L’anima spasima di desiderio. Si strugge in movimenti
purissimi. Si potesse fare di questi struggimenti
strumenti di crescita interiore, di una maggiore capacità di vivere e morire,
di una religione dell’amore. Amore, amore, amore, non si sa cos’è. Desiderio
di carnalità totale, non è solo brama di appagamento sessuale è, piuttosto, la
voglia di conoscere finalmente davvero la
radice delle cose, di non esserne più esclusi, di non esserne più vinti.
Desiderio dell’anima e del corpo di vincere la morte, almeno una
volta, prima che sia troppo tardi. Desiderio di fusione
completa, da non potersi più distinguere, un braccio da quello dell'altra la bocca
dell'uno da quella dell'altra, il piacere di darsi tutto in un fiato, per potere finalmente
esistere in una sola goccia di splendente poesia.
Desiderio di pianto sulla bellezza e sul dolore e sulla
gioia di tutte le cose create. Desiderio di sentire finalmente parlare le
pietre, gli uccelli, gli alberi, le montagne, di sentire la voce del proprio stesso
sangue che chiama.
Desiderio di perdersi e di ritrovarsi puri, bellissimi e
felici.
Niente può bastare in questo deserto abbacinante di luce.
In questo moto dell’anima è contenuto tutto.
È volontà di regressione e volontà di trascendenza. Non esistono
due volontà opposte, essa è una sola. Non esiste la volontà di vivere, è una
definizione ridondante. La volontà è vita e morte. La volontà è questa felicità
e questa tristezza, questo futile spasmo romantico e questa testa che cerca
soluzioni che non ci sono.
Sordida pulsione fusionale, etica del nirvana marcescente. Qual è
la strada giusta? Se dalla madre siamo sorti e alla madre dobbiamo tornare a
che pro ribellarsi? O sono tutte scemenze?
Il Buddha, orfano di madre, ha elaborato una strategia per
riunirsi a lei, o per sfuggirle?
Il Nirvana è lo spezzarsi della ruota delle Nascite. È la
ribellione totale contro la Madre, nutrice e mortifera allo stesso tempo.
A che pro desiderare di ripetere all’infinito gli stessi errori,
di rivivere le stesse smanie, quando si potrebbe trovare la quiete? E se ogni
essere deve infine riaddormentarsi nelle braccia della Madre, a che pro cercare
di sfuggire? A che pro cercare di andare da qualche parte? L’eroe archetipico
cerca il suo glorioso destino per poi finire sempre nello stesso nulla colorato
e materno.
Questa nostalgia porta a qualcosa di diverso che alla Madre? Può
essere che il Buddha parta dalla ribellione alla Madre per poi ritornare per
sempre in lei?
E se ci si volesse ribellare fino in fondo? Ecco Cristo, l’eroe
maschile che vince addirittura la Morte e risorge, puro, invincibile in un
corpo glorioso e immortale. Niente male, per un semplice bonobo.
L’uomo va fin sulla Luna per cercare il Padre e vi trova la Madre.
Il cosmo è un grembo.
Bisognerebbe sfuggire a tutto ma come attuare questo piano?
Non c’è che un’unica cosa da fare: tornare alla Madre da Uomo.
La Madre non può nulla contro l’Uomo. Può solo ucciderlo, ma la
morte è poca cosa se si è Uomo.
In altre parole, la pulsione fusionale è qualcosa da maneggiare
con cura. Segantini non ci è riuscito. Esiste uno stupendo saggio di Karl Abraham su Segantini e la sua relazione ambivalente con la madre - pulsione fusionale. La sua lotta interiore ha prodotto capolavori splendidi che sembrano tendere direttamente al Novecento.
Solo l’Uomo può fondersi e riemergere ancora se stesso, guardare
la Gorgone negli occhi, vedere Dio e non morire subito.
Solo l’uomo può sbarazzarsi di se stesso come se si togliesse un
abito di dosso e immergersi nel mare fusionale, uno nel tutto. L’universo
piangerà, almeno una volta, per quell’uno.
Tutto riporta al Cristo, archetipo dell’eroe e del sacrificio.
Cristo non ha niente a che fare con il Cristianesimo di Bergoglio e degli ultimi duemila anni. Il fatto di non potere uscire dal Cristianesimo, dalla religione della pietà,
ha fatto saltare il cervello di Nietzsche. Il fatto di sapere che non sarebbe
mai sfuggito alla Madre, al Parsifal, lo ha distrutto. Nietzsche ha pensato che
Wagner fosse un traditore del suo verbo pagano.
Nietzsche non aveva capito quanto Wagner fosse andato avanti sulla
strada della redenzione. Non aveva capito quanto Wagner fosse vicino a Hegel,
molto più che a Schopenhauer.
La vita è una cosa smisurata, la donna è smisurata. L’amore vero è una forma di annientamento, è come avvicinarsi a una fornace, ma non si muore veramente, si risorge. Forse è tutto qui il famoso mistero: Eros, e il suo compagno indissolubile, Thanatos. Tutte queste belle formulette sono senz’altro suggestive, ma come si applicano alla vita del bonobo medio?
Dio è Donna – le stupide femministe non esultino inutilmente – ma non
conosce se stessa.
Tutta la storia umana nasce dalla sottomissione della Donna – Dio.
Ora che la Donna (giustamente) non è più sottomessa, la specie umana ha
esaurito il suo compito storico.
Questi fermenti estremisti e fanatici di religioni arcaiche, sono
solo rigurgiti. Non daranno luogo a niente. Indietro non si torna. La
femminilizzazione totale della società coinciderà con la sua fine e sarà forse
meglio così per tutti.
Segatini ti ha proprio ispirato!;-)
RispondiEliminaè un fatto curioso vero? il 15 gennaio 1858 nasce ad Arco Giovanni Battista Emanuele Maria Segatini ....nel 1878 cambia il cognome in Segantini
RispondiEliminamediterò su queste tue riflessioni, certo è che le madri hanno molto influito sulla sua produzione artistica e prima ancora, sul suo pensiero panteistico.
buona domenica Massimo!
non so, non mi convince la tesi che la donna abbia in sè qualità ontologiche irriducibili alla realtà effettuale, mi pare l' ennesima balla globale
RispondiEliminaciao
da
Il fatto è che quando ho scritto questo post ero sotto l'effetto dell'alcool ... e circondato da splendide donne ... e io sono molto sensibile all'articolo, non so se mi spiego ...
Eliminanoi uomini di mondo..:-)
RispondiEliminaLa femminilizzazione è un po' la rivalsa di Babilonia.
RispondiEliminaE ci sono diversi passaggi appassionanti, sciapò.