Cronache Babilonesi

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Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

giovedì 25 agosto 2011

Kafka, il gesto e il bambino



Benjamin sostiene che la base della narrativa di Kafka è il gesto.
I suoi testi abbondano di gesti misteriosi, indecifrabili, volti, smorfie , situazioni paradossali che sembrerebbero rimandare ad altro, ma non portano a niente di definito.
Il mistero, in Kafka, è assoluto.
Nulla viene rivelato, e neppure si sa se ci sia qualcosa da rivelare: da qui nasce l’angoscia, ma anche un profondo senso del ridicolo.
L’idea del riscatto dalla colpa è onnipresente in Kafka e tuttavia ridicola, e proprio per questo angosciosa, come un clown che rida a crepapelle senza motivo e poi si fermi di colpo a pensare un pensiero qualunque, e quel pensiero fa irrompere l’abisso nella quotidiana routine.
Sarebbe errato ritenere la letteratura kafkiana in qualche modo simbolica. Non c’è uomo e non c’è simbolo in Kafka: solo gesti ed eventi scevri da ogni psicologia. Essa è oltre ogni rappresentazione. È una parabola senza morale.
È il grande teatro naturale di Oklahoma dove tutti sono attori e non si sa perché. Si sa solo che bisogna recitare.
E neanche questo è vero del tutto.
Si può anche desiderare di sottrarsi alla recitazione, al processo, al giudizio del castello e anzi, l'opera narrativa di Kafka è tutta basata sulla non accettazione di un modello precostituito
Il protagonista non accetta le oscure regole imposte dal Tribunale, dal padre, dal Castello, dallo zio, ecc, ecc, e da quel momento ogni gesto, ogni cosa, anche l’aria che si respira sono posti sotto la categoria della colpa.
Ma la colpa, in Kafka è molto più simile allo stupore angoscioso di un bambino triste, che al desiderio di rivalsa di un adulto.
I bambini non hanno il senso del ridicolo, ma il ridicolo si forma naturalmente tutto intorno a loro, come nel gran teatro naturale, appunto, di Oklahoma.

1 commento:

  1. Kafka è stato per me una lettura adulta. Non l'ho incontrato in gioventù come altri. Mi sono riservato in pratica posso dire il meglio per il dopo.
    Sottoscrivo in toto il tuo accostamento al bambino e al ridicolo. Kafka supera così proprio l'altro grande senso del comico che il primo novecento aveva prodotto: il tragicomico. Kafka è oltre questo senso, per la verità un po' troppo puzzolente e lavorato.
    E' inutile dire che non ha, come giustamente sostieni, attinenza col simbolismo.
    Kafka è una scrittura che può cambiare la vita di chi lo legge. E' l'iperrealismo dell'assurdo. Kafka è una copula tra due cadaveri. E' tutto quello che nella fase bambina è in potenza e che poi sgretola e si modella nelle altre stanze della crescita-morte.

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