Cronache Babilonesi

Cronache Babilonesi
Escursione nella Filosofia - Edward Hopper (1959)

giovedì 11 maggio 2017

Appunti di un pessimista felice


La conoscenza non è un dato cumulativo. Accade, a volte. Non è detto, ma può succedere.

La parte di me che dice no, che non vuole fare parte, che detesta il gioco, che vuole scoprire le carte, è forse la parte sbagliata? O non è per caso la parte più vera di me, il mio vero io, quello che sono davvero? E se è così, non è dunque questa parte che dice no, così com’è, la mia vera parte spirituale? Se questa parte di me non si è mai accontentata di facili risposte, se ha pagato sulla propria pelle le rinunce e i fallimenti di chi spera e non trova, non si è forse guadagnata il diritto, questa parte, di vivere la propria vita fino in fondo?
Diventare ciò che si è, non significa forse semplicemente questo?

Ne “L’uso del piacere” di Foucault  si evince che lo scopo vitale della sua vita era sentirsi bagnati “dalla dimenticata scintilla della luce primigenia” e sentirsi in sintonia con quella misteriosa (e forse divina) scintilla interiore che Kant chiamava libertà, Nietzsche chiamava volontà di potenza e Heidegger chiamava il “trascendente puro e semplice”.
(da The Passion of Michel Foucault di James Miller)


Attenzione, attenzione, uomo! O Mensch, gib acht!

TU – NON – SAI – NIENTE: non dimenticarlo mai.
Non farti prendere da stronzate dualistiche, non dualistiche, da guru, para guru, simil – guru, puttanate New Age …

Non cascarci, sarebbe penoso e ridicolo.

Siamo bambini. Vogliamo essere imboccati. Cucchiaiate di verità che da soli non possiamo prendere. Chi ce le da, queste cucchiaiate? Mamma e papà maestri. Quando ci nutriremo da soli? Dopo quante vite?

Sto ammucchiando Gurdjieff, Ligotti, Kierkegaard, Nishitani, Nietzsche, l’alchimia, U. G. Krishnamurti, la teoria delle stringhe, il morire a se stessi di Angela da Foligno, Bataille, Mishima e sto facendone un frullato indigesto. Qualcuno direbbe che sto giochicchiando con il nichilismo e i suoi derivati. Può essere, sia pure non consapevolmente. Il nichilismo non mi affascina, lo trovo superficiale. Non che d’altro canto io sia affascinato dalle religioni, no grazie.
Si tratta semplicemente della consapevolezza che se qualcosa ci è dato conoscere di questo universo è solo attraverso la totale negazione: l'esatto opposto dell'ingiunzione di Wittgenstein "di ciò che non si conosce occorre tacere". No, occorre parlare. Anzi, è l'unica cosa di cui vale la pena parlare, ciò che non si conosce. C’è nel perseguire la negazione forse la speranza catartica di arrivare junghianamente a una coincidenza degli opposti che procuri pace, illuminazione e felicità? Non è questa l’ennesima illusione?
Forse, semplicemente, queste acrobazie teoretiche placano momentaneamente il desiderio di conoscenza. Non danno senso, ma mettono in luce la vita di piccoli esseri umani come te, che tanto hanno sperato e amato e tanto sono stati delusi. Forse non cerchi la verità, cerchi fratelli.


2 commenti:

  1. L'occhio vede a partire dalla propria cecità, come pare abbia scritto Merleau-Ponty.

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  2. In fin dei conti la pretesa di verità oggettive è un vizio direttamente connesso al nostro umanissimo delirio di onnipotenza: siamo un ossimoro vivente. Conoscere, invece, la particolare verità di se stessi ed aderirvi, qualunque cosa sia, è un obbligo se si vuole almeno dire di aver vissuto.
    Ciao Massimo.

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