiare strofe improbabili con il tono epico e la lacrimuccia di chi stia declamando l’Infinito o cantando la Traviata.
Questa musica così apparentemente asettica, queste liriche così ostiche, indecifrabili non provengono dalle “emozioni” (titolo famosissimo del primo Battisti), ma da qualcosa che arriva prima di esse, oppure ancora, da dopo.
Dopo la liberazione dei fardelli emotivi, dopo la fine delle nevrosi o delle rime cuore – amore, c’è l’universo traslucido dei cinque album.
Essi non possono in nessun modo piacere alle masse: nello stesso tempo non è necessario aver chissà quali basi culturali per sprofondarvi dentro. È  sufficiente accogliere l’incredibile sollievo di non doversi agganciare a nulla, ma di lasciarsi “viaggiare” da musiche, testi e pre - testi, i quali esprimono tutti, in primissimo luogo, un senso di danza.
La danza percorre tutto l’itinerario dei cinque album: il movimento leggero, giocoso, ilare, delle parole, della musica, degli oggetti, del “prospero per la pipa universale”, della distrazione, del cibo –donna, tutto senza fermarsi mai, “come fosse la fine”.

Sono album finali e non poteva essere che così: svettano in mezzo allo sterminato magazzino della canzonetta, bianchi, puri, incontaminati eppure densi di vita e gioia, per chi se ne lascia travolgere.

P.S Nei post successivi tenterò, nei limiti delle mie capacità, di esaminare album dopo album i cinque "bianchi". Ce ne vorrà di tempo e voglia ...

mercoledì 10 luglio 2013

Abbozzo di una antropologia politicamente scorretta



(Avvertenza: il contenuto di questo post può dare luogo ad alcuni fraintendimenti. Avviso subito che qui destra, sinistra, sessismo o razzismo non hanno luogo. Si tratta di semplici considerazioni che potranno trovare consensi o essere rifiutate in blocco: per l'autore non c'è problema)

Si arriverà, inevitabilmente, all’approvazione delle cosiddette nozze gay. I tempi sono maturi ed è totalmente inutile cercare di opporsi. Non che, personalmente, avrei qualcosa da opporre al matrimonio gay. Avrei qualcosa da opporre al matrimonio in generale, ma questo è un altro discorso.
Tutto sta cambiando. Il futuro sarà camaleontico, tutto sarà “normale”.
Ma non si creda che questo aumento della libertà di espressioni di “genere”, corrisponda a un aumento effettivo della libertà in generale. Si tratta, sostanzialmente, soltanto di “riconfigurare” l’aspetto esteriore del cittadino consumatore, ampliarne bisogni, ridisegnare il mercato su questi nuovi bisogni, compreso il mercato delle adozioni di bambini, nuove nevrosi, nuovi complessi, e poi naturalmente, alcuni censi saranno favoriti rispetto ad altri.
L’uomo “nuovo” che si andrà configurando sarà in parte il proseguimento di quello di adesso: apparentemente aperto mentalmente, più per noncuranza che per vero rispetto, consumatore e turista finché ce n’è. Superficialmente informato, tecnologicamente equipaggiato, privo delle inquietudini del pensiero critico, pieno delle inquietudini generate dal vuoto di non avere pensiero critico, gaudente e annoiato nello stesso tempo, ospedalizzato e medicalizzato, assicurato e beneamato: chi può permetterselo, naturalmente.
Ho motivo di credere che le nozze gay verranno all’inizio celebrate tra professionisti o comunque persone di ceto e livello di istruzione medio alto. Saranno una minoranza privilegiata. Con il tempo il fenomeno si estenderà, tutti a caccia della pensione di reversibilità, finché sarà possibile riceverla.
Tutto ruoterà intorno alla idolatria del “bambino” e alla idolatria del “rapporto”.
Forse si ridisegnerà l’uomo del futuro: questi bambini non diverranno né troppo maschi né troppo femmine, se non per le pulsioni biologiche di origine genetica: un giusto mix ormonale che non dà fastidio a nessuno. 
La “nuova” famiglia sarà un semplice “stare insieme” senza gerarchie, o con gerarchie basate su nuovi fattori, con pochi doveri semplici: potrebbe anche non essere un male.
Cosa definirà, nel futuro, l’identità dell’individuo? Forse solo il tipo di lavoro.
Quando anche il lavoro sarà sempre più latitante cosa resterà? Il livello di censo.
Nella più povera società del futuro, che valore avrà essere etero o omosessuali? Nessuno.
In un’epoca in cui diverrà fatalmente fondamentale limitare le nascite, l’omosessualità potrebbe anzi essere  favorita. Saranno possibili intere comunità, più adatte, forse, alla sopravvivenza e alla cura dei bambini.
L’orientamento sessuale non sarà più determinante  per identificare un individuo. Già adesso non lo è.
In definitiva, la demolizione della supremazia eterosessuale, nel mondo occidentale, non comporterà particolari svantaggi alla società nel complesso.
I cambiamenti climatici e il futuro incerto verso cui andiamo incontro potrebbero addirittura favorire i comportamenti omosessuali. Sta già succedendo.
Andiamo verso una trasformazione dei ceti medio alti: diverranno sempre più meticci e omosessuali, faranno da cuscinetto verso la degradante miseria dei ceti bassi, disoccupati, poveri, immigrati di varie etnie, senza alcuna speranza, afflitti da ben più gravi problemi che quelli del genere, ma ancora in grado di alimentare rancori e rabbie razziste o sessiste.
I ceti alti, i veri padroni di tutto, faranno esattamente quello che vorranno. In altre parole, stiamo andando verso una élite sessualmente onnivora e meticcia, che regnerà su una massa informe di disperati e li terrà a bada con le armi feroci e spietate della democrazia.
Non sto esprimendo critiche. Non esprimo giudizi morali. Non so se nel 2100 il 58% degli umani sarà omosessuale o no. Difficile, finché esisterà l’Islam. Non so e non mi importa se entro il 2100 i biondi diverranno una specie protetta (può anche darsi che non succeda e anzi, i biondi andranno talmente di moda che il gene diverrà da recessivo a dominante).
Non ho attaccamenti nei confronti di razze o generi finora supposti come dominanti. I bianchi, per quanto mi riguarda, possono anche sparire totalmente nel futuro prossimo. Sempre per quanto mi riguarda la società può diventare matriarcale in tutto e per tutto, non sposta nulla nel campo dell'indagine.
Tutto cambia. Perché aggrapparsi a queste cose?
Quello che mi interessa è capire come si sta riconfigurando il Potere. Il Potere non ha razza né sesso, li possiede entrambi. Il Potere decide quale razza o assenza di razza, sesso o assenza di sesso, sopravvivrà.
Quello che è iniziato come movimento di liberazione di minoranze o razze o generi, ingiustamente oppressi, è diventato Potere che si muove e riconfigura la razza umana.
È diventato Potere, nella misura in cui favorisce e alimenta il mantenimento del Potere stesso. Il Potere ha tutto l’interesse nell’avere dalla sua parte minoranze oppresse, sì, ma fino a un certo punto. Minoranze trasversali, cui manca la vera minaccia: la povertà. Minoranze che non vogliono in nessun modo rovesciare il Potere costituito, ma farne parte, entrando dalla porta principale della “normalità”.
È normale tutto ciò che diventa lecito. E, guarda caso, si tende a non fare diventare lecito tutto ciò che potrebbe agire contro il Potere: tipo un inasprirsi dei conflitti sociali.
L’uomo, meticcio o no, omosessuale o no, è e rimane un essere forgiato dalla Volontà di Potenza. La Volontà di Potenza si configura come Collaborazione o Oppressione, secondo i momenti e le situazioni storiche. Le maiuscole sono retoriche, ma sono utili per capire che ci troviamo di fronte a forze extraindividuali.
È per questo che il cosiddetto “terrorismo islamico” è stato visto come una minaccia.
Il massiccio afflusso di immigrati di religione islamica è un vero e proprio argine per l’élite occidentale che si sta creando.
Ne vedremo delle belle. L’unico modo per assorbire l’islamismo è renderlo consumista.
È un’impresa ardua in un mondo chiuso in una feroce crisi globale.
Finché l’élite mantiene il possesso dei modi di produzione, per i movimenti migratori islamici non c’è possibilità di espandersi più di tanto. Ma attenzione: dalla loro parte hanno il numero.
Ne vedremo veramente delle belle. O delle brutte.
La demografia, in un mondo come quello islamico, ferocemente omofobo, gioca a loro vantaggio.
Uomo nuovo occidentale e Islam, da una parte, Cina e India dall’altra, se la giocano nel XXI secolo. Chiunque vinca, una cosa è sicura: l’essere umano della fine di questo secolo sarà molto diverso da quello che abbiamo conosciuto fin qui.

Tornando a oggi: è verissimo che i diritti gay non tolgono nulla ai diritti dei “normali”.
È curioso però, lo slancio con il quale i partiti cosiddetti di sinistra difendono i diritti delle cosiddette minoranze e la perenne esitazione nel tutelare le fasce più povere. È dunque evidente che queste minoranze non coincidono, o coincidono in piccola parte, con i veri emarginati, di cui, fondamentalmente, i partiti democratici se ne fottono.
I veri emarginati hanno poco a che vedere con le minoranze che si suppongano emarginate. Se, per qualche motivo omosessualità e povertà coincidessero, l’omosessualità verrebbe combattuta ferocemente, altro che tutela dei diritti. Verrebbe definita una perversione nata dalla miseria. Questo è un ragionamento al limite, ma racchiude una verità. Ci si concentra su alcune cose, per lasciarne perdere volutamente altre.
Questo è quello che si potrebbe definire un ragionamento di “destra”. Invece è solo una presa di coscienza della fenomenale ipocrisia di certa sinistra progressista, che getta benzina sul fuoco alimentando polemiche con i cosiddetti conservatori.
Personalmente trovo ridicoli quelli che tuonano contro i gay, almeno quanto i partecipanti ai gay pride: figure quasi ottocentesche, grottesche maschere di carnevale, sia gli uni che gli altri.
Gli uni si affannano per avere il diritto di sentirsi "normali", "naturali", quando la logica insegna che "normalità" e "natura" sono due cose distinte, gli altri si affannano a trattenere un senso dell'identità e della normalità che sembrava immutabile e invece era solamente storico.

Intanto la miseria di chi è in miseria si approfondisce. 
E la società viene modellata sui desideri delle élite. 

mercoledì 3 luglio 2013

Pensieri nani 7



130 anni fa. Kafka.
Nella quiete di Zürau elabora una sua cosmogonia e una sua teodicea. Solo, nudo di fronte alla natura, elabora una vera e propria teoria scientifica della Caduta, una cabbala intrisa di taoismo. Lo immagino magro e sereno su una sdraio, immerso nel silenzio dei boschi, il pensiero puntato in una direzione che nessuno ha mai percorso, un’acutezza d’ingegno degna di un grande investigatore privato. 
La sua è una filosofia spiazzante: non è questo, né quello, né altro mai. È, forse, una porta, un palo nel terreno, un insetto. Una relazione accademica. È dove non è. È letteratura.

Ho frequentato l’università della vita, come si dice, ma non mi sono laureato.

Siamo tutti ridicoli.

Aspiro al sublime. Da questa portineria.

Essere sé stessi è, inevitabilmente, essere il mondo.

Posso amare fino alla pazzia, all’annullamento totale di me, alla vergogna e da fuori non si vedrebbe nulla. Ne sono fiero.

Niente ci salverà. Quanta speranza c’è in questo.

L’uomo è sempre postumo.

Impossibilità dell’utopia. Indispensabilità dell’utopia.

Non sono le idee. In culo alle idee.
È la carne – ma neanche – la carne diventa facilmente essa stessa un’idea.

Nel niente disadorno. Sunyata.
Sotto la superficie mostri orrendi si sbranano a morte.
E io sono sempre qui. Accarezzo un’idea. Neanche io so quale.
Non si può vivere nel presente, meno che mai si può vivere in qualsiasi posto.
Eppure questo pianeta, il Pianeta della Menzogna, è sempre bellissimo.