Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

mercoledì 17 dicembre 2014

Pensieri nani 13



Benigni è un cialtrone e pure in malafede, secondo me. Se invece di fare lo pseudo francescano del cazzo, avesse avuto il coraggio di tentare una reale esegesi dei dieci comandamenti e dell'Antico Testamento in generale, con tutto il corollario di falsità, bubbole e massacri che esso comporta, gli avrebbero stroncato la carriera, ma almeno avrebbe potuto ergersi come uomo in mezzo a quel branco di scimmie in preda a allucinazione religiosa che è, in linea di massima, il popolo televisivo italiano.
Da vomitare.
Che ci si può aspettare da un paese che ascolta in massa un ridicolo guitto farneticare dei Dieci comandamenti? Nulla. È un paese morto, ormai. Passiamo, se volete, al dibattito.

Sempre in tema di celebrazioni del nulla, poco più di vent'anni fa, il 30 novembre 1994, si suicidava Guy Debord. Alcolista, personaggio inafferabile e in buona parte inafferrato, ha avuto il buon gusto di togliersi di mezzo prima di vedersi utilizzato da un sistema che aveva combattuto.

Debord malato di nostalgia della perduta Parigi della sua giovinezza. Il Situazionismo visto come lotta naif contro la burocratizzazione dell’ecumene. È giusto che sia così, in un certo senso. Man mano che si va avanti ogni cosa trova il suo posto. Ogni illusione si manifesta per quello che è, e la vita diventa più leggera. Sono ormai lontani i tempi in cui si poteva credere e sperare in un cambiamento sociale di tipo collettivo e utopico.
Chi ci ha creduto è nel regno dei morti, adesso.


Tutta la società umana è disfunzionale.
Ormai si vive di rimedi, non di strutture solide. Tutto è divenuto una folle corsa alla guarigione. Siamo una folla di incurabili.
Ormai ci consoliamo con i complotti. Non ci capacitiamo che tutto questo casino è frutto soltanto del caso e della stupidità.
Dobbiamo rinascere, come crisalidi. Il problema è che stiamo esaurendo le sostanze nutritive contenute nel bozzolo. Rischiamo di morire prima di uscirne fuori.
Cosa saremo?

Rivisto Enter the Void di Gaspar Noe. Geniale.
Mi erano piaciuti tantissimo anche Carne e Seul contre tous. Mi piace l’assoluta, voluta, divertita esagerazione con la quale Noe scardina tutto il comune sentire. Dalla pedofilia alla pornografia, tutto è vivibile sullo stesso piano, poiché tutto è inganno.
Mi piace questo regista, mi piace il fatto che se ne sbatta i coglioni di tutto e faccia esattamente quello che vuole, ridendosene delle critiche negative. Addirittura stupendosi allegramente se nessuno fischia alle sue prime.
Capolavoro assoluto di visione, Enter the Void è stupore glaciale e solitudine esistenziale. La vita e la morte secondo il Bardo Thodol negli anni Duemila. La vita è diventata dimensione irraggiungibile. Unica salvezza reincarnarsi nel grembo della propria madre. Illusione o verità, non contano. Nell’apparenza della vita, conta solo la carne, una carne qualsiasi.

Si dice che gli uomini sognino di tornare nell’utero materno a coronamento dei propri desideri di nirvana amniotico. Io non credo di desiderarlo, io voglio scappare a gambe levate dall’utero e essere fino in fondo un ragazzaccio bastardo che sfida a sputi gli dei.

 Il mondo è pieno di gente che la sa lunga. Io non voglio mai saperla lunga. Amo stupirmi.
Amo accogliere in me le visioni.

È sempre e solo il corpo che trionfa, anche nella sua disfatta.

 Una volta di più mi convinco che le opinioni avvelenano l’anima. Se si riesce a innalzarsi sopra di tutte le opinioni, si incontra la poesia.

 Tutto è Piacere e Dolore, Amore e Morte, fino all’ultimo tempo del film. Poi c’è il nero dello schermo. Quello che avviene dopo è un lungo dibattito sull’oblio e relative ricette.

 L’incredibile somma di tutti gli anni in cui non c’eravamo e quelli in cui non ci saremo più, fa scattare una strana forma di sgomento. L’aria intorno si mette persino a vibrare.
Non può essere, ti dici. È proprio così, infatti: non può essere.

 Ci può essere una terza via oltre la cretina affermazione di sé e il totale assorbimento dell’io nell’alveo dell’essere? C’è una alternativa tra il nirvana e il vitalismo osceno?
In altre parole, in che modo proseguire il cammino dopo la morte di Dio, senza doverne per forza resuscitare dei simulacri?

In fondo sono tutte questioni poco interessanti. È molto più interessante il culo di quella ragazza che è passata poco fa davanti a queste vetrate. Forse in questo c’è contenuta la risposta. Sì, vogliamo l’eternità, no, non la vogliamo.
 
Il vero cambiamento è accorgersi che si può essere felici solo sull’orlo di un burrone e che non c’è niente di tragico in questo.

6 commenti:

  1. analisi come sempre chiara, senza ipocrisa alcuna e soprattutto fuori dalla corrente...grazie! un bagno di sano cinismo costruttivo.

    RispondiElimina
  2. *Il mondo è pieno di gente che la sa lunga. Io non voglio mai saperla lunga. Amo stupirmi.Amo accogliere in me le visioni.*

    questa è splendida e la condivido ...come il fatto che si viva di rimedi e non di strutture solide...tempo fa solo certi pensieri mi scioglievano il sangue e non avrei avuto bisogno di alcun sostegno
    il problema è che si cambia, tutto cambia...prima il corpo e poi la mente
    ma l'innesco non dovrebbe mai bagnarsi, deve sempre poter accendersi un cerino ;-)

    a presto

    RispondiElimina
  3. anche la carne è irreale, anche il più bifolco dei villani vive in una costellazione concettuale, è questa realtà che è irreale. l' estraneazione è alle sue spalle

    da

    RispondiElimina
  4. Sono sempre completamente d'accordo con ciò che scrivi. Dopo aver letto, stavo meditando, come sempre, sul senso della vita e proprio in quel momento mi hanno suonato al campanello due testimoni di Geova. Improvvisamente mi è apparso tutto più chiaro e ho smesso di pensarci.

    RispondiElimina
  5. Molto bello il frammento su Enter the void, gelo rinfrancante.

    RispondiElimina